Diritti
Derisi dal capo della polizia
In queste ore, all’indomani dalla sentenza Diaz, è in corso una grande sceneggiata che dovrebbe permettere al capo della polizia, Antonio Manganelli, di proporsi come paladino della legalità costituzionale e tutore del prestigio delle forze di polizia al cospetto del…
In queste ore, all’indomani dalla sentenza Diaz, è in corso una grande sceneggiata che dovrebbe permettere al capo della polizia, Antonio Manganelli, di proporsi come paladino della legalità costituzionale e tutore del prestigio delle forze di polizia al cospetto del paese.
La sceneggiata è cominciata con una lettera dello stesso Manganelli alla Repubblica (pubblica domenica) ed è continuata con gli elogi pubblici di Walter Veltroni (oggi, sullo stesso giornale), che ha definito coraggiosa la lettera di Manganelli e lo ha invitato a venire in parlamento per le “spiegazioni su ciò che è veramente avvenuto a Genova”, spiegazioni da dare – secondo il capo della polizia – in “sedi istituzionali e costituzionali”. Sembra che la destra, dominatrice assoluta del parlamento, sia disposta ad accettare l’intervento di Manganelli.
Siamo ai confini dell’indecenza. Manganelli, il suo predecessore De Gennaro, per non parlare degli altissimi dirigenti imputati al processo Diaz, hanno avuto sette anni per dare le dovute spiegazioni al paese e ai giudici, ma si sono guardati bene dal farlo. Ora – appena incassate le assoluzioni – il capo della polizia pretenderebbe di presentarsi all’opinione pubblica come campione della correttezza istituzionale.
E’ veramente una beffa ed è triste, per non dire di peggio, che il capo dell’opposizione accetti questa sceneggiata e partecipi a questa derisione delle vittime/testimoni dei fatti di Genova.
Qui sotto il testo integrale della lettera inviata ieri a Repubblica e in gran parte ripresa nell’articolo di Massimo Calandri sul numero odierno di Repubblica.
Caro direttore,
la lettera di Antonio Manganelli, pubblicata da Repubblica, ci ha lasciati attoniti. Il capo della polizia dice che “nessuno ha bisogno di essere rassicurato sulla fedeltà alla Costituzione delle forze di polizia” e aggiunge che “il paese ha bisogno di spiegazioni su quel che realmente accadde a Genova […] ma nelle sedi istituzionali e costituzionali”. Promette anche di “muoversi con i fatti”.
Vorremmo allora ricordare al dottor Manganelli che la polizia di stato ha avuto sette anni di tempo, e alcune centinaia di udienze in tribunale, per dare spiegazioni al paese (e ai giudici) su quel che accadde a Genova, sette anni per “muoversi con i fatti” e per dimostrare quella fedeltà alla Costituzione che nella notte del 21 luglio 2001 alla Diaz non fu assolutamente messa in pratica. Il tribunale non è forse un luogo “istituzionale e costituzionale” nel quale dare le dovute spiegazioni?
Vorremmo ricordare al dottor Manganelli che né lui né il suo predecessore, dottor Gianni De Gennaro, hanno mai chiesto scusa alle vittime dei brutali pestaggi e degli arresti arbitrari;
che la polizia di stato, come denunciato dai pubblici ministeri in aula, ha ostacolato l’inchiesta e il processo, impedendo l’identificazione degli autori materiali dei pestaggi (nessuno di loro è stato infatti processato), distruggendo le due bombe molotov affidate in custodia alla questura di Genova, permettendo che il quattordicesimo firmatario del verbale d’arresto, la cui firma risultava illeggibile, rimanesse nell’ombra, evitando addirittura di fornire l’identità di un agente con i capelli a coda di cavallo ripreso durante i pestaggi da una telecamera (lo stesso agente è stato poi fotografato in aula mentre assisteva, dal pubblico, ad alcune delle udienze);
che ben 27 dei 29 imputati si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande dei pm e degli avvocati, un diritto concesso dalla legge a tutti gli imputati, ma poco compatibile coi doveri di lealtà e di trasparenza propri dei funzionari dello stato, e in particolare degli alti dirigenti di polizia. Perché i 27 funzionari e dirigenti non hanno dato spiegazioni in aula? Perché non hanno collaborato con la magistratura nella ricerca della verità e della giustizia? Non crede, dottor Manganelli, che funzionari e dirigenti fedeli alla Costituzione dovrebbero evitare di ripararsi dietro la facoltà di non rispondere come farebbero imputati comuni per reati comuni?
Vorremmo ricordare al dottor Manganelli che le promozioni accordate in questi anni ai massimi dirigenti imputati nel processo Diaz sono state percepite dalle vittime dei pestaggi, dai cittadini e dagli stessi lavoratori di polizia come un messaggio di copertura e di legittimazione per quello scempio dei corpi e delle leggi compiuto nella notte del 21 luglio 2001. Non crede, dottor Manganelli, che la credibilità e la dignità della polizia sarebbero state meglio tutelate con la sospensione cautelativa di tutti gli imputati, come avviene normalmente nei paesi democratici?
A questo punto, dottor Manganelli, temiamo che le “spiegazioni” che vorrà dare al paese saranno tardive e quindi insufficienti a cancellare quella macchia che dal 2001 deturpa l’immagine della nostra polizia. Notiamo comunque con piacere la sua volontà di “muoversi con i fatti” e allora la invitiamo a chiedere formalmente scusa alle vittime dirette e a tutti i cittadini per gli abusi commessi dalla polizia di stato nel luglio 2001 a Genova, e a rimuovere immediatamente dai rispettivi incarichi tutti gli agenti e funzionari già condannati in primo grado.
Lorenzo Guadagnucci, Enrica Bartesaghi (Comitato Verità e Giustizia per Genova)*