Diritti
CITTADINI?…
CITTADINI? Il diritto di cittadinanza sta diventando una cartina di tornasole che ci permette di cogliere certe tendenze della nostra società. Pensiamo all’Italia. Da noi vige il "diritto di sangue". In base a questo principio alle ultime elezioni hanno avuto…
CITTADINI?
Il diritto di cittadinanza sta diventando una cartina di tornasole che ci permette di cogliere certe tendenze della nostra società. Pensiamo all’Italia. Da noi vige il "diritto di sangue". In base a questo principio alle ultime elezioni hanno avuto diritto di voto alcuni milioni di "italiani all’estero", considerati cittadini italiani perché figli, nipoti o addirittura pronipoti di italiani della madrepatria. Fra gli elettori, moltissimi non hanno mai visitato l’Italia e non ne parlano la lingua. Sono invece esclusi dal voto, e dal godimento dei diritti legati alla cittadinanza, migliaia di persone che vivono qui, parlano la nostra lingua, sono integrati nella nostra società.
E’ noto l’aneddoto della visita di Massimo D’Alema in Brasile. L’attuale ministro degli esteri, conversando col presidente Lula, fece notare un paradosso. La moglie del presidente brasiliano, di lontane origini italiane, aveva appena ritirato nella nostra ambasciata il passaporto e il certificato elettorale e si apprestava a votare, per quanto non avesse alcun tipo di relazioni col nostro paese (mai visitato) se non una generica e nostalgica simpatia. La signora dunque ad aprile ha votato, mentre alla governante di casa D’Alema – come fece notare l’ex presidente del consiglio – che pure vive, lavorara e paga le tasse in Italia da anni e anni questo diritto è negato.
Questa aberrante logica venata di razzismo, raggiunge il culmine nell’assurda condizione dei figli di coppie di migranti. Sono ragazzi nati in Italia, che parlano italiano e spesso i dialetti delle rispettive città di residenza, che magari non hanno mai nemmeno visitato i paesi di origine dei loro gentiori, eppure non godono della cittadinanza. Che senso ha tutto questo, se non il sostegno a una mentalità xenofoba e una cultura giuridica e politica dell’esclusione?
Se dall’Italia passiamo ad Israele, troviamo – estremizzate – le stesse tendenze che osserviamo da noi e in altri paesi dell’Europa occidentale. Il parlamento israeliano ha approvato una legge – legittimata dalla corte costituzionale – che impedisce ai coniugi palestinesi di cittadini israeliani di entrare e risiedere nel paese. E’ forse la norma più xenofoba attualmente in vigore nei paesi considerati democratici (ma, alla fine, che senso ha questo aggettivo in casi del genere?). Nella pratica è una norma discriminatoria verso i numerosi arabi israeliani, che alla fine sono liberi di sposare chi vogliono, come tutti, ma a patto che se ne vadano all’estero nel caso che il coniuge prescelto sia palestinese.
Quando parliamo di democrazia e diritti civili, e quando valutiamo proposte e normative sull’immigrazione, ricordiamoci che il principio d’eguaglianza fra le persone e il rifiuto di ogni forma di apartheid sono (o forse erano) il fondamento delle nostre società.