Diritti / Opinioni
La “nuova” Commissione von der Leyen alla prova dell’obsolescenza
Per la prima volta la Commissione europea ha individuato una figura ad hoc per l’economia circolare. Si tratta dell’avvocata svedese conservatrice Jessica Roswall: le organizzazioni della società civile le hanno rivolto un appello per garantire finalmente il pieno diritto alla riparazione. Starà con i produttori usa e getta o con i consumatori e l’ambiente? L’editoriale del direttore, Duccio Facchini
La nomina di Raffaele Fitto a vicepresidente della nuova Commissione europea con delega a Coesione e Riforme ha fagocitato la nostra attenzione rispetto agli altri componenti della squadra guidata da Ursula von der Leyen. All’Ambiente, Resilienza idrica ed Economia circolare competitiva, ad esempio, è andata l’avvocata svedese conservatrice Jessica Roswall. È la prima volta che la Commissione indica una figura ad hoc per l’economia circolare, un ruolo strategico da monitorare con attenzione.
Tra chi ha già iniziato a farlo c’è la coalizione Right to Repair Europe, che rappresenta oltre 170 organizzazioni europee che si battono per il diritto alla riparazione e per una società che non affoghi in mezzo a smartphone dalla vita media programmata di pochi mesi o elettrodomestici che si guastano dopo i primi anni dall’acquisto. In occasione della nomina di Roswall, Right to Repair ha fatto il punto della situazione e provato a fornire alla nuova commissaria alcuni spunti utili. “Negli ultimi cinque anni l’Ue ha compiuto alcuni passi promettenti ma insufficienti per promuovere un’economia più circolare. Infatti il tasso di utilizzo dei ‘materiali circolari’ nell’Ue è sostanzialmente stagnante, aumentando solo marginalmente dal 10,7% nel 2010 all’11,5% nel 2022”.
Per Cristina Ganapini, coordinatrice di Right to Repair Europe, “il nuovo mandato deve superare l’attuale visione ‘a tunnel’ sul riciclaggio per affrontare effettivamente la prevenzione dei rifiuti attraverso l’estensione della durata di vita dei prodotti, promuovendo concretamente il riutilizzo e la riparazione”. Le attività di riutilizzo e riparazione, del resto, conservano direttamente il valore dei prodotti e dei loro materiali al livello più alto possibile, riducendo al minimo sia la produzione di rifiuti sia il consumo di risorse e di energia.
“Il riciclaggio è necessario solo alla fine del ciclo di vita ma è controproducente se avviene troppo presto, in quanto è ad alta intensità energetica e spesso viene estratto solo un piccolo numero di minerali”. Tutto ciò ha implicazioni anche geopolitiche. “I settori del riutilizzo e della riparazione sostituiscono le attività economiche straniere dell’economia lineare con attività locali di riutilizzo e riparazione. E in questo modo l’economia europea diventa più resiliente e meno dipendente dalle catene di approvvigionamento internazionali”.
La neo-commissaria trova un cantiere aperto ma molto indietro sulla tabella di marcia. Durante la precedente legislatura comunitaria, infatti, è stata approvata la cosiddetta direttiva europea sul diritto alla riparazione e ci sono stati alcuni progressi nella legislazione sulla progettazione ecocompatibile. Questo, però, non significa che i cittadini dell’Ue abbiano il pieno diritto di riparare i loro prodotti. Anzi. Le categorie di prodotti effettivamente coperte da requisiti di riparabilità sono appena una dozzina, ricordano da Right to Repair Europe. “E se si considera la direttiva sul diritto alla riparazione, la pressione sui produttori e sui rivenditori affinché riparino effettivamente i prodotti rimane limitata. Nell’ambito della garanzia, i rivenditori sono liberi di sostituire i prodotti invece di ripararli. Al di là della garanzia, i produttori sono tenuti a riparare solo alcune parti di quei pochi prodotti che sono coperti dai requisiti di riparabilità, anche in questo caso una dozzina”.
Le pratiche anti-riparazione sono ancora consentite per legge, manca un divieto chiaro di distruzione dei prodotti elettronici invenduti e i cosiddetti “punteggi di riparazione” dell’Ue non tengono conto dei prezzi dei pezzi di ricambio, cosa che invece aiuterebbe tutte e tutti noi a scegliere prodotti effettivamente riparabili. Fa impressione la pagina predisposta dalla coalizione che riepiloga quali prodotti sono “coperti” da una qualche forma di diritto alla riparazione, in base a quali norme e con quali tempistiche (repair.eu/whats-my-right-to-repair). Per la lavatrice funziona in un modo, per l’asciugatrice in un altro, per il forno neanche a parlarne. Tablet e stampanti? Anche qui due mondi diversi. Una saldatrice e una e-bike? Stessa incoerenza. Naturale che un consumatore si perda. E che con lui si perda un’Unione europea sempre più obsolescente.
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