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Economia / Inchiesta

Acque minerali, un valore per pochi. Inchiesta sui canoni delle aziende

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Il business delle acque in bottiglie garantisce ancora enormi profitti ai privati e somme irrisorie alle Regioni. Per lo sfruttamento delle sorgenti, infatti, le società -anche multinazionali- versano pochissimo. Lo confermano i dati inediti sul 2020

Tratto da Altreconomia 244 — Gennaio 2022

L’anomalia tutta italiana delle acque minerali in bottiglia continua: le aziende non hanno smesso di versare canoni molto bassi alle Regioni per lo sfruttamento delle sorgenti. A più di tre anni di distanza dalla pubblicazione da parte del ministero dell’Economia delle ultime statistiche sul tema (relative al 2015), Altreconomia ha “rifatto i conti” e ottenuto dalle Regioni i dati relativi alla quantità di acqua emunta o imbottigliata e all’importo del canone versato dalle aziende.

Nel 2020 sono stati emunti circa 17,9 miliardi di litri d’acqua, mentre i canoni corrisposti alle Regioni ammontano a poco meno di 18,8 milioni di euro. In entrambi i casi, tuttavia, i dati sono parziali: non tutte gli enti regionali ci hanno inviato i dati completi. La Sicilia non ha fornito nessun dato relativo al 2020 mentre il Piemonte ha comunicato solo quelli relativi ai canoni incassati. In altri casi ancora -Provincia autonoma di Bolzano, Marche, Lazio- gli importi dei canoni versati non sono completi. Tuttavia, dove Altreconomia ha avuto accesso a dati completi è evidente un trend che conferma quanto denunciato in passato da Legambiente o fatto rilevare dal ministero dell’Economia: le aziende pagano pochissimo la materia prima che sta alla base della loro attività. Nel 2020 le imprese che operano in Lombardia (tra cui Spumador Spa, Ferrarelle Spa, Sanpellegrino Spa) hanno imbottigliato 3,6 miliardi di litri d’acqua versando circa 4,6 milioni di euro: appena 0,0013 euro al litro. In Valle d’Aosta, l’unico concessionario (Sorgenti Monte Bianco Spa) ha versato un canone complessivo di poco superiore a 237mila euro a fronte di 247 milioni di litri d’acqua emunti: 0,0010 euro al litro.

Le aziende che operano in Umbria (tra cui Rocchetta Spa e Acque Minerali d’Italia Spa che qui imbottiglia Sangemini) hanno pagato mediamente 0,0011 euro al litro. “Se pensiamo che quella stessa acqua, una volta imbottigliata e distribuita, viene venduta tra i 20 centesimi e i due euro al litro è evidente quello che Legambiente denuncia da anni come l’anomalia tutta italiana dell’acqua in bottiglia -commenta Andrea Minutolo, responsabile scientifico dell’associazione-. Un litro d’acqua viene pagato dalle aziende nell’ordine dei millesimi di euro. Una cifra quasi virtuale”.

Oltre all’analisi dei dati, è interessante rilevare come in due occasioni Mineracqua, la Federazione italiana delle industrie delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente (mineracqua.it), si sia opposta alle richieste di Altreconomia nella parte in cui si chiedeva di conoscere i dati relativi alle singole aziende. La Regione Friuli-Venezia Giulia ha accolto l’opposizione presentata da Mineracqua ritenendo che “la divulgazione dei dati disponibili relativi all’imbottigliato possa pregiudicare gli interessi economici e commerciali di tutte le aziende controinteressate”.

Anche la Regione Piemonte aveva inizialmente accolto la “parziale opposizione” della federazione delle imprese “a nome e per conto delle aziende Alpe Guizza Spa, Fonti Alta Valle del Po Spa, Lauretana Spa, Pontevecchio Srl, Spumador Spa San Bernardo Spa, Pian della Mussa Srl”. Mineracqua ha precisato ad Altreconomia che non è stato possibile ricevere i dati disaggregati perché questi “mettendo in relazione l’emunto con l’imbottigliato e il prezzo che è pubblico, sono rappresentativi dell’efficienza di ciascuna azienda” e questo potrebbe essere usato dai “concorrenti” per conoscere “informazioni riservate e sensibili con il rischio di alterare la libera concorrenza”. Nella sua risposta, Mineracqua ha aggiunto che “la trasmissione dei meri dati quantitativi […] può consentire una lettura distorta del processo produttivo e dare a ciascun operatore una inutile e ingiustificata esposizione mediatica sotto il profilo della gestione della risorsa idrica, laddove il controllo spetta unicamente agli enti preposti”. 

“Stiamo parlando di soggetti privati che hanno in gestione un bene pubblico. La trasparenza sulla gestione è fondamentale e i cittadini hanno il diritto di avere informazioni chiare -replica Andrea Minutolo-. Non ci sono brevetti da tutelare e l’importo del canone è determinato dalla quantità di acqua emunta”. A determinare l’importo che le aziende versano alle Regioni concorrono due fattori: un canone relativo alla superficie di territorio dato in concessione e uno commisurato alla quantità d’acqua emunta o imbottigliata. Ciascuna Regione applica criteri diversi, anche in base al tipo di contenitore utilizzato. La Lombardia, ad esempio, chiede alle aziende il pagamento di “35,87 euro per ettaro o frazione di ettaro, con un minimo comunque non inferiore a 3.586 euro”. Cui si somma il canone di “1,20 euro per ogni metro cubo di acqua imbottigliata in PET e 0,90 euro per ogni metro cubo di acqua imbottigliata in vetro”. 

“Lo Stato e le Regioni potrebbero sfruttare meglio le concessioni per avere più risorse da investire nel miglioramento della rete dell’acqua potabile pubblica” – Andrea Minutolo

Le linee guida approvate dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2006 invitano gli enti locali ad applicare entrambi questi parametri, eppure ancora oggi Sardegna e Puglia prevedono il versamento del solo canone legato alla concessione di suolo pubblico: per la prima ammonta a 41,06 euro per ettaro e per la seconda a 149,50 euro “per ogni ettaro o frazione di ettaro” in concessione. “Lo Stato e le Regioni potrebbero sfruttare meglio le concessioni -sottolinea Minutolo-. Oggi le aziende pagano cifre che oscillano attorno a 1-1,5 euro per metro cubo: portare i canoni a 20 euro al metro cubo, ovvero a 2 centesimi al litro, permetterebbe di avere più risorse da investire. Ad esempio nel miglioramento e nell’efficientamento della rete dell’acqua potabile pubblica. Inoltre bisogna considerare che il cambiamento climatico sta facendo sentire i suoi effetti anche in Italia, con lunghi periodi di siccità. Nelle estati del 2017 e del 2018 ci sono state zone del Paese in cui l’acqua potabile è stata razionata. È paradossale che lo Stato dia in concessione a privati un bene pubblico senza nemmeno farlo fruttare adeguatamente”.

34 I milioni di euro di utile netto di Sanpellegrino Spa nel 2020. In totale sono stati versati 3,4 milioni per la tassa di imbottigliamento sull’acqua 

Se il pubblico raccoglie poco, il privato corre. “L’Italia con i suoi 13,5 miliardi di litri (consumati, ndr) è il nono mercato mondiale, sostenuto da elevati consumi per abitante: 222 litri, secondi al mondo dietro al Messico”, si legge in un rapporto dell’Area Studi Mediobanca dell’aprile 2021. I risultati economici sono importanti: Mediobanca evidenzia come tra il 2017 e il 2019 il settore abbia accumulato utili per 806 milioni “pari in media al 7,3% del fatturato”. Mentre per il 2019 il giro d’affari totale stimato dai produttori è di 2,9 miliardi di euro. Confrontando i bilanci di alcune aziende con i canoni è evidente quanto i margini di profitto siano elevati.

L’ultimo bilancio di Rocchetta Spa certifica al 31 dicembre 2020 ricavi per 56,4 milioni di euro e utili per 1,6 milioni a fronte dei quali, in base ai dati forniti da Regione Umbria, l’azienda ha pagato poco più di 445mila euro per lo sfruttamento delle sorgenti di Gualdo Tadino (PG). In altre parole: per ogni euro speso in canoni, la società ha conseguito ricavi da vendite e prestazioni per 126,8 euro. Mentre Sanpellegrino Spa -con sede a Bergamo e controllata da Nestlé- per imbottigliare l’omonima acqua frizzante, Levissima e Acqua Panna versa nelle casse di Lombardia e Toscana poco più di 2,3 milioni di euro. Complessivamente, il bilancio di Sanpellegrino (che in Italia commercializza diverse bibite e l’acqua francese Perrier) mostra nell’esercizio 2020 ricavi per oltre 836 milioni di euro (in calo rispetto al 904 milioni del 2019) e un utile netto di 34 milioni di euro a fronte di 3,4 milioni versati per “Tassa imbottigliamento sull’acqua”. Una spesa che a bilancio l’azienda ha inserito tra i “Costi di marketing e amministrativi” e che rappresenta solo una frazione rispetto alla spesa sostenuta per “Costi di marketing-Media, radio, stampa” (23 milioni di euro) e “Costi promozionali e di comunicazione” (17,5 milioni). Persino il costo delle ricerche di mercato (3,6 milioni) è superiore a quanto pagato da Sanpellegrino per lo sfruttamento delle fonti. 

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