Diritti / Attualità
“Eutanasia”, le definizioni sbagliate di wikipedia e Treccani
Dieci anni fa la Corte di Cassazione si esprimeva chiaramente sul “caso Englaro”: il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche è un diritto fondamentale e non c’entra nulla con la “dolce morte”. Eppure, due tra le più note fonti della Rete riportano ancora oggi errori vistosi. Per il padre di Eluana è “allucinante”. Treccani annuncia l’avvio di una revisione
Fabiano Antoniani, “Dj Fabo”, è morto in Svizzera il 27 febbraio di quest’anno. Poco più di un mese dopo, il dibattito sul fine vita è già uscito di scena. Basta osservare i Google Trends, le istantanee che il motore di ricerca scatta all’“interesse nel tempo” di un singolo “termine”. Nella settimana tra il 26 febbraio e il 4 marzo, la parola “eutanasia” ha raggiunto il picco di maggior frequenza di ricerca (100). Oggi è “sentita” per meno di un terzo.
Il punto è che chi cerca in Rete quel termine atterra su wikipedia, l’enciclopedia “libera” del web. Che però alla voce “eutanasia” riporta una definizione tanto “libera” quanto sbagliata. A evidenziarlo è Vittorio Angiolini, professore di Diritto costituzionale all’Università Statale di Milano e avvocato di Beppino Englaro, il papà di Eluana -la giovane morta il 9 febbraio 2009, 6.233 giorni dopo un tragico incidente che l’aveva condannata a uno stato vegetativo permanente-. Angiolini ha condotto con Englaro la battaglia legale per il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione, che non c’entra nulla con l’eutanasia. L’ha riconosciuto chiaramente anche la Corte di Cassazione, che si è espressa a favore della libertà di scelta dell’individuo nell’ottobre 2007.
Nelle sessanta pagine di quella sentenza, la parola “eutanasia” compare solo in due occasioni. La seconda volta centra il cuore della questione. “Il rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ipotesi di eutanasia, ossia per un comportamento che intende abbreviare la vita, causando positivamente la morte, esprimendo piuttosto tale rifiuto un atteggiamento di scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale”. Il medico, riconosce la Corte, ha un preciso “dovere giuridico di rispettare la volontà del paziente contraria alle cure”. E l’obbligo di “praticare o continuare la terapia” cessa quando il consenso del malato “viene meno in seguito al rifiuto delle terapie”.
Anche perché travisa la sentenza sul “caso Englaro”. La Cassazione afferma che l’eutanasia è cosa ben diversa dal rifiuto delle terapie medico-chirurgiche -anche quando questo conduce alla morte-, e sottolinea che questo “orientamento” è prevalente della dottrina, “anche costituzionalistica”, e nella giurisprudenza. La Treccani, invece, sostiene che “la dottrina dominante ritiene che la rilevanza giuridica riconoscibile all’autodeterminazione del paziente incontra un preciso limite nel principio del rispetto della persona umana”.
La distanza, al momento, è netta. Ma una modifica importante è già in cantiere. Interpellato sul punto, infatti, l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani -presieduto da Massimo Bray- ha fatto sapere ad Altreconomia di essere “da sempre particolarmente attento alla questione” e di aver avviato un percorso di modifica della voce “eutanasia”, ancora in “attesa di pubblicazione”. La bozza di correzione è provvisoria: l’aspetto positivo è che cancella il riferimento alla “dottrina dominante” anche se non tutti i passaggi “bocciati” da Angiolini ed Englaro sono ancora oggetto di revisione. In ogni caso, la “voce” verrà emendata e potrebbe cambiare di nuovo “dopo le prossime discussioni alla Camera sul testamento biologico”.