Diritti / Approfondimento
Debito di patria. I curdi costretti a fuggire per aver rifiutato le armi
La Turchia non riconosce il diritto all’obiezione di coscienza e i giovani curdi obbligati alla leva militare rischiano di trovarsi a combattere contro il proprio popolo. In molti scappano, ma ricevere protezione in Europa non è scontato
“Durante l’addestramento ti danno un’arma e io non voglio prenderla”. Muslum, 25 anni, è un cittadino turco di etnia curda proveniente da Şanlıurfa, una città nel Sud-Est della Turchia e giunto in Italia nel 2023 per evitare la leva obbligatoria. Come lui, altri giovani curdi sono costretti a migrare dalla Turchia per evitare il servizio militare obbligatorio, temendo di essere impiegati in operazioni contro il proprio popolo e di subire discriminazioni all’interno delle forze armate.
“Quando avevo 19 anni ho ricevuto la lettera di presentazione per la visita di idoneità al servizio militare -racconta Muslum-. Ti devi presentare alla caserma più vicina. Ero all’ultimo anno del liceo e, se sei uno studente, hai il diritto di posticipare il servizio militare fino alla fine dei tuoi studi. Una volta che ho ottenuto il rinvio per tre anni, sono andato a Londra”.
Sebbene il diritto all’obiezione di coscienza sia riconosciuto dalla Dichiarazione universale dei Diritti umani, la Turchia è l’unico Stato membro del Consiglio d’Europa che non ha né riconosciuto tale diritto al servizio militare né ha indicato l’intenzione di rendere disponibile un servizio alternativo. Nel 2019, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha promulgato una legge che riduce la durata del servizio da un anno a un mese, a fronte del pagamento di 33.230 lire turche (circa 928 euro), una cifra pari a circa otto stipendi medi.
Pagare per evitare il servizio militare è un’opzione controversa, come spiega Memeth, giovane ragazzo curdo fuggito dalla Turchia per evitare la leva: “Se paghi, contribuisci a sostenere il sistema militare. E questo può essere usato contro il popolo curdo”. In cerca di alternative, “a 17 anni avevo le idee chiare, ho preso un volo e sono venuto direttamente qui in Italia”, racconta.
In Turchia l’adesione al servizio militare ha una forte dimensione nazionalista, viene chiamata “il debito della Patria”, spiega Sait Dursun, presidente del Centro socioculturale curdo Ararat. “È un debito che tu hai verso lo Stato turco. Eppure, molti curdi non si sentono parte di quella patria -aggiunge Dursun-. Se stai lì e non hai svolto il servizio militare, puoi ricevere delle multe che poi devi saldare. Essendo obbligatorio, prima o poi ti acchiappano e ti mandano a svolgerlo”.
Ma queste non sono le uniche conseguenze per i renitenti. Alcuni obiettori hanno avuto i loro conti bancari congelati o hanno dovuto lavorare illegalmente, perché è un reato per i datori di lavoro assumere renitenti alla leva. La mancata adesione al servizio limita il diritto di un individuo a partecipare alla vita pubblica in ambiti quali la candidatura alle elezioni e il voto. Gli obiettori sono costretti a vivere una vita clandestina per evitare l’arresto e la detenzione, affrontando una vera e propria “morte sociale”, come definito dalla Corte europea dei Diritti umani. Così, il rischio di persecuzione ha spinto Muslum e Memeth a cercare asilo altrove.
“Dopo sei anni a Londra, la Turchia ha emesso un mandato di cattura nei miei confronti per esser evaso all’appello. Così, l’Inghilterra mi ha costretto a ripartire, sono arrivato in Turchia e sono stato subito fermato dalle autorità -ricorda Muslum, mentre solleva gli occhi al cielo-, per il governo britannico, il servizio militare in Turchia non sarebbe stato pericoloso per me perché nel primo periodo sei una recluta in addestramento. Ma io non volevo andare”. Dopo una pausa, sospira: “È un mio diritto”.
“Dopo sei anni a Londra, la Turchia ha emesso un mandato di cattura nei miei confronti per esser evaso all’appello. Così, l’Inghilterra mi ha costretto a ripartire” – Muslum
Le statistiche rivelano che l’80% dei soldati deceduti durante il servizio militare in Turchia era di origine alevita o curda, nonostante i curdi rappresentino solo il 20% della popolazione, come riportato nel Rapporto 2021 del Dipartimeno di Stato americano (Ussd) sulla libertà religiosa internazionale. Tuttavia, molte di queste morti sono state registrate come suicidi o incidenti, sollevando dubbi sulle cause reali da parte delle famiglie.
È il caso di Uysal, ventenne dichiarato suicida dalle autorità, ma la cui morte è circondata da sospetti. Secondo Şüpheli Ölümler ve Mağdurları Derneği, Associazione per le morti e le vittime sospette, nell’esercito turco più di tremila soldati sono deceduti in circostanze non chiarite nelle caserme militari tra il 2000 e il 2020. Rıza Doğan, madre di Uysal, ha perso suo figlio in circostanze simili nel 2012 nella provincia sudorientale di Muş. Ha denunciato che l’indagine sulla morte di Uysal è stata abbandonata senza approfondimenti e la famiglia è stata costretta persino a pagare il costo del proiettile presumibilmente utilizzato per il suicidio. “Si sa che c’è un conflitto tra la guerriglia curda e l’esercito turco -aggiunge Dursun- esiste un rischio che un curdo debba combattere contro un altro curdo”.
I coscritti non hanno scelta sul luogo in cui sono di stanza, e i curdi potrebbero quindi essere inviati nel Sud-Est della Turchia, dove le forze armate turche sono in conflitto con il Pkk, Partito dei Lavoratori del Kurdistan, un’organizzazione militante che combatte per l’autonomia curda in Turchia. Inoltre, le autorità turche non forniscono informazioni sui coscritti in base all’etnia, quindi non è possibile determinare quanti curdi siano inviati sul fronte sudorientale, sebbene in linea di principio i coscritti non vengano impiegati nelle operazioni di combattimento. Per sfuggire alla leva, Muslum spiega di aver dovuto trovare un espediente: “Ho detto loro che ero tornato per svolgere il servizio militare e mi hanno dato quindici giorni di tempo per presentarmi alla caserma più vicina, poi sono fuggito di nuovo, questa volta verso l’Italia, dove la mia procedura di richiesta d’asilo sta per iniziare”.
I coscritti non hanno scelta sul luogo in cui sono di stanza, e i curdi potrebbero quindi essere inviati nel Sud-Est della Turchia, dove le forze armate sono in conflitto con il Pkk
In generale, una persona che elude o diserta il servizio militare non rientra nell’ambito di applicazione di nessuno dei cinque motivi della Convenzione delle Nazioni Unite sui rifugiati del 1951. Tuttavia, in Italia, i tribunali di Milano nel 2020 e di Perugia nel 2021 hanno riconosciuto lo status di rifugiato a cittadini turchi di etnia curda a causa delle motivazioni ideologiche connesse alla nazionalità, al rifiuto del servizio militare e del rischio di persecuzione.
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