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Superstrada Pedemontana Veneta, un fallimento che viene da lontano

Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia © Alessandro Bremec / NurPhoto / Shutterstock / IPA

La Corte dei conti certifica quasi 50 milioni di euro di disavanzo nei primi mesi di vita dell’infrastruttura. Il “canone di disponibilità” che la Regione Veneto paga a chi ha realizzato l’arteria è superiore ai pedaggi. E il rosso potrebbe arrivare a mezzo miliardo di euro nel tempo utile di vita. La risposta di Zaia è uno sconto per i pendolari. Un film già visto per opere analoghe inaugurate in Italia negli ultimi dieci anni

Nei primi nove mesi di apertura completa della Superstrada Pedemontana Veneta (Spv) -la nuova arteria che collega Montecchio Maggiore (VI) a Spresiano (TV)- la Regione Veneto ha perso quasi 50 milioni di euro.

Tra il primo marzo 2024 e il 30 novembre dello stesso anno, infatti, l’amministrazione regionale ha riconosciuto al gestore dell’infrastruttura, la multinazionale spagnola Sacyr, 140,86 milioni di euro a titolo di “canone di disponibilità”, incassando appena 93,56 milioni di euro di pedaggi. È quanto emerge della “Relazione sullo stato di avanzamento e di esecuzione dei lavori per la realizzazione della Spv”, deliberata e resa pubblica a fine febbraio 2025 dalla Corte dei conti – sezione regionale di controllo per il Veneto, che da alcuni anni sta monitorando l’evoluzione di un progetto che già nel 2016 aveva bocciato senza appello.

L’investimento complessivo per realizzare una strada di meno di cento chilometri è pari a 2,25 miliardi di euro. “Il primo progetto dell’opera -sottolinea la relazione dei magistrati contabili- risale al 1990”. Per vederla inaugurata, invece, ci sono voluti 34 anni: “Il 4 maggio 2024 è stato aperto al traffico il tratto compreso tra l’interconnessione con l’autostrada A4 Milano-Venezia ed il casello di Montecchio Maggiore Sud e, pertanto, solo da tale data sono percorribili tutti i 94,5 chilometri di itinerario dell’infrastruttura da Spresiano (TV) a Montecchio Maggiore (VI), con interconnessione sulle tre autostrade l’A4, l’A31 e l’A27”.

Il payoff di Sacyr (il cui primo azionista è un’azienda di distribuzione carburanti con sede alle Canarie, la Disa Corporación Petrolífera) è “desarrollamos infraestructuras para mejorar la vida de las personas”, ovvero “sviluppiamo infrastrutture per migliorare la vita delle persone”. In questo caso, però, a guadagnare pare solo il concessionario: se nel 2025 il canone di disponibilità è pari a 165,09 milioni di euro, questo è destinato a salire “fino ad arrivare ad euro 435.590.100 nel penultimo anno di gestione ed euro 332.326.672 nell’ultimo anno” spiega la Corte dei conti. Al termine dei 39 anni di gestione, spiega ancora la relazione, il saldo complessivo tra canoni versati al concessionario e incassi da pedaggi sarebbe negativo per quasi mezzo miliardo di euro. Per la precisione, 471 milioni.

Lo Stato italiano e la Regione Veneto, insomma, hanno scelto di proseguire il travagliato iter trentennale di realizzazione di una superstrada che al momento può essere percorsa a 110 chilometri orari (una delle possibili criticità, che la rendono meno attrattiva per il pubblico pagante) e il cui tracciato interessa ben 36 Comuni, pur consapevoli che l’infrastruttura avrebbe rappresentato una perdita netta, in termini economici, per le casse pubbliche.

Tra i dati collegati al progetto, però, ce n’è anche uno che fa riflettere molto, anche alla luce degli eventi estremi che negli ultimi anni hanno colpito sempre di più anche il territorio veneto: il numero degli edifici demoliti per la costruzione della Spv è appena di 42. Questo significa che 8,5 milioni di metri quadrati di aree destinate all’intervento e occupate definitivamente sono state, in prevalenza, aree agricole. Secondo un articolo del 2011 de Il Sole 24 Ore, gli espropri avrebbero interessato 2.800 aziende agricole, sacrificate sull’altare dello sviluppo.

“La Superstrada Pedemontana Veneta è una delle tante opere delle quali abbiamo bisogno per consolidare il nostro impegno allo sviluppo e il ruolo chiave in una economia internazionalizzata delle quale vogliamo essere protagonisti, forti della nostre capacità e del nostro storico ruolo di cerniera tra i popoli. Noi queste opere le vogliamo e dobbiamo fare, perché ragioniamo per le future generazioni”, diceva nel 2011 Luca Zaia, a margine della cerimonia di posa della prima pietra dell’opera.

Zaia è presidente della Regione Veneto da quindici anni e tanti ce ne sono voluti per vedere il cantiere terminato. È lui, oggi, a dover affrontare i problemi legati all’attendibilità del piano del traffico, per aumentare il numero di veicoli che percorrono l’arteria a pedaggio. A dicembre 2024, così, Luca Zaia ha annunciato l’intenzione di applicare “uno sconto sul pedaggio del 60 per cento ai mezzi leggeri che dal lunedì al venerdì percorreranno la Pedemontana. Con il vincolo di massimo due tratte al giorno da 25 chilometri”. La misura è in vigore da lunedì 10 marzo 2025.

Un vero sconto per i pendolari, prassi già usata su tutte le autostrade inaugurate in Italia negli ultimi dieci anni con i bilanci in profondo rosso, come la Pedemontana lombarda e la Brebemi. Una mossa, tuttavia, probabilmente destinata a non cambiare radicalmente lo stato delle cose. Scrive la Corte dei conti non a caso che “tale operazione si ritiene sia quantomeno necessaria, seppur probabilmente non risolutiva”.

Il problema, infatti, è quello evidenziato sul sito della stessa Regione Veneto nell’area delle domande poste di frequente (Faq): “Il concessionario di Pedemontana Veneta incassa circa nove miliardi di euro non solo per la costruzione dell’infrastruttura ma anche per la disponibilità e gestione della stessa fino alla fine della concessione, cioè al 2059”. E se è vero che il canone di disponibilità remunera “la costruzione dell’infrastruttura, il costo del denaro per la realizzazione della stessa, la manutenzione ordinaria e straordinaria dell’infrastruttura durante i 39 anni di esercizio, il servizio di gestione: sicurezza, esazione, vigilanza, sgombero neve, spargimento sale, l’utile d’impresa”, lo è anche che probabilmente questa nuova Superstrada non era davvero tanto attesa né necessaria, in una Regione tagliata da Nord a Sud e da Est a Ovest da tante autostrade.

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