Finanza / Opinioni
Vertice Nato: un patto atlantico a misura di dollaro
Se gli Stati Uniti mostrano i muscoli e gli “alleati” europei si allineano, il biglietto verde continuerà a essere la sola moneta dell’Occidente e l’economia americana potrà tornare a produrre e a non essere solo di carta. Tra bolle finanziarie e agenzie di rating (anche Esg) nelle mani dei grandi fondi. L’analisi di Alessandro Volpi
Jerome Powell, il presidente della Federal Reserve, ha annunciato che i tassi di interesse americani resteranno alti. È chiaro che gli Stati Uniti vogliono continuare a drenare risparmio da tutto il mondo per finanziare la propria economia, ma per pagare tassi così alti in modo da attrarre i risparmiatori globali hanno bisogno che il dollaro sia l’unica valuta mondiale.
Per questo al vertice Nato si è proclamato l’ingresso dell’Ucraina, con l’immediato sostegno di un’Europa ben felice del suo atlantismo che le impone il dollaro con cui gli Stati Uniti finanziano la loro economia proprio a discapito di quella europea. Se gli Stati Uniti mostrano i muscoli e gli “alleati” europei si allineano, il biglietto verde continuerà a essere la sola moneta dell’Occidente e l’economia americana potrà tornare a produrre e a non essere solo di carta.
Intanto le agenzie di rating, di proprietà dei grandi fondi, declassano il debito della Francia “socialista” perché prevenire è meglio di curare. Forse non è un caso se la Bielorussia annuncia manovre congiunte con la Cina al confine polacco: la dollarizzazione può sottomettere l’Europa ma non è certo digeribile per la più grande potenza industriale del mondo. In questo quadro Wall Street è cresciuta quasi del 17% da inizio anno e il Nasdaq addirittura del 20%. Ma non si tratta di una crescita uniforme. Sette titoli valgono da soli quasi il 38% dell’intero indice S&P 500; una concentrazione che non ha precedenti.
Nei primi anni Ottanta, le Borse Usa conoscevano alcune società che correvano molto più di altre, ma in termini di valori assoluti l’attuale esplosione del valore di sette società non ha confronti e possiede tutti i caratteri della bolla. Chi pagherebbe realmente tremila miliardi di dollari per comprare Nvidia, o oltre duemila miliardi per acquisire Amazon? La risposta è semplice nessuno. Siamo di fronte a una colossale finzione che, in questa fase, tiene in piedi la capacità di generare ricchezza del capitalismo finanziario occidentale, guidato dagli Stati Uniti. Le prove in tal senso sono molte.
Taiwan semiconductor manufacturing company (Tmsc) è uno dei più grandi produttori mondiali di semiconduttori e ha una serie di fabbriche a Taiwan, oltre che in altre parti del mondo. Ha un fatturato di circa 70 miliardi di dollari e ha quasi 70mila dipendenti; rappresenta il fornitore indispensabile di Nvidia che di dipendenti ne ha 28mila e registra un fatturato di 60 miliardi di dollari, senza disporre di una propria capacità produttiva. In termini di capitalizzazione -di valore azionario- tuttavia Tmsc ha raggiunto ora i mille miliardi di dollari, mentre Nvidia ha superato i tremila; una differenza che si spiega male se non si considera che Tmsc non ha tra i propri azionisti i grandi fondi, le “Big Three” (Vanguard, BlackRock e State Street), che sono invece presenti in Nvidia e la riforniscono di liquidità. Così la finanza costruisce le gerarchie, spesso svincolandole dall’economia reale.
Certo la narrazione funziona molto. A lungo abbiamo sentito la narrazione della “concorrenza” fra Apple e Microsoft in materia di intelligenza artificiale. Ora si scopre che nel Cda di OpenAI siede un rappresentante di Apple accanto a quelli di Microsoft.
Un’altra narrazione dominante è quella che individua nei criteri di Esg la nuova frontiera della sostenibilità delle società. Esg è un acronimo per indicare “Environmental social and governance”. Si tratta, di fatto, di un rating che valuta il modo in cui una società opera e si comporta in queste tre aree fondamentali, fornendo così una misura della sua performance sostenibile. In altre parole, il rispetto dei parametri Esg dovrebbe essere indice di una strategia societaria coerente con la tutela ambientale, con il rispetto dei lavoratori e con l’attenzione a una finanza non speculativa. Bene, verrebbe da dire. Ma chi misura questa sostenibilità? La risposta è sorprendente.
La principale agenzia mondiale di attribuzione dei rating Esg è Msci, che ha per azionisti di riferimento Vanguard, BlackRock e State Street, detentori di circa il 25% dell’azionariato dell’agenzia, a cui va aggiunto un altro 10% nelle mani di fondi partecipati dai primi tre. Dunque i parametri di sostenibilità sociale, ambientale e finanziaria sono assegnati da un’agenzia di proprietà dei padroni del mondo. Il capitalismo si veste dal proprio migliore stilista per assumere i caratteri del grande benefattore.
Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento
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