Diritti
DIAZ, I PICCHIATORI SFUGGITI ALLA GIUSTIZIA…
DIAZ, I PICCHIATORI SFUGGITI ALLA GIUSTIZIA La notizia del rinvio a giudizio (il 13 dicembre) di 28 funzionari e dirigenti di polizia per i fatti della scuola Diaz, ha fatto passare inosservata un’altra notizia e cioè che per oltre novanta…
DIAZ, I PICCHIATORI SFUGGITI ALLA GIUSTIZIA
La notizia del rinvio a giudizio (il 13 dicembre) di 28 funzionari e dirigenti di polizia per i fatti della scuola Diaz, ha fatto passare inosservata un’altra notizia e cioè che per oltre novanta agenti è stata chiesta l’archiviazione dalle accuse di lesioni e concorso in lesioni per la stessa sciagurata “perquisizione” del 21 luglio 2001. L’uscita di scena dei 90 agenti era scontata ma andrebbe affiancata alla notizia dei rinvii a giudizio, perché dà la misura dell’atteggiamento tenuto dalla polizia di Stato nei giorni di Genova e durante le inchieste. La richiesta di archiviazione dall’accusa di lesioni è la certificazione dell’impunibilità degli autori materiali dei pestaggi, tutti scampati ala giustizia perché è stato impossibile attribuire a ciascuno degli agenti – tutti impiegati nel blitz – atti specifici, ossia manganellate, calci, percosse e tutto il campionario messo in atto dentro la scuola.
L’attribuzione di singole responsabilità è stata impossibile per un motivo molto preciso: gli agenti non erano identificabili, perché coperti da caschi e fazzoletti tirati su fino agli occhi. La polizia di Stato, dal canto suo, non ha fatto nulla per tentare di individuare singole responsabilità, né ha mai ipotizzato di avviare un’inchiesta interna per infliggere sanzioni ai violenti. Lo stesso fatto che i poliziotti abbiano agito a volto coperto come volgari banditi è passato del tutto inosservato, senza che nessuno condannasse una simile condotta, che accomune gli agenti più a dei fuorilegge che a dei tutori dell’ordine.
Più in generale la polizia italiana dimostra quanto sia carente sotto il profilo della trasparenza, della verifica del proprio operato, della disponibilità a sottoporsi a un giudizio indipendente, tutte caratteristiche che dovrebbero essere proprie di forze dell’ordine autenticamente democratiche. La tradizione di opacità e chiusura verso il mondo esterno, evidentemente, pesa ancora moltissimo. I fatti di Genova non hanno fatto che accentuare i forti limiti democratici delle nostre forze dell’ordine. La “gestione” delle inchieste, da questo punto di vista, con il rifiuto dei vertici degli apparati di fare chiarezza, collaborare coi magistrati, e ammettere le proprie numerose mancanze (e anche il clamoroso fallimento nella gestione del G8 2001), ha allontanato ancora le nostre forze dell’ordine dalla via maestra della crescita democratica.