Diritti
Caccia #F35 a terra, con le sue false promesse
Dopo gli ennesimi problemi tecnici legati al Joint Strike Fighter emersi negli Usa, la Rete italiana per il Disarmo torna a chiedere al governo italiano di uscire immediatamente dal programma. A questo link il dossier che raccoglie tutti gli articoli pubblicati dedicati da Ae al tema. Agli "effetrentacinque" dedicato anche un capitolo di "Armi, un affare di Stato", dei nostri Francesco Vignarca e Duccio Facchini
"Adesso basta: pretendiamo di non essere più presi in giro con false promesse e con giustificazioni insensate. L’Italia deve uscire dal programma JSF per i caccia F-35 immediatamente".
Sono chiari gli esponenti della Rete italiana per il disarmo, attivi nella campagna "Taglia le ali alle armi!" che dal 2009 chiede di dimenticarci dei cacciabombardieri F-35 e utilizzare le enormi risorse che dovrebbero servire per il loro acquisto verso investimenti più utili e sensati per la popolazione italiana.
Le loro affermazione giungono dopo che gli ultimi, ennesimi, problemi tecnici -addirittura al motore- che hanno costretto il Pentagono a sospendere precauzionalmente tutti i voli dimostrano ancora meglio come la scelta di proseguimento nella partecipazione italiana al Joint Strike Fighter si potrebbe rivelare ancora più problematica e dispendiosa di quanto già evidente anche solo con le previsioni iniziali di spesa e di impegno: "Va ricordato infatti -sottolinea Francesco Vignarca coordinatore di Rete disarmo e autore di "Armi, un affare di Stato"– come le recenti stime della nostra campagna, che sui dati non è mai stata smentita da nessuno, indicano in circa 52 miliardi di euro il totale dei fondi che l’Italia arriverebbe a destinare all’F35 nel corso di tutto il suo ciclo di vita, con un costo iniziale di solo acquisto e sviluppo che arriva ai 14 miliardi di euro per i 90 esemplari previsti".
La Campagna "Taglia le ali alle armi" in una sua recente conferenza stampa ha anche dimostrato come siano inconsistenti i tanto sbandierati (dalla Difesa e dai sostenitori del programma) ritorni occupazionali ed industriali che dovrebbero giustificare la nostra partecipazione al circo JSF (in allegato la scheda con tutti i "veri" numeri dell’F-35). In realtà sono le pressioni politiche ed economiche incrociate a pretendere questo tributo armato dalle casse pubbliche, come dimostrato dai continui rimandi ad una presunta indispensabilità del caccia non altrimenti argomentata e ai viaggi nei paesi partner sia del Segretario Usa alla Difesa sia di alti rappresentanti della Lockheed Martin, capocommessa del progetto.
"Pressioni e richiami che continuano anche quando il silenzio sarebbe d’oro -dichiara Massimo Paolicelli, presidente di Associazione obiettori nonviolenti, autore di "Il caro armato", tra gli estensori del dossier di Campagna- come è infatti possibile che il ministro-ammiraglio Di Paola ad un giorno dalle elezioni che vedranno il termine del suo cammino di ministro ‘tecnico’ della Difesa continui a dichiarare con sicurezza che l’Italia non ripenserà ulteriormente la sua presenza nel programma? Come può, tra l’altro a margine di incontri NATO, esserne così sicuro? Cosa c’è dietro, che tipo di accordi o di pressioni opachi?".
La speranza di "Taglia le ali alle armi" è invece quella di un radicale ripensamento dei nostri acquisti di cacciabombardieri F-35 da parte del Governo che si insedierà a breve. E che, anche analizzando gli ultimissimi passi falsi del progetto, potrebbe rendersi conto definitivamente come le priorità del nostro Paese e dei suoi abitanti siano di altra natura e di altra rilevanza. “Qualcuno ha detto che l’F-35 è diventato un’icona della lotta contro le spese militari -commenta Gianni Alioti di FimCisl che da tempo sottolinea lo scarso ritorno occupazionale del programma-. Si lo è, lo possiamo dire. Perché incarna il paradigma della follia e dello spreco immenso di risorse economiche che ogni giorno vengono sacrificate sull’altare degli interessi del complesso militare-industriale, anche nel nostro Paese”.