Diritti / Attualità
Chi critica il TTIP finisce sotto accusa
Molte associazioni che si sono opposte agli accordi di libero scambio tra America ed Europa sono bersaglio di una campagna di delegittimazione da parte di chi ha interesse che questi accordi vengano siglati. La denuncia di “Corporate Europe Observatory” e “LobbyControl”
Negli ultimi mesi, multinazionali, lobbisti e think thank hanno cercato di delegittimare quelle Ong, le associazioni e altre espressioni della società civile che si sono opposte al TTIP (i contestati accordi di libero scambio tra Ue e Usa) e il CETA (tra Unione europea e Canada). È la denuncia contenuta nel rapporto “Blaming the Messenger: the corporate attack on the movement for trade justice” curato da “Corporate Europe Observatory” e “LobbyControl” che evidenzia come siano state usate “tattiche per gettare discredito e campagne di delegittimazione” contro associazioni e Ong impegnate nella battaglia contro l’approvazione di questi accordi di commercio. “Un attacco a chi critica il TTIP e il CETA rischia di diventare un attacco alla democrazia – denunciano gli autori del rapporto – nel momento in cui agli argomenti sostanziali esposti si contrappongono campagne di delegittimazione”.
Negli ultimi anni il TTIP e il CETA hanno suscitato un’intensa ondata di critiche da parte di diversi attori della società civile: dagli accademici alle piccole imprese, dai governi locali ai sindacati, passando per le associazioni non governative e i sindacati. Obiettivo congiunto per tutti questi attori: bloccare l’approvazione questi accordi, che vengono considerati particolarmente vantaggiosi per le grandi aziende multinazionali, ma dannose per l’ambiente e le tutele sociali. Una resistenza efficace, dal momento che il TTIP è stato temporaneamente congelato.
Di fronte a questa battuta d’arresto, le aziende e le lobby che invece potrebbero trarre vantaggio da questi accordi hanno lanciato una campagna di discredito contro le organizzazioni non governative e la società civile. Le accuse più comuni? Quella di suscitare allarmismo o di “manipolare” un pubblico poco istruito. Oppure di agire per lucro o per fini personali. Queste tattiche mirano a sgretolare la credibilità di chi critica il TTIP o il CETA. Chi protesta viene dipinto come “anti-americano”, “nemico della globalizzazione”, “populista” o “ideologico”. Un’altra strategia per spargere il seme del dubbio sulle motivazioni di chi critica gli accordi transnazionali è quello di insinuare accuse sulla scarsa trasparenza dei bilanci o ipotizzare la longa manu della Russia sui finanziamenti. Il tutto nella più completa assenza di prove. “Attaccare in questo modo le Ong sulla raccolta fondi o la trasparenza è una scappatoia per non dover rispondere alle loro critiche”, si legge nel comunicato stampa di presentazione del rapporto.
© riproduzione riservata