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Crisi climatica / Attualità

A Milano inizia il primo Congresso mondiale per la giustizia climatica

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La manifestazione si terrà dal 12 al 15 ottobre e coinvolgerà oltre 60 organizzazioni e movimenti per il clima provenienti da ogni parte del mondo. Per provare a far sintesi tra le tante anime del movimento ambientalista internazionale e per superare le barriere neocoloniali che in passato hanno tenuto fuori il Sud globale

Dal 12 al 15 ottobre a Milano si svolgerà il primo Congresso mondiale per la giustizia climatica. “Nei chiostri e nelle aule della Statale (Festa del Perdono), alla Camera del Non Lavoro e negli spazi del Leoncavallo, che ospiterà la cena del sabato e l’assemblea plenaria della domenica, con più di 200 delegati da movimenti di tutto il mondo, fra cui Defend Atlanta Forest/Stop Cop City, la campagna Yasunidos contro le trivellazioni vittoriosa in Ecuador, Rise Movement Africa, Friday for future Morocco, Climate Strike Switzerland, Climaximo Portugal, Futuro Vegetal e tanti altri” spiegano gli organizzatori, una rete variopinta di soggetti milanesi ma non solo. L’idea del congresso nasce per provare a far sintesi tra le tante anime del movimento ambientalista internazionale. 

“La crisi climatica ha assunto proporzioni apocalittiche, con fenomeni atmosferici che mettono a rischio l’abitabilità di vaste regioni del Pianeta: l’estate del 2023 verrà ricordata per i 40 gradi di Roma, Parigi e Madrid, gli enormi incendi in Canada e Grecia e il rogo delle Hawaii, i tifoni in Lombardia, le inondazioni della Romagna e della Slovenia, le temperature record dell’Atlantico e la deglaciazione senza precedenti dell’Antartide con la morìa di pinguini imperiali; ovunque dalla Cina al Sudamerica si stanno verificando eventi abnormi, del resto il segretario dell’Onu Guterres dice che siamo entrati nell’era della Grande Ebollizione -ricordano gli organizzatori-. In Italia ancora si fatica a nominare i responsabili di questo stato di cose, vale a dire le grandi multinazionali petrolifere: Shell, Total, Exxon, Bp, Eni. Il World congress for climate justice si propone di costruire l’Internazionale dell’ecologismo radicale insieme ai movimenti autonomi che si oppongono al capitalismo fossile (da Ende Gelaende ai climate camp di Torino e Venezia, da Stop Eacop in Uganda alla rete End Fossil nelle università europee) e ai nuovi movimenti di disobbedienza civile che dal 2018 hanno reso la questione climatica centrale nell’opinione pubblica mondiale, vale a dire i movimenti ispirati da Greta Thunberg (i climate strike di Fridays For Future) e soprattutto da Roger Hallam: Extinction rebellion, Ultima generazione, Scientist rebellion, Just stop oil, Letzte generation”. 

Previste delegazioni dai cinque continenti, e per permettere di raggiungere Milano a tutte e tutti l’assemblea organizzatrice, si sta preoccupando di abbattere le barriere economiche cercando di evitare di replicare “antiche” disattenzioni che hanno portato a colonizzare il pensiero antagonista. L’assemblea dice di aver “ben presente nella mente degli attivisti e delle attiviste del Belgio e di Berlino che hanno concepito il progetto assieme a noi. È per questo che il congresso è nato mondiale con una cospicua quota di delegati e delegate dal Sud globale: Mesoamerica e Sudamerica, Africa Orientale e Occidentale, con contributi anche dall’Asia Meridionale. Il Congresso verrà inaugurato non a caso il 12 ottobre, cui vogliamo dare un preciso e deciso significato decoloniale e postcoloniale: per noi le statue di Cristoforo Colombo è meglio che siano rimosse”. 

Un’altra priorità del congresso è costruire una strategia intersezionale per i movimenti climatici a partire dalle riflessioni del pensiero ecotransfemminista e queer e la solidarietà attiva a migranti e rifugiati climatici (saranno delegati membri dell’equipaggio della Louise Michel ad esempio). Che il World Congress sia a Milano è anche perché “secondo Naomi Klein, proprio nel capoluogo lombardo c’è stato, probabilmente, il più grande climate strike del mondo il 27 settembre 2019. Si tratta di una città che congiunge Sud e Nord Europa, unisce le calamità siccitosa e le precipitazioni devastanti del nuovo sistema climatico post-catastrofico. Milano ha una grande tradizione di movimenti studenteschi e centri sociali e sono questi che per primi hanno risposto alla chiamata per il Congresso, vale a dire il collettivo Ecologia Politica della Statale per un autonomismo verde e la rete degli spazi sociali milanesi, soprattutto Piano Terra e Torchiera, ma anche Rimake, Zam, il Cantiere e la Fornace”.

Attivisti e attiviste sono molto decisi, dicono “vogliamo fare la rivoluzione, ossia rovesciare la lobby fossile che ha in ostaggio il processo democratico e sta grigliando il Pianeta. Per farlo proponiamo di realizzare mediante il congresso una convergenza strategica fra diverse tradizioni di pensiero e di prassi che costruisca il fronte radicale del movimento ecologista mondiale: la sfida è di creare e fare cose insieme che raggiungano la scala necessaria per reagire alla repressione contro il climattivismo e rendere petrolio, gas e carbone e chi vi si arricchisce tristi ricordi di una fase buia della storia umana caratterizzata da ineguaglianza e privilegio, guerra e distruzione”. 

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