Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Attualità

Ad Atene la protesta dei migranti contro lo sgombero del campo di Eleonas

© Erasmo Sossich

Inaugurato nel 2015, avrebbe dovuto essere un centro d’accoglienza temporaneo dove oggi vivono più di mille persone. Le autorità elleniche vogliono chiuderlo per avviare un progetto di riqualificazione urbana nel quartiere ma gli abitanti si oppongono al trasferimento forzato in campi di confinamento lontani dalla città e dai servizi essenziali

Musica, canti e lo sbattere di pentole e altri oggetti per scandire gli slogan contro le deportazioni e la chiusura della struttura dove vivono da anni. Si è aperta così, il 23 giugno, la seconda giornata di protesta organizzata davanti ai cancelli del campo profughi di Eleonas, l’ultimo rimasto all’interno della città di Atene, e dove vive circa un migliaio di persone, tra cui molti bambini e ragazzi. La struttura, aperta nel 2015, si trova nel quartiere di Votanikos, a poche centinaia di metri dal campus dell’Università di Agraria. Il suo sgombero era stato annunciato da anni e nella mattinata di mercoledì 22 giugno era previsto il trasferimento forzato della popolazione: a questo scopo, le autorità avevano fatto arrivare sul luogo gli autobus per il trasferimento dei migranti verso altre strutture (in particolare quelle di Scist, Ritsona e Malakasa), più lontane della città.

Una decisione a cui gli abitanti di Eleonas si sono opposti con forza e (almeno per ora) con successo: gli autobus hanno lasciato le strade del quartiere senza nessuno a bordo. “I migranti che vivono qui non vogliono lasciare Eleonas perché qui hanno accesso ai servizi essenziali, compresi quelli sanitari. Qui i loro figli hanno la possibilità di andare all’asilo o di frequentare la scuola; possono cercare lavoro, hanno modo di incontrare altre persone e costruire relazioni, vivere una vita sociale -spiega Erasmo Sossich, ricercatore italiano che vive ad Atene e segue da vicino la protesta-. Una volta trasferite nei campi di confinamento in aperta campagna, lontano dalle città e privi dei servizi essenziali perderebbero tutto questo”.

La chiusura del campo profughi e il trasferimento dei suoi abitanti è stato pianificato dalle istituzioni per lasciare spazio a un ampio progetto di “riqualificazione urbana” del quartiere che prevede, tra le altre cose, la costruzione del nuovo stadio del Panathīnaïkos. Ma secondo Sossich l’intero intervento va inserito “all’interno di una più ampia gestione politica delle migrazioni che punta a rendere invisibili le persone. Ed è un processo che va avanti da anni -spiega-. I campi che si trovano nelle città o vicino ai centri urbani sono stati progressivamente chiusi e le persone migranti sono state costrette a rimanere sulle isole. E anche quando vengono trasferite sulla terraferma, i luoghi a cui sono destinati sono strutture isolate, in aperta campagna, in luoghi dove non hanno la possibilità di accedere ai servizi più basilari”.

Secondo i dati dell’European council on refugees and exiles (Ecre) a dicembre 2020 in Grecia erano presenti 32 campi profughi, la maggior parte dei quali creati nel biennio 2015-2016 come centri di accoglienza temporanea. In seguito al continuo calo degli arrivi, nel 2021 (circa il 42% in meno rispetto al 2020) il loro numero è stato ridotto a 25. Eleonas è uno di questi: secondo quanto ricostruito dal sito “Refugees support aegean” è stato aperto nel 2015 ed è stato il primo centro d’accoglienza temporaneo per richiedenti asilo sulla Grecia continentale. Sempre secondo le stime dell’associazione, che cita i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel settembre 2018 all’interno della struttura erano presenti più di 1.400 persone a fronte di una capienza di 700 posti distribuiti all’interno di circa 300 container. In quel periodo le persone che abitavano nel campo erano soprattutto cittadini afghani (il 37% secondo le rilevazioni dell’Unhcr) e siriani (il 31%), ma anche iraniani e iracheni. Ma ci sono anche persone provenienti da altri Paesi del Medio Oriente e dall’Africa. A giugno 2021 secondo le stime di Ecre il numero di persone accolte a Eleonas, “un tempo considerata una struttura modello”, ha toccato quota 3mila a seguito dei trasferimenti di migranti dalle isole che hanno trasformato la struttura “in un nuovo, affollato, hotspot”.

Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni sarebbero più di 16mila le persone che vivono nei campi in tutta la Grecia: un numero che comprende sia quanti sono ancora in attesa di vedere valutata la propria richiesta di asilo, sia quanti hanno già ricevuto una risposta (positiva o meno). Le condizioni di vita in questi centri sono molto difficili e, alle molte lacune denunciate nel corso degli anni da parte di associazioni per i diritti umani, negli ultimi mesi si è sommato anche lo spettro della fame. “Al 40% delle persone che vivono nei campi profughi greci viene negato il cibo, a seguito della decisione del governo greco di interrompere le forniture alimentari a coloro che hanno già completato l’iter per la valutazione delle domande d’asilo”, aveva denunciato a gennaio 2022 l’International rescue committee. Secondo quanto denunciato dalla Ong i contratti di fornitura siglati dal governo ellenico permettevano di sfamare circa 10mila persone: solo coloro che erano in attesa della valutazione della propria domanda d’asilo, escludendo tutti gli altri.


© riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.


© 2024 Altra Economia soc. coop. impresa sociale Tutti i diritti riservati