Diritti / Opinioni
Pandemia e porti non sicuri: le misure di prevenzione non possono sospendere l’asilo
L’Italia ha l’obbligo di soccorrere i migranti. Non farlo è una violazione dei diritti umani. La rubrica di Gianfranco Schiavone dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione
Il giorno di Pasqua 2020, proprio mentre scrivevo questo articolo, è giunta dalla Ong Sea-Eye la notizia dell’ennesimo naufragio nel Mediterraneo. Non è un episodio isolato né imprevedibile ma un fatto annunciato, come i naufragi che si ripetono da anni in un tratto di mare dalle dimensioni relativamente contenute, e che è monitorato, ovvero facilmente monitorabile, a ogni palmo. Persino la discussa operazione Sophia, nata nel 2015, e il cui obiettivo principale non era il soccorso in mare ma fermare il traffico di migranti nel tratto di mare fra Italia e Libia, dopo essere stata progressivamente depotenziata, ha cessato le sue funzioni proprio a marzo di quest’anno per essere sostituita al momento da nulla. In base alla nota tesi del pull-factor organizzare soccorsi in mare avrebbe l’effetto di favorire i trafficanti, accrescere le partenze e, di fatto, aumentare e non diminuire il numero dei morti. Ricostruire la nascita, a fine 2016, e la abile diffusione di questa tesi sarebbe interessante ma ora mi limito a evidenziare come la sua infondatezza scientifica sia stata messa in luce da molti studi come il rapporto “Blaming the Rescuers”, curato da Charles Heller e Lorenzo Pezzani nel giugno 2017, e da Matteo Villa e Eugenio Cusumano in “Sea Rescue NGOs: a Pull Factor of Irregular Migration” che esamina gli sbarchi in Italia dal 2014 al 2019.
Le persone fuggono verso l’Europa e continueranno a farlo persino ora, ben sapendo di andare verso il centro della pandemia perché ciò che lasciano alle loro spalle non è tollerabile. Di fronte a ciò le misure drastiche, che abbiamo dovuto assumere per il contenimento del Covid-19 con limitazioni temporanee di molti diritti fondamentali dei cittadini, sospendono il diritto d’asilo? Gli Stati hanno comunque l’obbligo di organizzare i soccorsi in mare e accogliere i naufraghi o a tali obblighi si può derogare? Sono domande che trovano risposta nella tutela dei più fondamentali diritti umani come il diritto alla vita di cui all’art. 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e del diritto a non essere sottoposti a tortura e trattamenti disumani e degradanti (art. 3); si tratta di diritti il cui rispetto non può mai essere soggetto ad alcuna deroga o sospensione neanche in condizioni eccezionali come “in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione” come chiarisce l’art. 15 della stessa Convenzione.
Nessuna deroga è parimenti possibile all’art. 10 comma 3 della Costituzione che tutela il diritto di accedere al territorio dello Stato per chiedervi asilo. Come ricorda l’UNHCR in “Key Legal Considerations on access to territory for persons in need of international protection in the context of the COVID-19 response”, nell’attuare le necessarie misure di contenimento della pandemia non si possono mai attuare interventi che abbiano l’effetto di impedire l’accesso al territorio degli Stati in cui la persona vuole chiedere asilo perchè ciò violerebbe il divieto di non refoulement di cui all’art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951. Un decreto interministeriale del 7 aprile 2020 ha previsto che, a causa dello stato pandemico in atto, salvo alcuni casi, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti di place of safety.
Va detto che il decreto non può in alcun modo escludere la possibilità di approdo nei porti italiani e i conseguenti obblighi di accoglienza, in virtù degli inderogabili obblighi internazionali sopra richiamati. I porti italiani non sono chiusi perché non possono esserlo. Ciò non vuol dire che non debba essere presa ogni misura necessaria per prevenire il diffondersi del contagio, come le misure di temporaneo confinamento delle persone soccorse, a terra o persino su una nave adeguatamente attrezzata, come indica il Decreto del Capo Dipartimento n. 1.287 del 12 aprile 2020. In un tempo eccezionale come questo, massima attenzione va fatta a non cadere nella folle logica della contrapposizione tra loro di diritti fondamentali (specie quando tale linea divide cittadini da stranieri) perché tale contrapposizione non tutela affatto i cittadini e dissolve lo stesso Stato di diritto in cui viviamo.
Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni nonché vice-presidente dell’Asgi e presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste
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