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Diritti / Reportage

Al Monginevro centinaia di maraudeurs chiedono la fine dei controlli sulla rotta alpina

I partecipanti alla Grand Maraude Solidaire davanti alla stazione di polizia della Paf, la polizia francese che controlla il confine © Luca Rondi

Sabato 18 marzo i soccorritori di montagna francese, insieme a politici e cittadini comuni dei due versanti del confine, si sono riuniti di fronte alla stazione di polizia della Paf nella prima cittadina in territorio francese per rivendicare il diritto di movimento per rifugiati e richiedenti asilo che quotidianamente vengono respinti

Gli oltre 250 manifestanti camminano controcorrente muovendosi dal centro di Monginevro (prima cittadina francese al di là del confine) verso Claviere (ultima cittadina italiana nell’alta Val Susa), un centinaio di chilometri a Nord di Torino. Sfilano davanti alla stazione della polizia di frontiera francese (Paf) e sventolano uno striscione con la frase “libertà di movimento” scritta in diverse lingue. Ricordano, prima di ogni cosa, la “lingua dei diritti umani” che ogni giorno, lungo il confine italo-francese, viene calpestata e rinnegata: circa 11mila persone all’anno vengono respinte e, spesso, il trattamento riservato agli exilés -gli esuli- è tutt’altro che rispettoso. I partecipanti alzano cartelli con stralci di storie dei soprusi da loro subiti. È la sera di sabato 18 marzo 2023 e la quinta edizione della “Grande maraude solidaire” richiama uomini e donne da entrambi i versanti della frontiera. “È fantastico che ci siano così tante persone a testimoniare e sostenere l’azione dei maraudeurs -racconta Jean-Luc Pesle, portavoce di Médecins du Monde-. Spesso lavoriamo separatamente perché il confine ci divide, raramente ci ritroviamo insieme ma oggi sentire che siamo un vero gruppo, da una parte e all’altra del versante è essenziale”

La maraude è attiva fin dal 2018 con l’obiettivo di “raccogliere” i dispersi -questo il significato del termine in francese, solitamente riferito alla razzia di frutti nei campi- e limitare, il più possibile, le conseguenze di traversate rese ancor più pericolose dalla massiccia presenza della polizia. Oltre 150 agenti, di media, che si muovono a piedi e con le motoslitte.

L’attraversamento di notte, al freddo, l’hanno sperimentato nella tarda serata di sabato anche le centinaia di maraudeurs “improvvisati” che, dopo aver concluso la manifestazione, divisi in gruppi, hanno pattugliato la zona confinaria tra Claviere e Monginevro per soccorrere eventuali persone in difficoltà. A lato della strada asfaltata, il “sentiero basso” percorso dalle persone in transito corre lungo la pista di sci: un gatto delle nevi che sta finendo la preparazione per la giornata sciistica del giorno successivo rompe il buio notturno. La temperatura è sotto lo zero nonostante sia già metà marzo: l’attraversamento dura circa sei ore e restare così a lungo a temperature simili, soprattutto d’inverno, espone le persone al rischio di ipotermia.

“Quando nel marzo 2016 a un giovane originario del Mali sono stati amputati entrambi i piedi, i ‘professionisti della montagna’ delle cittadine di confine francesi, guide alpine e accompagnatori, hanno deciso che non era possibile che episodi come questo si ripetessero di nuovo e hanno cominciato a presidiare le montagne”, spiega l’attivista Pâquerette Forest della Ong Tous Migrants che si occupa di sostegno e supporto alle persone in transito sul confine.

Oltre 250 persone hanno preso parte alla manifestazione che si è svolta sabato 17 marzo al Monginevro, sul confine italo-francese

Il 2016 è il primo anno in cui il governo francese ripristina i controlli al confine a seguito dell’attacco terroristico del Bataclan del 13 novembre 2015. E il transito di persone lungo la rotta alpina aumenta soprattutto attraverso il Colle della Scala a oltre 1.700 metri di altitudine. “Nel gennaio 2018 è caduta molta neve e quel percorso è diventato molto più pericoloso e le persone hanno cominciato ad arrivare attraverso il Monginevro e di conseguenza anche i maraudeurs hanno cambiato il loro raggio d’azione”, continua Forest.

Nel 2019, poi, Médecins du Monde, la storica Ong francese che dal 1980 garantisce cure mediche di emergenza in tutto il mondo, con oltre quattromila volontari attivi, decide di aderire all’attività di soccorso. “La presenza di un medico nel gruppo è molto importante per fare una diagnosi e valutare che cosa è meglio fare -riprende Jean-Luc Pesle-. Svolgiamo la nostra attività anche con una macchina che ci permette di mettere al sicuro la persona una volta soccorsa: l’abitacolo diventa un luogo inattaccabile, sicuro, su cui la polizia non può intervenire”.

La presenza dei medici, infatti, rende l’attività più sicura anche dal punto di vista legale perché qualifica l’attività come umanitaria differenziandosi dal favoreggiamento degli attraversamenti “irregolari” della frontiera, reato per cui diversi maraudeurs (non medici) sono stati denunciati negli ultimi anni. “Ma questo non toglie che quello che facciamo è giusto -sottolinea Forest-. All’inizio tutto si svolgeva il più possibile in segreto ma da quando Médecins du Monde è entrata a far parte del gruppo abbiamo dichiarato la nostra attività sia in prefettura sia in questura. Perché bisogna nascondere il fatto che aiutiamo persone in difficoltà?”.

La “Grande maraude solidaire” arriva in un momento critico da entrambi i versanti della frontiera. A seguito della strage di Steccato di Cutro (Crotone), costata la vita ad almeno 85 persone, di cui 35 minori, il Governo Meloni ha varato il nuovo decreto sull’immigrazione che, tra le altre previsioni, stringerà le maglie sulla possibilità di accedere ad alcune forme di regolarizzazione (lo abbiamo spiegato qui). Ma anche in Francia, il Parlamento comincerà entro fine marzo la discussione del testo di legge “Controllare l’immigrazione e migliorare l’integrazione” a firma del ministro dell’Interno Gérald Darmanin adottato dal Consiglio dei ministri d’Oltralpe a inizio febbraio 2023. Un testo molto problematico secondo attivisti, avvocati ed esponenti dei partiti di opposizioni che arriva in un momento delicato in cui le proteste di piazza hanno fatto “traballare” la leadership del presidente Emmanuel Macron.

La “razionalizzazione” delle procedure relative all’asilo e alle espulsioni “in nome di una certa idea di efficienza è la nostra principale preoccupazione”, scrive Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafé.org). “Una legge scellerata -spiega Marie Pochon, parte dell’Assemblea nazionale dal 2022 per Europa Ecologia I Verdi- che mina ulteriormente i diritti dei rifugiati e dei nuovi arrivati: questo succede nonostante la Francia sia già stata condannata per il mancato rispetto del diritto d’asilo anche in termini di accoglienza”.

Pochon ha partecipato alla manifestazione di sabato. “Era molto importante esserci -continua- perché quello che si verifica quotidianamente su questo confine dimostra l’approccio illegittimo, immorale e inefficace delle politiche migratorie che stiamo adottando. Si spendono milioni di euro per mantenere dei controlli che non dovrebbero neanche esistere secondo il sistema Schengen”. La Francia, infatti, come raccontato anche su Altreconomia, continua a mantenerli attivi senza una solida “base giuridica”. “È una deroga al diritto europeo: si utilizza il pretesto del terrorismo per presidiare i confini. Quello che invece qui davanti alla Paf chiediamo è il rispetto della libertà di movimento, di quell’articolo 13 della Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo che vogliamo che venga rispettato”, conclude Pochon. Era presente alla manifestazione anche l’eurodeputata Gwendoline Delbos-Corfield sempre dei Verdi.

Anche da Oulx sono salite al confine decine di persone per unirsi alla marcia che chiede la fine dei controlli su quella frontiera che negli ultimi anni è costata la vita a diverse persone. I loro nomi sono stati letti durante gli interventi proprio di fronte alla sede della gendarmeria francese, così come le vessazioni che ogni giorno uomini, donne e famiglie subiscono durante le operazioni di respingimento. “La frontiera solitamente separa ma in questo caso ci unisce -spiega Piero Gorza-. Tanta gente diversa accomunata da una ricerca di umanità per rispondere agli orrori che passano davanti agli occhi ricordando che si deve salvare in mare così come in montagna e i maraudeurs sono parte di questo discorso. Manifestiamo per vergognarci un po’ meno della nostra Europa, per guardarci allo specchio. Ma anche per sorridere un po’: ci sono un’Italia e un’Europa bella in cui ci si può riconoscere”.

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