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Diritti / Intervista

Drago Bojić. Un teologo dissidente nei Balcani

Drago Bojić è una delle voci più libere della Bosnia-Erzegovina. Teologo, nel 2018 ha pubblicato “Il regno di Dio e il nazionalismo” © facebook.com - Drago Bojic

In Croazia e Bosnia-Erzegovina la Chiesa cattolica appoggia i partiti nazionalisti. E secondo il contestato intellettuale Bojić, è conservatrice e settaria. “Ecco perchè non è un bene”

Tratto da Altreconomia 230 — Ottobre 2020

In tutti i Paesi dell’area post-jugoslava esiste un’opposizione nei confronti dei diritti umani e delle libertà ed è in quel contesto che va guardata anche l’opposizione contro i migranti. In questo senso la Croazia non è un’eccezione. Tutte le società balcaniche sono in grande misura società xenofobe, che hanno difficoltà a sopportare anche le proprie differenze interne. Come si può immaginare che siano aperti nei confronti dei migranti?”.

A parlare, senza giri di parole, è Drago Bojić, allo stesso tempo una delle voci più libere e più contestate del panorama pubblico della Bosnia-Erzegovina. Teologo, membro dell’ordine francescano, pubblicista per molte testate nazionali e internazionali. Autore, nel 2018, del libro “Il regno di Dio e il nazionalismo”, che fece molto discutere. Elemento di quel clero cattolico che pure, in Bosnia-Erzegovina come in Croazia, lui critica aspramente. A partire dalla situazione dei migranti lungo la Rotta Balcanica, vittime di gravi violazioni dei diritti umani al confine tra Croazia e Bosnia-Erzegovina, senza che la Chiesa cattolica abbia mai preso una posizione pubblica.

“Anche le comunità religiose sono generalmente contrarie all’arrivo di migranti e profughi, sebbene costoro non vogliano rimanere in questi Paesi, ma piuttosto raggiungere i Paesi ricchi dell’Europa occidentale -sostiene Bojić- I migranti vivono in condizioni difficili e al di sotto di ogni standard accettabile in tutti i Paesi dell’area post-jugoslava. Finiscono per testimoniare gli aspetti negativi delle nostre società e delle politiche che le guidano”.

“L’intreccio tra politica e religione in quest’area inizia alla fine degli anni Ottanta. Tutte le comunità religiose hanno appoggiato politiche nazionali e i partiti che le rappresentavano”

Bojić è stato allontanato dalla facoltà di teologia a Sarajevo, dove insegnava comunicazione. Venne anche rimosso dalla carica di direttore del mensile spirituale Svjetlo riječi e trasferito in provincia, come vicario parrocchiale nel monastero francescano di Jajce. Ma tutto questo non lo ha fermato, come in occasione delle ultime polemiche sul ricordo pubblico tenutosi nella cattedrale cattolica di Sarajevo dei fatti di Beliburg, un piccolo borgo della Carinzia, al confine tra Austria e Slovenia, dove nel maggio 1945 i partigiani di Tito inseguirono e catturarono collaborazionisti dei nazisti, croati, serbi, montenegrini, con al seguito diversi civili. Avevano tentato di consegnarsi alle truppe britanniche ma vennero consegnati ai partigiani jugoslavi, andando incontro a marce forzate in territorio jugoslavo ed esecuzioni sommarie. Oggi, in maniera controversa, vengono ricordate dai settori nazionalisti come vittime innocenti, senza alcuna contestualizzazione storica che ne racconti a tutto tondo le responsabilità durante il conflitto. “A organizzare la commemorazione per le vittime di Bleiburg è stata la Guardia onoraria di Bleiburg, un’organizzazione che loda in maniera nostalgica il regime ustaša (il regime croato collaborazionista, ndr). Fino ad ora tutte le commemorazioni in Austria sono state seguite da un’iconografia ustaša e dalla strumentalizzazione politica della funzione religiosa, elemento condannato anche dalle autorità civili e dalla Chiesa austriaca. A Bleiburg sono morti anche civili innocenti, ed è proprio per queste persone, come anche per i soldati uccisi senza processo, che si può pregare, ma a condizione di una chiara e non ambigua condanna del regime ustaša. Finché questo non succederà, la commemorazione di Bleiburg sarà divisiva. Molti, a ragione, disapprovano il fatto che la Chiesa cattolica e le comunità religiose in questi territori ignorino e minimizzino le vittime dell’antifascismo”.

“La Chiesa cattolica si trasforma sempre più in un’organizzazione settaria che non vuole accettare i valori del mondo moderno e civile che sono allo stesso tempo valori cristiani”

Il rapporto tra Chiesa cattolica e politica, in Bosnia-Erzegovina come in Croazia, è da sempre uno dei temi sui quali si concentrano gli strali di Bojić: “L’intreccio tra politica e religione in quest’area inizia alla fine degli anni Ottanta, quando hanno fatto la loro comparsa i partiti nazionalisti. Tutte le comunità religiose (Chiesa cattolica, Chiesa ortodossa serba, comunità islamica) hanno appoggiato politiche nazionali e i partiti che le rappresentavano”, spiega il teologo. “Da questo intreccio entrambi gli attori hanno da guadagnare. Le comunità religiose sono necessarie ai partiti politici per mobilitare il corpo elettorale, mentre i partiti nazionalisti favoriscono le comunità religiose proteggendo in pubblico le loro posizioni e supportandole finanziariamente. Una parte dei cittadini e dei fedeli ne prova disagio, ma il loro numero è troppo piccolo per cambiare la situazione esistente. Anche molti intellettuali si sono arresi alle ideologie nazionali e religiose. La Chiesa cattolica si chiude sempre più in se stessa. Esiste una forte resistenza contro i valori secolari e contro i diritti umani e le libertà. La Chiesa cattolica si trasforma sempre più in un’organizzazione settaria che non vuole accettare i valori del mondo moderno e civile che sono allo stesso tempo valori cristiani.”

Le recenti elezioni in Croazia, pur registrando la crescita di alcuni settori dell’opposizione laica e progressista, hanno ancora una volta registrato la vittoria del partito HDZ, da sempre legato alla Chiesa cattolica. Anche in Italia, nel secondo dopoguerra, la Democrazia Cristiana aveva una sfera d’influenza molto simile, ma sempre in un contesto dialettico. Tramontata la DC, i cattolici sono finiti per prendere strade politiche a volte molto differenti tra di loro.

Perché nella società croata questo non accade? “La Chiesa cattolica in Croazia è una chiesa spiccatamente nazionale, che rappresenta posizioni conservatrici e tradizionaliste. Da trent’anni appoggia esclusivamente il più importante partito politico, l’HDZ, e alcuni partiti politici minori della destra perché attraverso di essi può più facilmente realizzare i suoi interessi e proteggere la sua posizione di monopolio nella società croata. Questo non è un bene né per il futuro della Chiesa cattolica né per la società croata. I cattolici che votano per partiti socialdemocratici o civici nella Chiesa vengono considerati come traditori. In tutti i Paesi della ex Jugoslavia che hanno subito le guerre degli anni Novanta si coltiva di più la cultura della guerra che la cultura della pace. Popoli e fedi religiose sono prigionieri del passato. Da tutte le parti è presente una forte autovittimizzazione e, allo stesso tempo, una demonizzazione degli altri. I rappresentanti delle comunità religiose parlano spesso di perdono e riconciliazione, di libertà e amore, ma nella pratica appoggiano l’attuale stato delle cose”, sostiene amaramente Bojić.

La Chiesa, a livello globale, conosce una stagione molto interessante con la figura di Papa Francesco che su molti temi -come quello dei migranti- è diventato un punto di riferimento etico e morale anche per molti laici. “Papa Francesco rappresenta il lato positivo della Chiesa cattolica e, in generale, del mondo religioso contemporaneo. Purtroppo le sue idee in genere incontrano opposizione all’interno della Chiesa cattolica e si ha l’impressione che molti vescovi e sacerdoti si augurino che il suo pontificato finisca quanto prima. Papa Francesco mostra il percorso che la Chiesa cattolica contemporanea, e in generale la cristianità, dovrebbe percorrere. Lui insiste con forza sulla carità e sulla giustizia sociale e questo è inviso a molti. Papa Francesco non viene accettato nella Chiesa cattolica in questa regione perché vuole delle riforme nella Chiesa, e ad essere contro queste riforme sono soprattutto coloro che si trovano a capo della Chiesa in Croazia e in Bosnia-Erzegovina”.

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