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“Zitti e Nuti”, un podcast esplora i colori e i silenzi del regista toscano

Un ritratto di Francesco Nuti. L’artista toscano ha esordito come autore nel 1982 con “Madonna che silenzio c’è stasera”. Nella sua carriera ha vinto due David di Donatello come miglior attore Alberto © Terenghi / ipa-agency.net / Fotogramma

Un anno fa moriva Francesco Nuti, tra gli attori, autori e registi più significativi degli anni Ottanta e Novanta. Vedere un suo film, oggi, può aiutare un ragazzo a “capire come abitare diversamente la creatività” spiega l’autore, Emiliano Cribari

Tratto da Altreconomia 271 — Giugno 2024

Il podcast “Zitti e Nuti” è un omaggio a Francesco Nuti, l’attore e regista toscano morto il 12 giugno del 2023. Nuti, nato nel 1955 a Firenze, era cresciuto a Prato, in un quartiere popolare, Narnali, e dopo il diploma come perito tecnico tintore era stato avviato -come tanti in quell’area della piana fiorentina- a un lavoro nel settore tessile. “Nuti è sempre stato attratto dai colori, ha dipinto per larga parte della sua vita, e del resto il cinema lo si fa soprattutto con i colori”, racconta Emiliano Cribari. L’autore di “Zitti e Nuti” è poeta, scrittore, guida ambientale escursionistica e camminatore. Racconta di essersi innamorato di Francesco a otto anni, guardando “Tutta colpa del paradiso” (1985), il film che racconta la storia di Romeo, che uscito dal carcere a Firenze va in cerca del figlio, Lorenzo, che non ha mai conosciuto ed è stato adottato da una coppia che vive in un rifugio in val d’Ayas, il Taconet. Cribari descrive e racconta Nuti in quella che è anche una lunga lettera indirizzata al proprio figlio, un ragazzo di 14 anni che si chiama come il piccolo protagonista del film, il figlio di Romeo/Francesco.

Una scelta che sottolinea il legame profondo tra Cribari e la poetica straordinaria e singolare di Nuti, che può essere sintetizzata nella scelta della frase che apre ogni puntata del podcast. È un dialogo tratto da “Madonna che silenzio c’è stasera”, il film in cui esordì come autore ad appena 27 anni. I protagonisti sono Francesco, lo stesso Nuti, e Chiaromonte, il gestore del circolo, interpretato dall’attore Novello Novelli. “Chi tace acconsente”, dice Chiaromonte. “Chi tace sta zitto”, risponde Francesco. “In questa frase -sottolinea Cribari- c’è l’assurdo, il silenzio, l’ironia, la tenerezza, la sagacia toscana. I grandi sono quelli che riescono a mettere in un piccolo spazio molti ingredienti. Il tema del silenzio è molto importante nei film di Nuti, che è stato un regista particolarmente coraggioso e innovativo, scegliendo di portare in un cinema di commedia, in cui le persone si aspettano la risata, i tempi del silenzio, i tempi drammatici del silenzio. Per questo, rimarcare con quella frase questo aspetto è stato importante”.

Nel podcast, Nuti (che ha iniziato sui palchi di provincia con il trio dei Giancattivi, con lui Alessandro Benvenuti e Athina Cenci, raggiungendo la popolarità in teatro ma soprattutto sul piccolo schermo grazie al programma “Non stop”, su Rai Uno tra il 1977 e il 1979) è definito un “malincomico”, per quel suo modo che “stride molto la concezione che si ha oggi di comicità, perché un tempo c’era più spazio per menti larghe, porose, elastiche, accoglienti -riprende Cribari-. L’inizio di ‘Tutta colpa del paradiso’ si svolge in un carcere, ma si capisce che Romeo è una persona buona, finita lì per una serie di ragioni, che quando prova a salire sull’autobus non viene accolto, poi arriva nei luoghi dove abitava e trova che la sua casa non c’è più, ‘hanno comprato tutto gli americani’ gli dicono e doveva essere anche il titolo del film. Non riconosce più niente e racconta di quest’umanità che disidrata dell’umano le città”. Temi oggi esplosi nella Firenze turistica dove non c’è più una bottega. “Nei primi venti minuti di quel film c’è anche lo scontro con la burocrazia, con la rigidità, con la non volontà di dialogare, di accogliere, di capire dove sta davvero l’avanzo di galera e dove l’essere umano capace di redimersi. Non hanno nulla a che fare con la comicità roboante, perché Francesco abitava più nelle mezze misure, in certi sottovoce. Gli bruciava esser considerato un comico e non un autore. Questo lo angoscerà sempre”, prosegue Cribari.

È convinto che oggi un ragazzino come suo figlio possa rivedere un film di Nuti “per imparare come sia possibile abitare diversamente la creatività”. Oggi siamo di fronte a “un pubblico di persone che reagiscono unicamente a stimoli che devono essere sempre uguali, privilegiando la semplicità, che non è la leggerezza evocata da Italo Calvino, e Francesco ci insegna che non è necessario aderire a formule prestabilite, che l’umano anche in tempi di Intelligenza artificiale (Ai) non sia in alcun modo sostituibile. Nuti è quanto di più lontano c’è dall’Ai: ho avuto modo di buttare l’occhio sulle sue sceneggiature, che sono molto ‘magre’, lasciando così grande spazio all’improvvisazione, e abitate dal silenzio, che è l’essenza stessa dell’arte. Una comicità malinconica che è la stessa di Massimo Troisi e, se facciamo un parallelo con il mondo della scuola, misura la stessa distanza che c’è tra offrire agli alunni lezioni in classe, con un clima quasi militare, e prenderli per mano e portarli in un bosco facendo veder loro i crinali dell’Appennino o delle Apuane da un sentiero”.

“Zitti e Nuti” è un podcast prodotto da Officine del Podcast (sette puntate, 57’ 26’’). È stato pubblicato il 29 aprile 2024 e presentato in anteprima al Trento film festival

Il silenzio è uno dei protagonisti delle giornate trascorse al circolo al tavolo da biliardo, racconta Cribari: Francesco Nuti dedicò due film (“Io, Chiara e lo Scuro” e “Il signor Quindicipalle”) a quella che era una sua grande passione. L’altra è Pinocchio, il burattino di legno uscito dalla penna di Carlo Collodi, che è il soggetto più presente nei suoi dipinti e anche quello del film che più lo ha segnato, “Occhiopinocchio” (1994), con un’altra frase che ritorna nel podcast, “Pinocchio non c’è più, Pinocchio non c’è più”.

Emiliano Cribari (1977) vive tra Firenze e Casaglia, un paese sull’Appennino tosco-romagnolo. I suoi ultimi libri sono “La cura della pioggia. Piccolo omaggio alla malinconia che allieta” (Ediciclo editore, 2023) e “Sull’Appennino di Dino Campana. Fotografie e impressioni di viaggio” (emuse, 2023)

Una delle caratteristiche del suo lavoro è che “girava pochissimo, aveva le idee molto chiare. Una ‘formazione’ che deriva anche dallo studio della luce e dai colori. Era un autodidatta, grande osservatore, aveva ‘fame’ di pubblico”, conclude Cribari, che ci tiene molto alle radici popolari di Nuti, cresciuto come detto nel quartiere Narnali di Prato dove il padre era barbiere. “La senti la gavetta, un amore profondo per il suo pubblico, per l’operaio ma anche per l’industria, perché Francesco ha sempre cercato di onorare i numeri, di girare film capaci di incassare per coprire le spese: non si vergognava nemmeno a costruire un prodotto capace di creare un indotto, ma ovunque inseriva elementi autoriali, che purtroppo vengono riconosciuti poco”. Il podcast “Zitti e Nuti” mette l’accento proprio su questi elementi, portandoli finalmente alla luce.

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