Economia / Attualità
Eni moltiplica i profitti grazie ai prezzi del gas. E li reinveste nel fossile
Nell’ultimo trimestre 2021 la multinazionale degli idrocarburi ha visto crescere gli utili del 53% (pari a 3,8 miliardi di euro). Il balzo dei prezzi del gas ha fatto la differenza. Ma gli investimenti tecnici sono destinati in gran parte allo sviluppo di giacimenti. “Eni è intrappolata nel fossile e al governo va bene così”, denuncia ReCommon
Nel quarto trimestre del 2021 Eni, a parità di estrazione, ha moltiplicato i profitti anche grazie al balzo dei prezzi del gas: l’utile operativo adjusted di 3,8 miliardi di euro è infatti cresciuto del 53% rispetto ai tre mesi precedenti, tornando ai livelli pre Covid-19. Per il colosso degli idrocarburi, però, la scure anti “extra-profitti” del governo che ha colpito le rinnovabili non vale e la prospettiva fossile non è in discussione.
Partiamo dai numeri. Il 17 febbraio 2022 il Consiglio di amministrazione di Eni ha approvato i risultati consolidati dell’esercizio e del quarto trimestre 2021. “Risultati eccellenti”, li ha definiti l’amministratore delegato, Claudio Descalzi. L’utile netto adjusted relativo al 2021 ha toccato quota 4,7 miliardi di euro, “il più alto dal 2012”, quando il Brent superò i 110 dollari al barile, contro la perdita di 758 milioni di euro registrata nel 2020.
Eni resta ancora un’impresa saldamente fossile, nonostante l’emergenza climatica in atto e i dichiarati impegni per la decarbonizzazione (incluso il cambio di marchio di Eni Gas e Luce in “Plenitude” e la pianificata quotazione in Borsa). Nel 2021 gli utili del settore “Exploration and Production” pesano per 9,3 miliardi di euro sui 9,7 complessivi (s’intende sempre l’operativo adjusted). Per Antonio Tricarico, campaigner finanza pubblica e multinazionali di ReCommon, “è l’ennesima prova di come Eni sia nel pieno dell’economia fossile, contrariamente a quel che racconta”.
Nel quarto trimestre del 2021 la produzione di idrocarburi è salita a 1,74 milioni di barili di petrolio equivalente al giorno (boe/g), più 2,7% rispetto al 2020, attestandosi a 1,68 milioni di boe/giorno nell’anno. La crescita è stata sostenuta in particolare dalle produzioni gas dei giacimenti “giant” Zohr in Egitto e Merakes in Indonesia. L’attività esplorativa di Eni non si ferma, tanto che sarebbero stati individuati “oltre 700 milioni di barili di petrolio equivalente di nuove risorse”. La “principale scoperta dell’anno”, per usare le parole della multinazionale, è stata Baleine, nel blocco offshore CI-101 in Costa d’Avorio.
Mentre i richiami alle “iniziative di decarbonizzazione” sono fatti di “progetti”, “passi avanti”, “attività di ricerca e sviluppo”, “sperimentazioni”, “annunci”, “studi di iniziative”, “memorandum of understanding” e “significativi avanzamenti”, il portafoglio esplorativo di idrocarburi è stato “rinnovato con circa 15.800 chilometri quadrati di nuovi permessi in Angola, Costa d’Avorio, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Norvegia, Regno Unito e Vietnam”. E sono state aggiudicate “cinque licenze esplorative in Egitto”.
Gli investimenti tecnici evidenziano la direzione fossile. Nel 2021 ammontano a 5,3 miliardi di euro di cui 3,4 miliardi per lo sviluppo di giacimenti di idrocarburi, in particolare Egitto, Angola, Stati Uniti, Messico, Emirati Arabi Uniti, Italia, Indonesia e Iraq. Le “rinnovabili” sono ricomprese nella categoria della “commercializzazione del gas ed energia elettrica nel business retail”, fermi a 366 milioni di euro. “Gli extra-profitti generati dalle dinamiche energetiche vengono reinvestiti nel fossile -osserva Tricarico-. Del resto Eni ha dichiarato di puntare a un picco di produzione di idrocarburi pari a 2,1 milioni di boe/giorno nel 2025. Dubito che a marzo presentino un piano industriale che cambi l’orientamento. È puro effetto lock-in, Eni è cioè intrappolata nel fossile e al governo va bene così”.
Non si arresta la produzione di gas fossile, pari a 133 milioni di metri cubi/giorno nell’ultimo trimestre del 2021 (-2% sul quarto trimestre 2020). Le riserve certe di idrocarburi dichiarate da Eni superano al 31 dicembre 2021 i 6,6 miliardi di boe. La “vita residua delle riserve” è di 10,8 anni.
“La crisi dell’offerta gas spinge il prezzo spot a incrementi di proporzioni molto ampie -si legge nei risultati 2021 di Eni-. […] In tale contesto i prezzi di realizzo delle produzioni Eni sono aumentati dell’11% e del 43% rispettivamente per i liquidi e il gas rispetto al terzo trimestre 2021 e dell’82% e del 154% rispetto al trimestre 2020”.
Di seguito l’intervista di Duccio Facchini a Radio Onda d’Urto del 19 febbraio 2022 sui conti di Eni (grazie ad Andrea Cegna)
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