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Diritti / Inchiesta

Anche minori e migranti “vulnerabili” in Albania: gli atti che smentiscono il governo

Un momento dello sbarco ad Ortona del 15 novembre 2021 © Jérémie Lusseau, Sos Mediterranee

Dagli atti della gara indetta dalla prefettura di Roma per la gestione dei centri di trattenimento in Albania emerge che anche minori e vulnerabili, come donne vittime di tratta, potrebbero finire nelle strutture. Il governo aveva assicurato il contrario. “Un aspetto grave e inaccettabile”, spiega l’avvocata Giulia Crescini di Asgi. Da pochi giorni è iniziato il contratto con la cooperativa Medihospes che ha vinto l’appalto

Anche minori e vulnerabili saranno trattenuti in Albania nei centri di detenzione pagati dal governo italiano, contrariamente a quanto assicurato pubblicamente dall’esecutivo. È quanto emerge dall’analisi della documentazione di gara bandita dalla prefettura di Roma. “Questo accordo e questa possibilità non riguarda i minori, le donne in gravidanza e gli altri soggetti vulnerabili”, aveva detto la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, il 6 novembre scorso. Parole smentite dagli atti pubblicati dalla prefettura di Roma che ha richiesto al futuro ente gestore delle strutture, la cooperativa Medihospes, di predisporre specifiche attività proprie per i minori. “Un aspetto grave e inaccettabile”, osserva l’avvocata Giulia Crescini, socia dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).

Andiamo con ordine. L’ufficio del Viminale il 22 marzo di quest’anno ha indetto la gara da oltre 133 milioni di euro per la gestione delle tre strutture sul territorio albanese di Shenjin e Gjader: due hotspot, ovvero i centri di identificazione che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine.

Nei documenti di gara la prefettura chiede espressamente ai partecipanti alla procedura negoziata di prevedere “progetti di concreta attuazione -analiticamente descritti e dettagliati in tutte le fasi e modalità- per la gestione del tempo libero dei minori” così come per “l’organizzazione dei servizi rivolti alle misure di sostegno nei confronti delle situazioni vulnerabili e di riabilitazione delle vittime di tortura o di situazioni di grave violenza”. Ancora. L’organizzazione dei servizi richiesti “è improntata al pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona” e della “presenza di situazioni di vulnerabilità e dell’unità dei nuclei familiari composti da parenti entro il primo grado”.

Un’ulteriore conferma dell’apertura al trasferimento in Albania dei minori è arrivata il 7 maggio, con l’aggiudicazione della gara a favore di Medihospes. Una vittoria in solitaria: le altre due contendenti, Consorzio Hera e Officine sociali, al centro della nostra inchiesta “Cpr fuori controllo”, si sono infatti tirate indietro senza partecipare alla seconda fase della procedura di gara. Medihospes si è aggiudicata l’appalto anche per le attività previste per i vulnerabili. Tra l’altro con riferimento a quelle dedicate ai minori, la media dei punteggi assegnati dai funzionari della prefettura di Roma fa riflettere. Lo 0,30 significa “parzialmente adeguato” mentre lo 0,60 “sufficiente”: Medihospes si è vista assegnare lo 0,53 rispetto alle attività. Un commissario ha valutato la proposta addirittura “parzialmente adeguata”. Un paradosso anche considerato che tra i criteri per dare i punteggi si segnala che con “fattibilità del progetto” si intende “attinenza delle attività progettuali alle peculiarità della struttura e delle modalità di accoglienza”.

“La valutazione della domanda di asilo con procedura di frontiera con il conseguente trattenimento è senz’altro preclusa per i minori anche non accompagnati e per tutte le donne -riprende l’avvocata Crescini-. Neanche può dirsi che un accertamento possa essere effettuato in seguito per le donne vittime di tratta, considerato che le donne non possono mai essere portate in Albania”. L’appalto sembra contraddire anche la posizione espressa dal viceministro del ministero degli Esteri, Edmondo Cirielli, che il 15 gennaio di quest’anno, intervenendo alla Camera dei deputati, aveva voluto specificare che proprio per “escludere che coloro che presentino vulnerabilità siano condotti in Albania” l’attività di identificazione sarebbe stata già svolta nelle fasi “immediatamente successive” al soccorso dei naufraghi. Un’impostazione che, sottolineava sempre Cirielli, sarebbe stata “avallata” anche dalla Commissione europea che ha condiviso “l’idea di anticipare lo screening in modo da escludere di portare sul territorio albanese migranti immediatamente individuabili come vulnerabili”.

Profonde preoccupazioni su questo aspetto, tra l’altro, sono state sollevate anche dall’Unhcr, secondo il quale “effettuare lo screening a bordo delle imbarcazioni in alto mare comporterebbe gravi rischi per i migranti/richiedenti asilo e per gli operatori coinvolti, nonché limiti pratici, tra cui la necessità di personale specializzato a bordo (ad esempio con competenze mediche e/o di interpretariato) e di sistemi adeguati”. Inoltre non sembra tenere la giustificazione della previsione delle attività per i minori nel caso in cui qualcuno venga identificato come tale solo una volta in Albania. “In caso di dubbio i minori vanno immediatamente trasferiti in Italia”, ammonisce Crescini.

Il 20 maggio è iniziato il contratto. Medihospes diventa così ufficialmente il titolare dell’attività di gestione delle strutture. Quella cooperativa guidata fino a pochi giorni fa da Camillo Aceto, più volte finito sotto indagine da parte della magistratura negli ultimi vent’anni, dalla gestione del Cara di Mineo fino all’inchiesta “Mafia capitale”. Il quotidiano abruzzese Il centro ha dato notizia che Aceto e Luigi Grimaldi, componente del consiglio di amministrazione di Medihospes, avrebbero ricevuto un avviso di conclusione delle indagini preliminari con l’accusa di “turbata libertà degli incanti”. La procura di Chieti sostiene infatti che Medihospes e Anteo, cooperativa con sede a Biella, avrebbero schermato la partecipazione a una gara pubblica da 11 milioni di euro della cooperativa La Rondine, allora destinataria di un’interdizione, per la gestione delle residenze psichiatriche extraospedaliere (di cui abbiamo scritto qui). In cambio del “subappalto di parte dei servizi in favore della Odv Croce Fentana, comunque riconducibile ai medesimi soggetti de ‘La Rondine’”.

Al di là dell’avvio del contratto, non è chiaro quando entreranno in funzione le strutture in Albania. La prefettura di Roma ha scelto la via della procedura negoziata, una forma “semplificata” di gara pubblica per “ragioni di estrema urgenza”.

Mercoledì 22 maggio alle 11 presenteremo l’inchiesta “Cpr fuori controllo” al Senato della Repubblica alla Sala Caduti di Nassirya. Informazioni e iscrizioni qui.

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