Diritti / Opinioni
Che cosa è rimasto della protezione speciale dopo il “decreto Cutro”
Le restrizioni imposte dal governo renderanno più precarie le vite di migliaia di persone e aumenteranno il contenzioso nei tribunali. La rubrica di Gianfranco Schiavone
Che ne è della protezione speciale dopo il decreto legge numero 20 del 10 marzo 2023 (il cosiddetto “decreto Cutro”) convertito con modifiche nella legge 50/23? È urgente dare una risposta a questo interrogativo sia per la rilevanza del tema sia perché si sono diffuse interpretazioni secondo le quali sarebbe stata cancellata e non sarebbe più possibile ottenere la protezione speciale “per rispetto della vita privata e familiare” di cui all’articolo 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo (Cedu).
La nuova normativa restringe l’istituto della protezione speciale sotto tre profili: elimina la possibilità di presentare alla questura un’autonoma istanza che deve essere esaminata -senza audizione ma sulla base degli atti documentali a disposizione- dalla commissione territoriale per il diritto d’asilo. Rimane dunque in vigore il solo obbligo di esaminare la situazione della persona nell’ambito di una richiesta di asilo, rallentando irragionevolmente procedimenti che con la più snella ma abrogata procedura sopra indicata si concludevano in pochi mesi.
La seconda restrizione riguarda la convertibilità del permesso di soggiorno da protezione speciale a lavoro, che non è più prevista per i nuovi procedimenti di riconoscimento instaurati dopo l’entrata in vigore della nuova normativa. Infine l’eliminazione dei criteri -che erano stati invece rigorosamente definiti dalla normativa previgente – in base ai quali le commissioni per l’asilo possono operare una valutazione sulla presenza di vincoli familiari dello straniero e sul suo percorso di radicamento sociale in Italia.
Anche la normativa vigente continua però a prevedere che le commissioni territoriali abbiano l’obbligo di riconoscere la protezione speciale laddove “esistano fondati motivi di ritenere che la persona rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti o qualora ricorrano gli obblighi di cui all’articolo 5, comma 6” del Testo unico sull’immigrazione (art. 19 co.1.1). Quali sono tali obblighi? Si tratta “degli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato italiano”. Tra essi il divieto di estradizione per reati politici, il diritto alla salute, il diritto di agire in giudizio per tutelare i propri diritti, il diritto alla vita (art. 2 Cedu) che implica il divieto di essere inviato in uno Stato in cui non sia possibile vivere una vita dignitosa a causa di un disastro ambientale o per altre ragioni. E naturalmente vi rientra il diritto tutelato dall’art. 8 Cedu che dovrà continuare ad essere riconosciuto “senza che possa distinguersi tra vita privata e vita familiare, trattandosi di estrinsecazioni del medesimo diritto fondamentale tutelato dalla predetta disposizione, che non prevede gradazioni o gerarchie (cfr. Cass., Sez. II, 23/11/2020, n. 26563; Cass., Sez. I, 15/01/2019, n. 781; 22/07/2015, n. 15362)”.
Le persone che nel corso del 2022 si sono viste riconoscere la protezione speciale sono state 10.856, secondo i dati del ministero dell’Interno.
Anche di fronte allo scarno nuovo quadro normativo le abrogazioni di parte della normativa previgente, fortemente volute dal governo e da un Parlamento nel quale non è stato possibile un reale confronto (ogni emendamento dell’opposizione è stato rigettato), non cancellano affatto la protezione speciale nei suoi contenuti più rilevanti. Quello che probabilmente avverrà è che il ministero dell’Interno farà pervenire alle commissioni territoriali, organi poco indipendenti e assai sensibili agli orientamenti politici, nette indicazioni a restringere il riconoscimento di questa forma di tutela al fine di conseguire l’unico risultato politico che si vuole ottenere: dare in pasto all’opinione pubblica la notizia che sono diminuiti i riconoscimenti della protezione speciale. Questo disprezzo dei diritti dei più deboli renderà più precaria la vita di decine di migliaia di persone che hanno radicato la loro vita in Italia e farà esplodere il numero di contenziosi nei tribunali ordinari.
Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste
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