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Finanza / Opinioni

A proposito di “libero mercato” e concorrenza nel mondo dell’Intelligenza artificiale

© boliviainteligente - Unsplash

Il continuo racconto della nuova “rivoluzione tecnologica”, alimentato dalle piattaforme e dai media di proprietà dei fondi Vanguard, BlackRock e State Street, rafforza la bolla, condizionando in profondità l’immaginario dei risparmiatori. La “salvezza”, suggerisce il capitalismo finanziario, starebbe nell’affidarsi ai monopoli. Un pericolo, come dimostra il caso Nvidia. L’analisi di Alessandro Volpi

I principali azionisti di Nvidia, azienda leader nel mercato dell’Intelligenza artificiale, con una quota intorno al 20%, sono Vanguard, BlackRock e State Street. I principali azionisti delle concorrenti Intel e Advanced micro device (Amd) sono Vanguard, BlackRock e State Street con una quota in entrambi i casi vicina al 25%. Tradotto: esiste un monopolio dei tre fondi che diventa ancora più rilevante con partecipazioni non troppo lontane dal 35% se si aggiungono alle Big Three i fondi a cui i tre colossi partecipano.

È evidente che il capitalismo dell’innovazione tecnologica non ammette spazi per il libero mercato. In quest’ottica occorre rilevare anche che la rapidissima e gigantesca crescita del valore azionario di Nvidia sta trascinando l’intero settore delle società, a vario titolo, legate all’intelligenza artificiale. Certamente, si tratta di un ambito strategico ma la velocità fulminea dell’impennata e la costante narrazione della indispensabilità della stessa intelligenza artificiale hanno a che fare anche -o forse soprattutto- con un altro dato.

Le società tech che stanno correndo hanno di nuovo gli stessi azionisti di Nvidia. Guarda caso. Broadcom è posseduta per circa il 20% da Vanguard, BlackRock e State Street, che possiedono una percentuale analoga in Qualcomm e in Amd, mentre stanno entrando in Arm e in Tsm. L’enorme liquidità delle Big Three spinge l’onda dell’intelligenza artificiale, a cui giovano certamente i tanti Etf dedicati, prodotti proprio dai tre super fondi.

Naturalmente il continuo racconto della nuova “rivoluzione tecnologica”, alimentato dalle piattaforme e dai media di proprietà di Vanguard, BlackRock e State Street, rafforza la bolla, condizionando in profondità l’immaginario dei risparmiatori. Il capitalismo finanziario che, come accennato, non ammette concorrenza, ha bisogno di costanti narrazioni dell’assoluta indispensabilità della tecnologia, alimentata da fiumi di liquidità irrorati dai grandi azionisti.

Si tratta di una bolla gigantesca, dunque, sapientemente gestita, per la quale sono funzionali persino enormi perdite di valore azionario. Nvidia ha bruciato ad esempio 500 dei propri 3.300 miliardi di dollari in poche ore, perdendo un valore triplo di quello delle dieci principali banche italiane. Sono state, dicono gli analisti, “prese di beneficio” per monetizzare gli incredibili aumenti delle ultime settimane. Verrebbe però da pensare male: a vendere sono stati i grandi fondi azionisti che devono remunerare la propria sterminata clientela e preparare una nuova fase. In questo modo infatti creano e trasferiscono valore dentro un circuito di cui sono padroni assoluti, mentre per tutti coloro che non sono clienti degli stessi fondi le prese di beneficio significano perdite secche. 

Siamo di fronte a una forma di pedagogia del capitalismo finanziario per cui la “salvezza” consiste nell’affidarsi ai monopoli, arbitri dei destini collettivi: extra ecclesiam nulla salus (Non c’è salvezza fuori dalla Chiesa, ndr), un ritorno al Medioevo, questa volta tragicamente finanziarizzato. È molto probabile poi che gli stessi grandi fondi, aprendo una nuova fase appunto, comprino a prezzi più bassi i titoli che hanno venduto per lanciare una veloce corsa verso l’alto, rianimando acquisti diffusi -e quindi molto funzionali al valore borsistico della società- che l’impennata dei prezzi aveva raffreddato.

In estrema sintesi, le bolle di nuova generazione hanno una regia ben più raffinata di quelle che sono naufragate nel 2008 e possiedono, al contempo, una straordinaria capacità di resistenza, nell’ambito di una vera e propria evoluzione della specie. Nel frattempo i medesimi fondi stanno entrando anche nel fondo di investimento creato dalla Nato per finanziare i progetti di intelligenza artificiale applicata agli armamenti e stanno facendo shopping nelle start-up del settore per evitare, ancora una volta, di avere competitori futuri, pubblici e privati. 

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento

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