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A Milano arriva “Sfashion weekend”, il festival sui lati oscuri della moda

Dal 21 al 23 febbraio, in concomitanza con la fashion week, si discuterà attraverso talk e laboratori di uno dei settori che più incide, negativamente, sulla giustizia sociale e climatica. L’obiettivo è dare ai giovani strumenti di azione concreti
Come vestirsi in un Pianeta che sta morendo? Questa è la domanda per nulla retorica che sta attraversando in maniera sempre più dirimente il dibattito delle reti della società civile internazionale che da decenni si battono per ridurre gli impatti dell’industria tessile sulla società e sull’ambiente, come la Clean clothes campaign.
Il punto è questo: disponiamo ormai di una mole crescente di dati sugli effetti negativi della produzione tessile su lavoratrici e lavoratori, comunità, clima e biodiversità. Ma come si fa questa transizione verso una moda davvero giusta e compatibile con i limiti della Terra? La strada imboccata dall’industria, almeno sul piano degli intenti, è corretta?
Si produce troppo, sempre più velocemente, stressando catene di fornitura globali progettate per drenare risorse a basso costo, alterando e depauperando gli ecosistemi terrestri, l’uso di acqua dolce, i cicli di azoto e fosforo e il lavoro umano, ridotto a merce priva di diritti e senza voce in capitolo, sfruttato, precario, insicuro.
Si consuma troppo e per poco tempo, alimentando una produzione fuori controllo di rifiuti non riciclabili, che devastano interi territori e trainano un modello di produzione lineare sordo ai limiti imposti dai confini planetari. Anche grazie al lavoro costante e minuzioso di denuncia e informazione delle attiviste e degli attivisti, dei sindacati e degli esperti, parole come sostenibilità, transizione, economia circolare oggi popolano la comunicazione e l’intenzione dei diversi attori in gioco, anche se notevoli sono le insidie poste dalle diffuse pratiche di green e social washing che le imprese adottano ingannando l’opinione pubblica.
“Si consuma troppo e per poco tempo, alimentando una produzione fuori controllo di rifiuti non riciclabili, che devastano interi territori e trainano un modello di produzione lineare”
Di questo si parlerà allo “Sfashion weekend”, il primo festival in Italia dedicato a esplorare i lati nascosti della moda e le interconnessioni tra le tematiche sociali, ambientali e culturali. Tre giorni per riflettere sulle distorsioni e le problematiche che affliggono uno dei settori più impattanti a livello globale, ma anche per costruire reti e strategie collettive di attivazione per cambiare il sistema, a partire dall’ordine del discorso. Organizzato da Fair e dalla campagna Abiti Puliti, in collaborazione con numerose organizzazioni della società civile italiana (Altreconomia è media partner), lo “Sfashion weekend” si terrà dal 21 al 23 febbraio nella splendida cornice urbana rigenerata di “mosso”, proprio e non a caso nei giorni della fashion week milanese.
Solo l’1% degli abiti vengono riciclati. Lo “Sfashion weekend” sarà il primo di una serie di appuntamenti che nei prossimi mesi costelleranno le realtà della Clean clothes campaign in Italia e nel mondo per favorire un dibattito onesto e orientato all’azione per una transizione ecologica nel tessile
Attraverso una mostra, talk, momenti conviviali e di scambio, il festival intende portare l’attenzione dell’opinione pubblica e degli operatori del settore sulla necessità urgente di affrontare domande complesse, per insidiare la retorica prevalente sulla sostenibilità che vuole “la botte piena e la moglie ubriaca”. Detto altrimenti, lo “Sfashion weekend” sarà il primo di una serie di appuntamenti che nei prossimi mesi costelleranno le realtà della Clean clothes campaign in Italia e nel mondo per favorire un dibattito onesto e orientato all’azione per una transizione ecologica nel tessile, senza timore di mettere in discussione alcuni paradigmi che impediscono nei fatti un cambiamento strutturale, perché considerati immutabili e naturali.

Il primo è quello per cui si può continuare a crescere in maniera sostenibile, secondo la prospettiva della green economy. Il secondo riguarda la possibilità di cambiare il sistema mantenendo inalterate le attuali strutture di potere che governano le catene di fornitura globale. Con l’obiettivo di favorire un avanzamento del dibattito pubblico, si cercherà di rispondere alle domande difficili su che cosa fare e come produrre il cambiamento necessario per un’industria della moda capace di futuro perché compatibile con i limiti di un Pianeta vivo.
Il rapporto di dicembre 2024 “One-Earth fashion” della Ong svizzera Public eye, pubblicato in Italia dalla campagna Abiti Puliti, offre il primo ambizioso tentativo di mettere in pratica soluzioni sistemiche e olistiche frutto del confronto e del lavoro decennale della Clean clothes campaign (di cui Public eye è membro attivo). Il rapporto individua 33 obiettivi concreti per la trasformazione socio-ecologica del settore, mappando e volgendo in positivo le principali aree di crisi, che diventano 12 settori di intervento per una visione di lungo periodo.
Gli obiettivi concreti per la trasformazione socio-ecologica del settore della moda individuati dal rapporto “One-Earth fashion” della Ong Public eye sono 33
I contenuti del rapporto, primo di una serie di ricerche della campagna Abiti Puliti sul tema della giusta transizione in pubblicazione nei prossimi mesi, faranno da sottofondo allo “Sfashion weekend”, pensato per andare al nocciolo delle questioni, facendo dialogare una pluralità di voci autorevoli e stimolanti, come Diletta Bellotti (attivista), David Cambioli (Altraqualità), Francesca Ciuffi (Sudd Cobas Firenze e Prato), Roberto Cruciani (divulgatore), Nogaye Ndiaye (scrittrice), Salvatore Marra (Cgil), Audrey Millet (ricercatrice), il pubblico ministero Paolo Storari che ha condotto le inchieste sul gruppo Armani, le lavoratrici de La Perla (vedi Ae 275).
Lo spettacolo teatrale di Trama plaza, lo swap party con la start up milanese Declout e la performance collettiva “Self-As-Other-Training: Textiles” dell’artista e attivista Vivien Tauchmann accompagneranno il pubblico in un viaggio implicato con il portato illuminante dei corpi prestati alla dinamica estrattiva e straniante della produzione, un’esperienza intersezionale grazie al contributo di alcuni protagonisti delle lotte ambientaliste e femministe come Ultima generazione e Bruciamo tutto, con cui si ragionerà di alleanze e convergenze strategiche.
Lo “Sfashion weekend” sarà anche occasione di lancio dello “Sfashion lab”, un percorso di attivazione per il consolidamento di una comunità di attivisti e attiviste a sostegno delle campagne e delle proposte sulla transizione giusta che la Clean clothes campaign promuoverà nei prossimi mesi, sulla base della lunga esperienza sul campo, delle evidenze scientifiche e delle ricerche in corso. Lo “Sfashion lab” è una vera e propria scuola di attivismo che, grazie all’apporto di esperti ed esperte di diverse organizzazioni e discipline, fornirà strumenti teorici e pratici in ottica intersezionale per aumentare la consapevolezza sull’impatto dell’industria della moda e degli attuali modelli di consumo e offrirà uno spazio di confronto, apprendimento ed elaborazione collettiva.
Un’opportunità per impegnarsi attivamente nella transizione giusta nella moda, creando convergenze e comunità. “Sfashion lab” si terrà sempre da “mosso” a Milano durante tre weekend nei mesi di marzo, aprile e maggio ed è destinato a trenta giovani under 30 selezionati tramite una call pubblica che si è chiusa a inizio febbraio. La trasformazione socio-ecologica dell’industria tessile e più in generale dell’economia, per continuare non solo a vestirci ma a esistere e convivere senza prevaricazione con il vivente in tutte le sue forme su un Pianeta finito, non avverrà senza il protagonismo dei lavoratori e lavoratrici e delle comunità locali, a partire da quelle in condizione di maggiore vulnerabilità alle periferie delle catene globali del valore.
Trenta giovani under 30 saranno coinvolti nello “Sfashion lab”, una vera e propria scuola di attivismo per impegnarsi nella transizione giusta del settore della moda
Per la campagna Abiti Puliti è questa la transizione giusta che tuttavia tarda a venire, confusa da una retorica sulla sostenibilità che guarda, al massimo, a una maggiore efficienza dei processi produttivi lasciando invariati i paradigmi di fondo e i meccanismi di potere che producono profonda ingiustizia e malessere crescente tra i lavoratori e nella maggioranza delle persone. Lavorare senza scopo per un tozzo di pane, consumare senza necessità per un piacere effimero, sono facce speculari della stessa medaglia: quella di un modello di sviluppo insostenibile che sopravvive solo grazie alla sovrapproduzione accelerata di merci di scarsa qualità ottenute con lavoro povero.
“Lavorare senza scopo per un tozzo di pane, consumare senza necessità per un piacere effimero, sono facce speculari della stessa medaglia: quella di un modello di sviluppo insostenibile”
Si chiama capitalismo e nonostante i tentativi di riformarlo per renderlo presentabile, i fatti dimostrano che non è possibile affidare la cura di un sistema malato a chi ha prodotto la policrisi planetaria in cui ci troviamo e da cui si trae ulteriore profitto. Ecco perché chi ha davvero a cuore il destino del Pianeta deve fare i conti con la necessità di favorire e ascoltare il dissenso, diffidando di ricette e proclami eterodiretti e calati dall’alto che celano la volontà di mantenere lo status quo. Lo “Sfashion weekend” e lo “Sfashion lab” sono due appuntamenti per provare a farlo, uno spazio fecondo per gettare semi generativi per nuove alleanze che spingano dal basso un cambiamento ora più che mai necessario.
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