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Come si muove la lobby della carne e dei latticini sull’Ue. Il caso Elv

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Attraverso il velo della campagna European livestock voice (Elv), le associazioni di categoria puntano a “riequilibrare il dibattito” combattendo la presunta disinformazione sul tema dei consumi, degli allevamenti intensivi e del ricorso massiccio agli antibiotici. Un’attività di pressione che tende a eludere la trasparenza

Coperta dalle proteste dei “trattori” europei, è passata in sordina l’ultima notizia sulle pressioni dell’industria della carne e dei latticini sulle istituzioni di Bruxelles per ritardare il più possibile l’introduzione di restrizioni nel settore, in particolare per quanto riguarda la limitazione nell’uso di antibiotici negli allevamenti intensivi.

Il tutto è ripartito da una documentata inchiesta a cura del consorzio giornalistico DeSmog, che ha elencato le attività di pressione degli ultimi anni portate avanti dalle maggiori associazioni di categoria del settore attraverso la campagna informativa European livestock voice (Elv). Il materiale è stato raccolto dal Corporate Europe observatory, che il 15 gennaio ha inviato una lettera all’attenzione della presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, e alla segretaria generale del Consiglio dell’Unione europea, Thérèse Blanchet, chiedendo loro di non cedere alle pressioni di Elv.

Elv è una rete che comprende 14 associazioni di categoria rappresentanti dell’intera filiera zootecnica: ci sono Copa-Cogeca in rappresentanza degli agricoltori, la European diary association per il settore caseario, Avec per il settore avicolo, AnimalhealthEurope in rappresentanza del settore veterinario e poi ancora associazioni che esprimono le esigenze del mondo della lavorazione della carne, dei mangimi, dei conigli, delle pellicce e dell’acquacoltura. L’obiettivo dichiarato dalla campagna European livestock voice è quello di “riequilibrare il dibattito” sul consumo di carne e latticini, combattendo la “disinformazione” in atto, pratica che metterebbe a rischio, secondo i promotori della campagna, il futuro del settore della produzione animale.

La rete degli interessi industriali ha esordito nel 2019 con un flash mob davanti alla Commissione europea e il lancio del sito “Meat the Facts”, evento a cui hanno fatto seguito una serie di webinar online dedicati a ridiscutere la strategia europea Farm to fork, la strategia per l’agricoltura sostenibile approvata dall’Ue nel 2021, la quale prevede -tra le varie cose- il dimezzamento dell’uso di antibiotici negli allevamenti intensivi, dove questi vengono utilizzati in grandi quantità per prevenire o curare i focolai di malattia tra gli animali tenuti in condizioni di affollamento. L’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) indica l’uso eccessivo di questi farmaci negli allevamenti come uno dei principali fattori di rischio per l’emergere di batteri resistenti a trattamenti letali nell’uomo, noti in gergo medico come resistenza antimicrobica (Amr).

Attraverso #MeatTheFacts, la European livestock voice contesta questa visione e sul sito e attraverso i propri social pubblica informazioni sui presunti rischi che gli animali corrono se non trattati con gli antibiotici. Ma l’apice della campagna, come riporta DeSmog, è stato l’incontro a porte chiuse con l’allora vicepresidente della Commissione Frans Timmermans, per “metterlo in guardia su come un’eccessiva semplificazione delle decisioni politiche avrebbe messo in pericolo l’esistenza delle imprese rappresentate da Elv stessa”, come si legge nel verbale della riunione.

Sia DeSmog sia, soprattutto, la lettera del Corporate Europe observatory insistono su un punto: le attività di lobby, come l’incontro con Timmermans, andrebbero protocollate nel “Registro della trasparenza europeo”, ovvero quella banca dati che elenca le organizzazioni che cercano di influenzare il processo legislativo e di attuazione delle politiche delle istituzioni europee. Si tratta di un obbligo di legge per le imprese. Ma Elv, che è una campagna di comunicazione, al Registro della trasparenza non è iscritta. L’interessata ha risposto alle accuse dicendo che si tratta di una “piattaforma” che fa da “ombrello” alle imprese e non è quindi “un’entità legale” tenuta a iscriversi al registro. “L’Elv è un esempio del perché abbiamo bisogno di un registro delle lobby legalmente vincolante, e questa denuncia segue a ruota la nostra precedente denuncia sul lobbismo non registrato da parte della lobby Consumer choice center legata al petrolio”, spiega Vicky Cann, portavoce di Corporate Europe observatory.

Cann, contattata da Altreconomia, ci ha inviato la risposta ottenuta il 6 febbraio dalla segreteria del Registro della trasparenza, la quale informa che si stanno “verificando i dati forniti dai membri Elv elencati sul sito, per garantire che il rapporto tra la piattaforma e i suoi membri si rifletta adeguatamente nelle loro registrazioni”. Se venisse stabilito che “Elv abbia interessi e attività di rappresentanza a nome proprio, indipendentemente dai suoi membri e indipendentemente da la sua forma giuridica”, allora “il segretariato potrebbe invitare Elv a registrarsi nel Registro per la trasparenza affinché venga fornito un quadro più completo”, dal momento che “solo rappresentanti iscritti al registro possono incontrarsi con i decisori della Commissione. Questo vale per tutti i membri della Commissione, i membri del loro gabinetto, nonché a tutti i direttori generali e ai capi servizio della Commissione”.

A proposito di lobby, a Elv viene imputata anche la responsabilità di aver contribuito a far deragliare una proposta di legge per migliorare il benessere di centinaia di milioni di animali in Europa e porre fine all’allevamento in gabbia. Tutto ciò nonostante l’iniziativa europea avesse ottenuto un forte sostegno dell’opinione pubblica e del Parlamento europeo. Di questo ne parla un approfondimento scritto a più mani dai giornalisti di Lighthouse report, IrpiMedia e Guardian. “European livestock voice sostiene di parlare a nome degli allevatori ma la realtà è molto diversa”, ha detto a DeSmog Olga Kikou, responsabile degli affari europei del gruppo di campagna Compassion in world farming. “Si tratta in realtà di ‘Big Agri’ e ‘Big Pharma’ che collaborano per mantenere in vita un sistema che sfrutta al massimo gli animali”.

Contattato da Altreconomia, l’ufficio comunicazione di Elv ha fatto sapere che le cose sono più complesse di quanto scritto da DeSmog e dalle altre testate e che Elv non è stata sentita dal Corporate European observatory prima dell’invio della lettera al Parlamento europeo. Elv ha confermato che la campagna non è un soggetto giuridico e come tale non è iscritto al Registro della trasparenza europeo, ma ha precisato che tutti i 14 membri che partecipano alla campagna lo sono. In ogni caso, dicono da Elv, gli stessi soggetti stanno valutando un’eventuale iscrizione di Elv al registro.

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