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Ambiente / Opinioni

È il suolo la nostra grande emergenza. Amiamolo per difenderlo

Il 5 dicembre è la Giornata mondiale del suolo. “Ogni anno speriamo di ritrovarci con uno straccio di legge che lo protegga. E invece ancora niente”, scrive il prof. Paolo Pileri. Come fare per salvarlo davvero dall’estinzione? Dipende (anche) da noi. Diffidando di chi si dice ecologico per tornaconto

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Fai sapere al più piccolo tra noi quanto è importante il suolo. Fallo sapere al sindaco, all’urbanista, allo studente, al medico, al deputato, al professore, al prete, al giornalista, al maestro, al commerciante, al poliziotto. Questo è uno degli slogan delle Nazioni Unite per la Giornata mondiale del suolo. Ogni anno non manchiamo l’appuntamento. Ogni anno attendiamo grandi discorsi dai leader del nostro Paese. Ogni anno speriamo di trovarci qui con uno straccio di legge che protegga il suolo. E invece ancora niente. Zero parole, cattive promesse, leggi mal scritte, pochissimi sindaci e politici che si sono distinti nell’anno precedente, pochi pure gli urbanisti.

Iniziare così questo articolo sembra brutto, ma purtroppo non è sbagliato. D’altronde i numeri dell’Ispra ci inchiodano: negli ultimi cinque anni non ci siamo fermati davanti a nulla, pandemia compresa, e abbiamo continuato a consumare due metri quadrati al secondo, come se non ci fosse un domani. Le Regioni hanno un bel dire a sostenere che le loro leggi contro il consumo di suolo hanno migliorato la situazione. I risultati le smentiscono. E quindi le loro leggi hanno fallito. Il Parlamento non ha partorito nulla e il governo è alle prese con una legge sulla rigenerazione urbana che non ferma affatto il consumo di suolo, anche se trovate scritto “saldo zero”: significa che si continua a cementificare da una parte e si “finge” di salvare dall’altra togliendo edificabilità a un’area che era già libera. Il guadagno ecologico è negativo. La transizione ecologica è partita a spron battuto invocando la cura del ferro o la cura dell’energia o la cura della tecnologia o persino la cura della logistica per curare il nostro Paese malato. Sono palliativi che del suolo se ne fregano.

E invece un modo possibile per far partire la rigenerazione urbana starebbe proprio nel fermare il consumo di suolo facendo sì che il settore edilizio si concentrasse con maggior vigore nel ripristino delle costruzioni datate e della città pubblica. Ma senza beffarci, come chi vuole abbattere uno stadio che non ha nessun problema statico, San Siro a Milano, per farci una cittadella della speculazione e del commercio con qualche pennellata verde e tanta rendita immobiliare. In mezzo a questo esercito di speculatori e indifferenti verso il “bene suolo”, qualcuno il suolo lo protegge per davvero respingendo i rapinatori che lo vorrebbero comprare per farci distese infinite di pannelli solari, come finirà per fare la nostra transizione ecologica smentendo di essere ecologica.

Nelle pianure lombarde, piemontesi, venete, laziali, emiliane, pugliesi e siciliane la transizione energetica del Piano nazionale di ripresa e resilienza ha dato il via a una nuova caccia all’oro. Molti, mi dicono, si aggirano per campagne cercando terreni proprio per appoggiare un bel po’ di pannelli solari in arrivo dagli incentivi del Pnrr. Per questa nuova stagione di consumo di suolo, rigorosamente fuori controllo e aggressiva verso i piccoli Comuni e le aziende agricole più fragili, si arriva a pagare i suoli anche il doppio del prezzo di mercato. Un’energia che consuma suolo non la considero “pulita”.

Come non considero innovativa la famelica logistica, affamata di terre: se le mangia a colpi di 20 ettari a capannone e sta devastando le campagne italiane. Meno male che qualcuno dice sì al suolo e no alla logistica, come il sindaco di Calendasco (PC). Grazie! Speriamo lo seguano in tanti salvando con coraggio la terra da sotto i piedi di un Paese allo stremo.

È il suolo la grande emergenza, anche se non lo vogliono capire. Paradossalmente non lo sono gli alberi che tanto piacciono a sindaci e governatori soprattutto perché possono fare le loro gare elettorali dicendo che ne pianteranno milioni. Beninteso, male non fa piantarne, se nei posti giusti. In ogni caso oggi abbiamo bisogno che non si usi la destra per piantare e la sinistra per cementificare. Oggi abbiamo bisogno che entrambe le mani vadano nella stessa direzione. Abbiamo bisogno di grandi politici che pensano ecologicamente in tutto quel che fanno. Sarei stato un uomo felice se oggi avessi potuto riferirvi di un discorso accorato sul suolo in questo ultimo anno da parte del nostro presidente della Repubblica. Come fece, ricordo sempre, il presidente Luigi Einaudi nel 1951. Ma niente. Nessun presidente e nessun governatore, nessun sindaco e nessun presidente del Consiglio ne hanno parlato con quella convinzione e quella passione che occorrerebbe per mettere il Paese su un altro binario.

Si parla solo di virus, di ripresa economica e semplificazione. A proposito di quest’ultima se, come sembra, si tratta di un modo per affossare il settore pubblico, allora possiamo dire addio al suolo perché la natura di tutti non la salvi dandola in mano agli interessi speculativi e finanziari e al privatismo. Non la salvi con una norma sulla concorrenza. Paesaggio, suolo e biodiversità possono essere tutelati solo dall’abnegazione del lavoro pubblico che, al contrario di quel che pare pensare il Governo, andrebbe incoraggiato e tutelato proprio per il suo statuto ‘non profit’. Altrimenti si finirà per sgretolare le ragioni profonde per cui bisogna tutelare la natura.

In tanti anni di attivismo scientifico ho imparato che ciò che più motiva lo slancio alla tutela della natura e resiste all’usura del tempo è l’amore incondizionato di ognuno di noi verso la natura. Il suolo è bello così com’è, importante così com’è, gigantesco nelle cose che fa ben prima delle utilità che noi ne possiamo trarre. Il suolo dobbiamo tutelarlo in quanto suolo e basta. Non ci sono utilità che reggono più dell’amore profondo che noi dovremmo avere verso la natura tutta. A questo servono giornate come questa, a dichiarare il nostro amore per la natura: una professione di fede ecologica. Il silenzio di chi dovrebbe testimoniare la propria adesione incondizionata equivale a una ferita sociale tanto più grave quanto maggiore è la sua responsabilità culturale o politica.

Abbiamo bisogno di traghettare il nostro modo di vivere nell’ecologia profonda, quella svincolata dall’ossessione per le utilità. Non si può essere ecologici solo se si ha un tornaconto. La cosa alla lunga non regge. Il tornaconto può funzionare oggi, ma smettere domani facendo ripiombare la natura e il suolo in zona ad alta pericolosità di estinzione. Forziamo le nostre passioni e la nostra generosità, tuteliamo il suolo in quanto suolo: sono le convinzioni e le passioni che cambiano le cose. A questo può spronarci questa giornata. Dipende da noi.

Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro per Altreconomia è “100 parole per salvare il suolo”

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