Diritti
Bolzaneto, non vanifichiamo la sentenza
Tutti e 44 gli agenti, funzionari e medici responsabili di quanto avvenne nella caserma-carcere di Bolzaneto: il tribunale di Genova, in appello, ha accolto per intero le tesi dell’accusa e così la sentenza per i maltrattamenti e le torture durante il G8 del…
Tutti e 44 gli agenti, funzionari e medici responsabili di quanto avvenne nella caserma-carcere di Bolzaneto: il tribunale di Genova, in appello, ha accolto per intero le tesi dell’accusa e così la sentenza per i maltrattamenti e le torture durante il G8 del 2001 mette nero su bianco la gravissima caduta di legalità democratica di quei giorni.
La prescrizione, è vero, attutisce la portata pratica della sentenza, anche se stavolta non c’è un Minzolini a gridare "assolti", ma in un paese davvero democratico la cancellazione delle pene per fatti così gravi spingerebbe a prendere provvedimenti immediati, ossia ad approvare una legge sulla tortura.
Nei paesi che hanno una legge ad hoc per questo reato (l’Italia è inadempiente da oltre vent’anni rispetto agli impegni sottoscritti a livello internazionale), si stablisce che la tortura non può cadere mai in prescrizione, proprio per la sua gravità: si tratta di uno dei reati più odiosi, visto che generalmente si tratta di violenze compiute da uomini in divisa, dipendenti dello stato.
Il fatto che sia scattata la prescrizione per quasi tutti gli imputati (solo 7 hanno ricevuto pene effettive) è quindi un elemento che rende più grave – e non più mite – il quadro, sotto un profilo di credibilità democratica delle nostre istituzioni. E’ facile prevedere che nessuno dei 44 subirà conseguenze professionali, perché questa è la tradizione – corporativa e un po’ borbonica – del nostro paese, e invece sarebbe importante stabilire misure disciplinari, come l’esclusione da contatti diretti con i cittadini. E’ quel che si fa in casi del genere nei paesi "normali". Servirebbero anche provvedimenti ad hoc, da parte degli Ordini professionali, per il personale medico e infermieristico (gli imputati, a quanto si sa, hanno continuato a lavorare in carcere come se nulla fosse).
I processi, dopotutto, servivano soprattutto a questo: affermare un principio di giustizia, rendere impossibile una "seconda volta". I tribunali hanno fatto la loro parte, ma se non arrivano le scuse dello Stato alle vittime degli abusi, se le amministrazioni non ripudiano quei comportamenti e se non smettono di proteggere imputati e condannati, il lavoro dei magistrati, degli avvocati di parte civile, dei testimoni rischia d’essere vanificato.