A metà anni Novanta, il welfare State italiano presentava alcuni elementi caratteristici che ne limitavano tanto l’effettività quanto l’equità nel fornire protezione contro i diversi rischi sociali: un’allocazione sbilanciata delle risorse tra i settori della protezione sociale (distorsione funzionale) a favore delle pensioni in contrasto con il sottofinanziamento delle politiche familiari, del lavoro e dell’assistenza sociale; una distribuzione iniqua delle risorse tra i vari gruppi (distorsione distributiva) a vantaggio di alcune categorie più garantite (insider) a fronte di altre meno (mid-sider) o per nulla tutelate (outsider).
A questi due elementi si aggiungevano la mancanza di uno schema nazionale di reddito minimo per la lotta alla povertà ed esclusione sociale, e il sottosviluppo dei servizi sociali rispetto alle prestazioni monetarie.
Faceva da corollario il persistente ruolo della famiglia come istituzione erogatrice di welfare