Finanza / Attualità
Per la giustizia fiscale: oggi è il Tax Justice Blogging Day
La ricchezza finanziaria detenuta all’estero in paradisi fiscali è pari a 7.600 miliardi di dollari. Le maggiori multinazionali -come dimostra il recente “caso Apple”- hanno costruito complesse architetture societarie per sfruttare il vantaggio offerto da sedi aperte in Paesi offshore o che applicano basse aliquote. Questi meccanismi impoveriscono gli Stati, e riducono la spesa sociale
Questo articolo costituisce il contributo di Altreconomia al Tax Justice Blogging Day, una giornata internazionale di sensibilizzazione sulle tematiche di giustizia fiscale coordinata in Italia da Oxfam.
Come ha dimostrato (nuovamente) il recente “caso Apple“, è necessario riscrivere l’architettura fiscale che oggi permette con troppa facilità alle imprese di spostare i propri redditi verso Paesi con aliquote fiscali ridotte, ed eludere così il pagamento delle tasse laddove vigono sistemi fiscali più rigorosi.
Il “trucco”, però, riduce le entrate fiscali dei Paesi, e incide di conseguenza sulla capacità di spesa pubblica, sul welfare state, contribuendo anche ad aumentare il divario tra ricchi e poveri, e le disuguaglianze. Tutti fenomeni che si sono acuiti nel corso degli ultimi dieci anni, quelli della crisi cui dedichiamo la copertina di Altreconomia 185.
Secondo le stime più recenti (che citavamo qui, nell’articolo “I bilanci in paradiso”), “la ricchezza finanziaria detenuta all’estero in paradisi fiscali è pari a 7.600 miliardi di dollari, cioè l’8% della ricchezza globale”.
Se tutto questo succede, come spiega il video prodotto da Oxfam, è anche perché stiamo pagando un caffè al bar 20 euro. Perché siamo chiamati a farci carico della tazzina bevuta a sbafo dalle multinazionali.
Nel corso dell’ultimo anno, e in relazione al nostro Paese, abbiamo pubblicato inchieste relative a Google (“Buon compleanno Google, tasse incluse”) e Airbnb (Airbnb ha dato i numeri, ma non tutti).
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