Diritti / Inchiesta
Gli psicofarmaci negli Istituti penali per i giovani reclusi
Anche negli Istituti penali per minorenni il consumo di psicofarmaci è elevato. Da Catania a Milano: “È la conseguenza di anni di abbandono delle strutture”
Negli Istituti penali per i minorenni (Ipm) si utilizzano sempre più psicofarmaci. Soprattutto antipsicotici, farmaci prescrivibili per gravi patologie come il disturbo bipolare e la schizofrenia, per cui la spesa pro-capite è aumentata mediamente del 30% tra il 2021 e il 2022: in carcere questo aumento si ferma a meno dell’1%. Sono dati preoccupanti quelli ottenuti da Altreconomia sulla spesa farmaceutica di cinque Ipm sparsi su tutto il territorio nazionale.
“Negli Ipm c’è un clima da pronto soccorso e gli operatori non riescono a dare risposte adeguate. Abbiamo trascurato queste strutture negli ultimi anni e ne paghiamo le conseguenze”, osserva Alessio Scandurra, coordinatore dell’osservatorio sulle condizioni di detenzione di Antigone, associazione che ha collaborato nella realizzazione di questa inchiesta.
L’analisi copre gli istituti di Torino, Milano, Firenze, Nisida a Napoli, Roma e Catania, dove si trova più di un terzo del totale dei giovani detenuti a livello nazionale. Dai dati emerge che la spesa pro-capite in antipsicotici -che risulta dal rapporto tra quella totale e il numero di presenze medie mensili- è molto simile a quella delle strutture per adulti. Come ricostruito nell’inchiesta di apertura, la spesa nelle carceri è di circa 24,5 euro a detenuto per questa famiglia di farmaci (dati 2022); negli Ipm invece è di circa 19 euro.
Una differenza minima se si pensa che quasi il 50% dei giovani presenti negli istituti (180 su 380 a marzo 2023 secondo i dati del ministero della Giustizia) è minorenne e l’uso di psicofarmaci è ancor più criticabile per gli effetti che può avere sul sistema nervoso centrale ancora in fase di sviluppo. E, soprattutto, il dato di Nisida -zero euro di spesa in antipsicotici- abbassa di molto la media.
Al Ferrante Aporti di Torino l’aumento negli ultimi anni è vertiginoso: si passa da 497 euro spesi nel 2021 in psicofarmaci a 1.792 nel 2022. Di questi, quasi il 50% sono antipsicotici tra cui soprattutto Promazina, Olanzapina e Aripiprazolo, a cui si aggiungono 465 euro in ansiolitici. “Non mi stupisce. Soprattutto i minori stranieri non accompagnati spesso arrivano dalla strada e hanno già esperienze pregresse di abuso di sostanze a basso costo, anche psicofarmaci”, commenta Pasquale Ippolito che dal 2001 lavora in modo continuativo all’Ipm torinese e coordina le attività di formazione professionale per conto di Inforcoop ecipa Piemonte. Se si guarda alla spesa pro-capite di antipsicotici, l’aumento è di oltre il 25% tra il 2021 e il 2022 (da 5,7 a 21 euro). Il risultato? “Alcuni ragazzi sono lenti e poco recettivi quando scendono a svolgere le attività di formazione proposte”, aggiunge Ippolito.
“Soprattutto i minori stranieri non accompagnati spesso arrivano dalla strada e hanno già esperienze pregresse di abuso di sostanze a basso costo, anche psicofarmaci” – Pasquale Ippolito
Anche al Beccaria di Milano -dove manca la tipologia dei farmaci acquistati per il 12,5% degli ottomila euro spesi in totale- la situazione non è migliore: la spesa pro-capite è raddoppiata passando da circa 12 euro nel 2021 ai 27 del 2022. Si spende quindi cinque volte di più a detenuto rispetto al “vicino” Bollate, uno dei più grandi istituti per adulti d’Italia. “Escludo somministrazioni non oculate, i giovani arrivano già con dipendenze pregresse”, spiega Simone Pastorino, operatore della cooperativa Comunità nuova al Beccaria di Milano dal 2004.
A Roma, invece, a Casal del Marmo, la spesa in antipsicotici, seppur contenuta in termini “pro-capite”, è passata da dieci euro nel 2018 a 312 nel 2022 mentre, nello stesso periodo, le presenze medie sono diminuite passando da 60 a 33. In questo scenario è in netta controtendenza però la spesa di zero euro in psicofarmaci di Nisida. Anche ammessa l’adeguatezza prescrittiva, questi dati secondo Michele Miravalle, coordinatore dell’osservatorio sul carcere di Antigone, confermano la necessità di fare un passo in più. “Al mio ultimo ingresso in un Ipm alle 11 di mattina dormivano ancora tutti. Non è accettabile -osserva il ricercatore-: visti i numeri, così ridotti, il definitivo superamento di queste strutture non dovrebbe essere un tabù”.
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