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A proposito dell’ingresso di Utilitalia nell’Alleanza contro la povertà energetica

© Anne Nygård - Unsplash

A metà luglio la federazione che riunisce i gestori dei servizi pubblici come acqua, ambiente, energia elettrica e gas, ha annunciato l’ingresso nel network che vuole contrastare il fenomeno della povertà energetica (e che vede tra i propri sostenitori anche Fondazione Snam ed Enel). Per Remo Valsecchi non si tratta di una buona notizia per i consumatori. Ecco perché

Utilitalia, cioè la “federazione che riunisce le aziende speciali operanti nei servizi pubblici dell’acqua, dell’ambiente, dell’energia elettrica e del gas”, ha annunciato a luglio l’ingresso nell’Alleanza contro la povertà energetica. Una notizia per addetti ai lavori che però avrà effetto sulle bollette di luce e gas. È positiva o negativa?

Come detto, Utilitalia riunisce gli operatori nel settore dei servizi di pubblica utilità, ossia i gestori dei servizi pubblici, avente lo scopo di “rappresentanza, promozione e tutela degli interessi (generali e particolari) degli associati nei settori di attività in cui essi operano”, dove per rappresentanza si intende anche la gestione dei rapporti con le istituzioni in nome e per conto degli associati.

È la sintesi della definizione statutaria che si può anche chiamare attività di lobby poiché, pur essendo gli operatori a totale o a maggioranza pubblica, gli interessi da tutelare, sia generali sia particolari, sono quelli degli associati e non della funzione e del perseguimento delle finalità istituzionali, insite nella stessa natura dei servizi pubblici -che sono pubblici perché soddisfano i bisogni essenziali e primari dei cittadini-.

Non è un caso che l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), che si occupa di quasi tutti i servizi pubblici, abbia fissato due criteri per questa regolazione: la “concorrenza per il mercato”, ossia la sostituzione della concorrenza con monopoli o posizioni dominanti vietate dalla legge; la garanzia dell’equilibrio economico finanziario del gestore, criterio incompatibile con il libero mercato, serve la competenza e capacità dell’imprenditore nell’organizzazione dell’impresa.

Le attività di lobby hanno la capacità di trasformare l’innaturale in normalità e anche di garantirlo. Le proposte di Utilitalia per la riforma del servizio idrico, il “patto per l’acqua”, aiutano a capire gli obiettivi. Quello del superamento delle gestioni in economia è oggettivo: era l’obiettivo della Legge Galli del 1994 ed è ancora ampiamente irrealizzato. Ma non è credibile che gli indirizzi di natura politica di un’organizzazione privata con il fine della tutela di interessi privati, anche particolari, possano soddisfare gli interessi e i bisogni generali.

La proposta di Utilitalia ha l’obiettivo di “favorire le aggregazioni tra aziende rafforzando gli attuali assetti anche prevedendo incentivi economici”, il che conferma la finalità del perseguimento di un interesse privato particolare attraverso l’organizzazione dello Stato, che certamente lo deve garantire ma all’interno degli interessi generali.

L’uso stesso del termine di “azienda” e non di “impresa”, che hanno significati sostanzialmente diversi, non è un refuso. Il termine azienda potrebbe sottintendere il trasferimento di tutti i complessi di beni utili per la gestione del servizio, quelli definiti dall’art. 2555 del codice civile, in un’unica organizzazione, l’impresa, organizzata da un unico imprenditore, la società che, avendo per scopo il profitto, art. 2247 del codice civile, diventa la privatizzazione e finanziarizzazione del servizio a beneficio di pochi con maggiori costi per i tanti, gli utenti.

Tutto il resto della proposta, compreso l’obiettivo di investimenti annui di 100 euro per abitante, è un corollario utile per l’inganno dialettico. Perché i 100 euro non sono un regalo del gestore, come vorrebbe la fiaba. Nessuno regala qualcosa e, tantomeno, società private o privatizzate, cioè pubbliche ma gestite in logica privatistica, fatta eccezione per una parte dei profitti che può essere destinata a finalità sociali e culturali con le società benefit che, però, è solo una modalità per consentire la detrazione fiscale delle attività di promozione pubblicitaria.

Gli unici che fanno regali sono gli utenti ai gestori anche se non lo sanno e sono obbligati perché lo stabilisce l’Autorità di regolazione, la citata Arera.

Un amministratore di una società di gestione del servizio idrico, nel corso di un’assemblea soci, ha di recente affermato che “la disciplina fissata da Arera per la gestione del servizio idrico integrato garantisce un quadro sistematico di regolamentazione stabile e prevedibile che rende appetibili e gestibili dalle competenze disponibili alla società siffatte gestioni”. “Appetibilità”, per l’amministratore di una società, è una gestione senza rischi, garantita, assistita e molto redditizia.

Le modalità di gestione dei servizi pubblici aiutano a comprendere quelli che ritengo i reali motivi dell’adesione di Utilitalia all’Alleanza contro la povertà energetica, rete nata dall’idea di Canale Energia, testata specializzata del settore energia e ambiente e “composta da brand ambassador, partner sostenitori e aderenti”.

L’Alleanza ha fatto sapere a metà luglio di aver scritto una lettera aperta al ministero dell’Ambiente: “crediamo che con questa nuova partnership potremo portare avanti con successo il dialogo e la sinergia tra più attori che da sempre operano per contrastare il fenomeno della povertà energetica”, ha dichiarato Agnese Cecchini, “cofounder” della rete.

Una lettera retorica, se mi posso permettere, che narra tutto e il contrario di tutto e usa la parola “povertà” solo nel tentativo di sensibilizzare e nobilitare l’accordo. Una lettera che individua la povertà delle persone e delle famiglie nella perdita di capacità di risparmio e d’investimento dei redditi medi ormai al limite della vulnerabilità a causa dell’aumento del costo della vita.

Ma l’aumento del costo della vita è stato provocato solo dalla speculazione, senza alcuna altra causa esterna, nemmeno quella della crisi geopolitica, e gli aumenti del costo dell’energia, nel biennio 2022-2023, hanno provocato un’inflazione del 17% che l’incapacità della politica, invece di recuperarla, l’ha peggiorata. Il documento dell’Alleanza non ne parla, l’autocritica non è ammessa quando in discussione sono gli interessi economici privati particolari.

La preoccupazione maggiore, però, è il cinismo dell’economia, quella figlia delle teorie liberiste che negli ultimi 30 anni hanno imperato grazie all’acquiescenza della politica. Come definire, se non cinismo, la preoccupazione per i redditi medi, se il 70% degli italiani ha redditi inferiori a quelli medi e il 25% vive sotto la soglia di povertà assoluta o relativa?

Da notare poi come tra i “sostenitori” all’alleanza, attualmente, vi siano anche la Fondazione Snam ed Enel, cioè la società a controllo pubblico di erogazione di servizi energetici sanzionata dall’Antitrust per pratiche commerciali aggressive, cioè scorrette, nei confronti dei consumatori e con altri procedimenti a suo carico in corso per la stessa ragione, oltre alla sanzione del Garante della privacy per le gravi carenze nei trattamenti dei dati personali con il telemarketing.

I dubbi sugli intenti, ma non solo, sono inevitabili con la presenza di Enel e l’adesione di Utilitalia, cioè la lobby dei gestori. A ciò si aggiungono le perplessità circa la presenza, quali partner, delle associazioni dei consumatori che dovrebbero essere invece le controparti -e non i “partner”- dei gestori. Un tavolo di confronto è necessario, sia chiaro, ma il partenariato, come spiega la Treccani, è la “cooperazione per affrontare specifiche tematiche di interesse comune”. Ma questo non è possibile quando gli interessi sono concorrenti. Se le associazioni dei consumatori hanno interessi comuni con le controparti, chi tutela i consumatori?

Remo Valsecchi, già commercialista, è autore del nostro dossier “Carissimo gas” e coautore dell’inchiesta “È arrivata la bolletta” pubblicata su questi temi sul numero di dicembre di Altreconomia

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