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Diritti / Reportage

Davanti alla questura di Roma spariscono le file ma il diritto d’asilo resta in attesa

Dopo mesi di accampamenti fuori dalla sede di via Patini, l’ufficio immigrazione ha iniziato a calendarizzare gli appuntamenti per la presentazione delle domande di protezione internazionale. Per compilare davvero i moduli, però, tocca aspettare mesi. Nel frattempo gli aspiranti richiedenti restano senza diritti

© Ylenia Sina

I tempi delle attese lunghe giorni e notti sul marciapiede sembrano finiti. Eppure, i diritti degli aspiranti richiedenti asilo all’ufficio immigrazione della questura di Roma restano in bilico. Dopo anni di code senza appuntamento, sfociate negli ultimi mesi in veri e propri accampamenti, all’inizio di marzo la “divisione stranieri” di via Patini, ai margini di una zona logistica nella periferia Est di Roma, ha iniziato a calendarizzare gli accessi, evitando così alle persone di presentarsi più volte, anche al freddo o sotto la pioggia per molte ore, se non giorni, senza la certezza di entrare negli uffici.

Gli appuntamenti per compilare il “modello C3”, necessario a formalizzare la domanda di protezione internazionale e dare così il via all’iter per l’emissione del permesso di soggiorno temporaneo, però, vengono fissati a distanza di mesi e il foglio con la data, a parte proteggere dall’espulsione, non garantisce i diritti connessi allo status di richiedente asilo: niente iscrizione al servizio sanitario nazionale, ma solo alle cure essenziali; niente contratto di lavoro, possibile solo due mesi dopo il rilascio del permesso; niente accesso al sistema di accoglienza che di solito viene attivato insieme alla compilazione del modulo.  

Ahmed (nome di fantasia), per esempio, dovrà aspettare sei mesi e mezzo. È originario del Bangladesh ed è uno dei primi a essersi messo in fila a metà aprile, “quando era ancora buio”. Intorno alle sette del mattino, all’apertura dei cancelli, è entrato insieme ad altre decine di persone nel cortile dell’ufficio immigrazione e ha atteso il suo turno in una fila ordinata. Una scena diversa rispetto a quelle avvenute negli ultimi mesi quando centinaia di persone si accalcavano a ridosso del cancello, prima contenuti e poi respinti dalla polizia che annunciava tra le proteste che per quel giorno non sarebbe più entrato nessuno, secondo le testimonianze non più di venti persone e senza criteri dichiarati. Ahmed non vuole raccontare la sua storia ma mostra il foglio con l’appuntamento: la fotocopia del passaporto con il timbro, la firma del funzionario di turno e la data, 2 novembre 2023.

Hasan (nome di fantasia) dovrà aspettare venti giorni in più perché si è messo in fila un paio di ore dopo. Per lui parla il fratello, in Italia da dieci anni: “Non ha bisogno di accoglienza perché vive con me, però non abbiamo capito se nel frattempo potrà avere un lavoro regolare”. Ha dubbi anche Wilhelm, cittadino peruviano, in Italia dal novembre 2022: “Devo tornare qui il 21 novembre, tra sette mesi”. È la sesta volta che si presenta in via Patini: “Sono rimasto accampato per giorni, ma non sono mai riuscito a entrare. Ora le regole sono cambiate e ci ho riprovato”.  

Isabel (nome di fantasia) si è rivolta a un’avvocata dell’associazione A Buon Diritto perché non poteva più aspettare. “Ho una figlia di undici anni che ha bisogno del pediatra. Quando mi sono presentata in questura, il 14 marzo scorso, mi hanno dato l’appuntamento il 12 luglio, quattro mesi dopo. In seguito alle sollecitazioni è stato anticipato al 31 marzo”, ha spiegato al telefono. Isabel, anche lei peruviana, è arrivata a Milano nel novembre del 2021 e si è spostata a Roma a giugno del 2022 perché aveva trovato un lavoro migliore. “Per questo mia figlia ha ancora il pediatra a Milano ma non sono riuscita a spostare l’iscrizione perché non abbiamo documenti validi”, spiega. La prima volta che Isabel è andata in via Patini era novembre: “Ho sempre lavorato a ore e in nero, non potevo permettermi di perdere nemmeno un giorno. Quando ho trovato un impiego più stabile ho affrontato gli uffici. La prima volta alle cinque del mattino. La seconda alle tre. Poi a mezzanotte. Infine, la domenica a pranzo, ma c’era già molta gente. Non sono mai riuscita a entrare”. 

Per Rita Vitale di A Buon Diritto, “gli appuntamenti hanno risolto il problema degli accampamenti ma non garantiscono il diritto concreto di chiedere asilo nei tempi previsti per legge”. Tempi che dovrebbero essere più veloci: tre giorni dalla manifestazione della volontà, prorogabili di dieci solo se in emergenza. “Anche attendere mesi è una compromissione del diritto d’asilo”, aggiunge Vitale che ricorda che il 2 novembre scorso, quattro mesi prima che la questura decidesse di procedere con gli appuntamenti, un giudice del tribunale ordinario di Roma, accogliendo il reclamo di un cittadino del Gambia, aveva definito la possibilità di “formalizzare un numero limitato di domande al giorno”, l’assenza di prenotazione e i bivacchi una “violazione dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo”.

Non solo: per il giudice “l’impossibilità di formalizzare” la domanda lede la “dignità umana” degli aspiranti richiedenti asilo “in quanto privi della possibilità di procurarsi mezzi di sussistenza legali e di accedere al sistema di accoglienza” con il “rischio di vivere per strada”.

Interpellata in merito da Altreconomia, Silvia Maria Malgaroli, dirigente dell’ufficio immigrazione della questura di Roma, ha risposto che “Quando rilasciamo il foglio dell’appuntamento anticipiamo la segnalazione in Prefettura per l’accoglienza per i casi vulnerabili”. In quanto agli altri casi: “Non abbiamo avuto queste situazioni”. A Buon Diritto però denuncia di aver seguito persone che sono ricorse al sostegno di un avvocato perché non avevano alternative. “Nell’attesa chi non ha una rete di conoscenti resta per strada o si rivolge all’assistenza comunale pensata per i senza tetto”, conclude Vitale. 

Per Malgaroli il motivo degli accampamenti degli ultimi mesi è da ricercarsi nell’aumento delle richieste di asilo a partire dall’estate del 2022. Non sono stati forniti dati relativi a Roma ma, secondo un report del ministero dell’Interno, tra il primo agosto 2021 e il 31 luglio 2022 in Italia le richieste di asilo sono aumentate del 76,4% rispetto all’anno precedente, pari a 72.423 (inferiori al 2017 quando erano state 130.119). “Per l’ufficio immigrazione è impensabile gestire centinaia di richieste ogni giorno perché la compilazione di ogni verbale richiede tra l’ora e mezza e le due ore. Inoltre, la protezione internazionale è solo una delle tante attività di nostra competenza”, dice Malgaroli, che spiega che da gennaio al momento dell’intervista, il 19 aprile, sono stati compilati 1.799 “modelli C3” mentre dall’inizio di marzo sono stati fissati 3.388 appuntamenti, circa un centinaio per ogni giorno di apertura degli uffici. Le date fissate a metà aprile arrivavano alla fine di novembre, sette mesi dopo. 

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