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Economia / Attualità

Autostrade fuori controllo

© Da Nina - Unsplash

Da due anni manca la relazione sulle concessioni autostradali, una miniera di dati per capire come funziona un settore che garantisce utili miliardari agli operatori. Informazioni più che mai necessarie visto che si continuano a programmare nuovi interventi. Il ministro Salvini ai concessionari: “Considerate il ministero casa vostra”

Sono passati oltre due anni dalla pubblicazione dell’ultima Relazione relativa alla vigilanza sulle concessionarie autostradali sul sito del ministero delle Infrastrutture. È quella relativa all’anno 2019 ed è uscita nel settembre del 2021.

Questo significa che abbiamo perso (come opinione pubblica) la capacità di verificare l’evoluzione del settore, di avere accesso ai dati relativi al traffico e -soprattutto- ai fatturati di tutti i concessionari, a un cruscotto di tutte le concessioni, che permetteva di tenere sotto controllo, ad esempio, le relative date di scadenza: da quando, dopo le elezioni del settembre 2022, a ottobre dello stesso anno ha giurato come ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, la Relazione non è più stata pubblicata.

Le informazioni relative agli anni 2020 e 2021, quelli peraltro caratterizzati dall’emergenza Covid-19 e dalla relativa importante contrazione di traffico, sarebbero essenziali per affrontare il prossimo futuro con maggiore cognizione, per capire se ha senso davvero investire “sessanta miliardi in quindici anni”, come ha promesso il presidente dell’Associazione italiana società concessionarie autostrade e trafori (Aiscat), Diego Cattoni, nel corso dell’ultima assemblea dei soci, che sono appunto i concessionari autostradali. All’assise in particolare aveva preso parte il ministro Matteo Salvini, che -secondo quanto riporta un comunicato di Aiscat- avrebbe così riassunto il nuovo rapporto con quell’associazione e le concessionarie autostradali: “Io mi fido dei privati, considerate il ministero casa vostra”.

Con Salvini siamo tornati indietro di almeno dieci anni, allo Sblocca-Italia di Matteo Renzi. Con lui alla guida del ministero, si è tornati a dare impulso all’Autostrada Pedemontana Lombarda, salutata dal segretario della Lega come “un’opera di grande importanza per tutta Italia in generale e per la Lombardia e il Nord in particolare”. Nella realtà, la Pedemontana è un gigantesco buco nero, che avrebbe dovuto essere pronta per l’Expo del 2015 e invece ancora non c’è. Un’infrastruttura che costerà oltre quattro miliardi di euro e che ha “sballato” i bilanci della Milano-Serravalle, tanto che oggi il primo azionista della società che la sta costruendo è la Regione Lombardia, che è anche l’ente concedente. Un modello bruttissimo di relazione tra concessionario e concedente, che non scalfisce in alcun modo il credo di Matteo Salvini, ancorato a una visione della mobilità del Novecento: “Sono determinato nel volere un’Italia capace di correre e di piegare i troppi ‘No’ che hanno rallentato o bloccato opere strategiche di importanza fondamentale. Per troppo tempo il tessuto industriale e manifatturiero italiano è stato penalizzato da una viabilità non all’altezza delle necessità commerciali e logistiche delle Pmi. Aprire e sbloccare l’Italia vuol dire anche questo”.

Nel 2019 i ricavi netti da pedaggio avevano raggiunto la cifra record di 6,13 miliardi di euro, mentre tra il 2009 e il 2019 i concessionari hanno cumulato utili per circa 12 miliardi di euro.

Nel marzo del 2012 dedicammo la copertina di Altreconomia alle nuove autostrade, chiedendoci però se erano utili per davvero. Erano 32 quelle in progetto o in costruzione. Tra le tante c’era la Tirreno-Brennero (Tibre), il prolungamento dell’A15 da Parma fino all’A22, a Reggiolo. In undici anni ne sono stati costruiti una dozzina di chilometri, per un investimento di mezzo miliardo di euro. Doveva essere inaugurata nell’autunno del 2022, poi nell’autunno di quest’anno, ma –lo abbiamo anticipato su Altreconomia di ottobre 2023– l’autostrada che finisce nei campi potrebbe anche restare chiusa, almeno finché non verranno sbloccati i lavori del secondo lotto, come richiesto con una lettera a quattro mani dagli assessori regionali alle Infrastrutture di Lombardia ed Emilia-Romagna.

Claudia Maria Terzi (Lombardia) e Andrea Corsini (Emilia-Romagna) hanno inviato a Salvini la richiesta di una conferma “della volontà di realizzare il prolungamento del[la] Tibre insieme alla copertura economica necessaria per garantirne il completamento”. “Un’infrastruttura necessaria non solo per i territori interessati ma per il Paese e come ponte verso il Nord Europa”, ha spiegato Corsini. Una lettera inviata il primo novembre, a pochi giorni dalla pubblicazione del nuovo Rapporto sul consumo di suolo curato dall’Ispra, che ha evidenziato come le grandi infrastrutture abbiano rappresentato l’8,4% del consumo totale di suolo nel 2022 (595 ettari in più), “prevalentemente concentrate nel Nord”. La Lombardia “verde” (con il 12,16%, quasi cinque punti percentuali in più rispetto alla media nazionale) è ovviamente la Regione più impermeabilizzata del Paese, mentre l’Emilia-Romagna “rossa” (8,89%) è saldamente quarta ed evidentemente rincorre la Campania per salire sul podio: l’asfalto non ha colore.

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