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Diritti / Attualità

Il diritto di essere accolti, nonostante il “decreto Salvini”

Le prefetture, contrariamente a quanto avvenuto dall’entrata in vigore del provvedimento del Governo, non possono negare l’accoglienza ai titolari della protezione umanitaria. Un’importante sentenza del TAR Basilicata “chiude il cerchio” sulla irretroattività della norma. Mentre il Viminale diffonde dati sballati sugli esiti delle domande di protezione

Con un’importante sentenza del 6 marzo 2019, il Tribunale amministrativo regionale per la Basilicata (Sezione prima, presidente Caruso) ha contribuito a “chiudere il cerchio” a proposito degli effetti sull’accoglienza del cosiddetto “decreto Salvini” (DL 113/2018). Quel che emerge dalla decisione del Tar è che le prefetture italiane (Matera nel caso di specie), contrariamente a quanto accaduto in tutto il Paese a seguito della recente stretta governativa, non possono negare o revocare l’accoglienza ai titolari di protezione umanitaria che avevano diritto a beneficiarne già prima dell’entrata in vigore del provvedimento, ovvero prima del 5 ottobre 2018.

A poche settimane dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha riconosciuto come l’abrogazione del permesso per motivi umanitari voluta dal governo riguardi solamente coloro che hanno fatto domanda di asilo dopo l’entrata in vigore del decreto, il Tar Basilicata ha quindi fatto chiarezza sulla irretroattività del “disegno” messo a punto dal Viminale anche sotto il profilo dell’accoglienza. Ed è andato a colpire al cuore il nuovo “sistema”, non più unico e distinto per “fasi”, come in precedenza, ma trasformato in “binario” e separato “in base allo status dei beneficiari” (si veda sul punto il contributo sulla rivista “Diritto, Immigrazione e Cittadinanza”, Fascicolo n. 1/2019). Le questioni giuridicamente rilevanti presenti nella sentenza riguardano sia la pronuncia sulla giurisdizione del Tar quale organo legittimato a decidere in merito alle misure di accoglienza, sia la motivazione a favore del ricorrente basata sulla irretroattività della norma.

Per comprendere il significato della sentenza è necessario riavvolgere il nastro e tornare al marzo 2018, quando al signor Mahdi (nome di fantasia), assistito dinanzi al Tar dall’avvocato Angela Maria Bitonti, è stata riconosciuta la protezione umanitaria dalla commissione territoriale per il diritto d’asilo di Bari.
Sette mesi dopo arriva il “decreto Salvini”, con la citata abrogazione della protezione umanitaria, la trasformazione dello SPRAR in SIPROIMI (per i soli titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non accompagnati) e un assordante silenzio sulle sorti di chi invece fosse titolare di permesso per motivi umanitari e fosse già presente nei centri di prima accoglienza. È la vicenda di Mahdi, il quale nei primi giorni di dicembre 2018, “nel pieno della stagione più fredda”, come ricorda Bitonti, si vede notificare dalla Prefettura di Matera un provvedimento di “cessazione” della misura di accoglienza “fintantoché non avrà “altro tipo di permesso”: quindi, nessuna possibile “prosecuzione” nell’ambito dello SPRAR. È diventato un “escluso”, posto al di fuori del circuito nonostante sia titolare di un “diritto umano fondamentale” (parole del Tar sulla sua situazione giuridica soggettiva).

Assistito da Bitonti, Mahdi fa ricorso al Tar Basilicata nel febbraio 2019 e lo vince. La parte del “decreto Salvini” posta dalla Prefettura di Matera a base della revoca (art. 5, comma 6, D.Lg.vo n. 286/1998, come sostituito dall’art. 1, comma 1, lett. b), n. 2), D.L. n. 113/2018 conv. nella L. n. 132/2018, ndr) -stabilisce il Tribunale- “non può essere applicata nei confronti del ricorrente, perché ha ottenuto il riconoscimento del permesso di soggiorno di carattere umanitario con provvedimento della Commissione territoriale di Bari” del 5 marzo 2018. “A seguito di queste pronunce -spiega l’avvocato Bitonti- ci auguriamo che ove siano state disposte revoche di questa natura dalle prefetture queste possano e debbano ritirarle”. È una soddisfazione a metà quella del legale, forte comunque di questa e di un’altra sentenza “gemella”: “Siamo consapevoli del fatto che non tutti gli esclusi siano stati in grado di fare ricorso al Tar. E quindi va assolutamente interrotta una situazione di potenziale discriminazione tra chi resta in accoglienza e chi invece è stato allontanato. È necessario pertanto che le prefetture si uniformino al principio riconosciuto dal Tar”.

Qualcosa pareva esser già cambiato nell’orientamento delle commissioni territoriali, soprattutto a seguito dei pronunciamenti dei tribunali e da ultimo dalla citata Prima sezione civile della Cassazione sulla “irretroattività” della norma contenuta nel decreto legge 113 che abrogava il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Stando agli esiti delle decisioni sull’asilo del febbraio 2019 inizialmente diffusi dal ministero dell’Interno, infatti, il riconoscimento della protezione umanitaria pareva “ritornato” a livelli precedenti al “decreto Salvini”. Dal 2% del gennaio 2019 veniva dato in risalita. In realtà, il ministero aveva erroneamente ripubblicato quelli del febbraio 2018 cambiando semplicemente l’intestazione del mese (vedasi schermate di seguito). Non c’è stato alcun balzo: i dinieghi sono ancora sopra quota 80% e l’umanitaria inchiodata al 2%.

Decisioni sull’asilo confronto gennaio 2019 – febbraio 2019 – fonte: ministero dell’Interno – dato errato pubblicato inizialmente dal Viminale
Decisioni sull’asilo confronto gennaio 2019 – febbraio 2019 – fonte: ministero dell’Interno – dato corretto pubblicato successivamente dal Viminale

Al netto quindi dell’infortunio ministeriale, Bitonti riporta l’attenzione sull’avviata “strategia di svuotamento dei centri di accoglienza” da parte del Governo. I numeri (questa volta corretti) colpiscono, anche se in parte seguono meccanismi precedenti al “decreto Salvini” e sono in linea con il crollo degli sbarchi. Al 31 gennaio 2019 -dati del ministero dell’Interno- risultano 99.524 persone accolte presso i centri prefettizi (e ben 25.268 posti a disposizione), 4.667 presso i centri di prima accoglienza, 7 negli hotspot e 26.869 “presenti” nel fu sistema SPRAR (con 35.869 posti finanziati). Complessivamente si tratta di una riduzione di quasi un terzo degli accolti rispetto allo stesso periodo del 2018 (-47.221 persone in accoglienza). Non sono ovviamente tutti nelle condizioni del ricorrente Mahdi. Ma è certo che, grazie alle sentenze della Cassazione e del Tar Basilicata, i diritti delle persone come lui, oggi, potrebbero essere meno “esposti” all’errata discrezione delle prefetture.

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