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Diritti / Attualità

Minori stranieri non accompagnati senza tutele: l’Italia condannata

La Corte europea dei diritti dell'uomo © Gzen92 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, wikimedia commons

Una giovane originaria del Ghana vittima di abusi, giunta nel nostro Paese nel 2016, ha vissuto per mesi all’interno di strutture incompatibili con la sua situazione. La Corte europea per i diritti dell’uomo, sette anni dopo, ha sanzionato il nostro Paese, accogliendo il ricorso sostenuto da Asgi e Intersos. Non è un caso isolato

Esi (nome di fantasia) non aveva ancora compiuto 17 anni quando è sbarcata a Reggio Calabria, il 22 ottobre 2016. La giovane, originaria del Ghana, si era messa in viaggio da sola per fuggire da un matrimonio forzato e dagli abusi del marito. Aveva raggiunto la Libia e anche qui era stata vittima di ulteriori violenze (anche sessuali) da parte di un uomo che aveva promesso di aiutarla e di offrirle un lavoro: a quel punto aveva deciso di imbarcarsi e sfidare la sorte per raggiungere l’Italia piuttosto che continuare a subire.

Ma all’arrivo nel nostro Paese, pur essendo stata identificata da subito come minorenne, Esi non ha trovato un’accoglienza adeguata alla propria età, né è stata attivata nei suoi confronti una presa in carico capace di dare una risposta ai molti traumi subiti. Dopo una breve permanenza all’interno del centro “Capitaneria” di Reggio Calabria (sovraffollato e in pessime condizioni igienico-sanitarie, dove i minori venivano lasciati privi di tutore legale) e un successivo trasferimento in un’altra struttura, Esi è fuggita per raggiungere il Nord Italia. Arrivata a Como è stata collocata all’interno di un centro d’accoglienza prefettizio -Osvaldo Cappelletti- gestito dalla Croce Rossa: di nuovo, un centro inadeguato all’accoglienza di minori vulnerabili come lei.

Qui è stata intercettata dalla Ong Intersos e dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che tra il 2016 e il 2017 erano attive in città per assistere i migliaia di cittadini stranieri in transito, che da Como cercavano di attraversare il confine con la Svizzera per raggiungere i Paesi del Nord dell’Europa. Le due organizzazioni hanno presentato un ricorso d’urgenza alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) per chiedere il rispetto dei diritti di Esi e il 31 agosto di quest’anno i giudici di Strasburgo hanno condannato l’Italia per non aver garantito adeguata accoglienza e tutela alla ragazza, accertando la violazione della Convenzione europea sui diritti dell’uomo.

“La permanenza della ricorrente nel centro Osvaldo Cappelletti, che apparentemente non era attrezzato per fornirle un’adeguata assistenza psicologica, insieme alla prolungata inerzia delle autorità nazionali riguardo alla sua situazione e ai suoi bisogni di minore particolarmente vulnerabile, ha costituito una violazione del suo diritto a non essere sottoposta a trattamenti inumani, come tutelato dall’articolo 3 della Convenzione”, si legge nel testo della sentenza in cui l’Italia viene inoltre condannata a un risarcimento dei danni non patrimoniali per quanto sofferto dalla cittadina straniera.

Esi, infatti, è rimasta per circa otto mesi nel centro d’accoglienza di Como dove -ricostruiscono le due realtà in un comunicato- ha vissuto in un container in condizioni di promiscuità con altre persone adulte di nazionalità diversa e senza nessuna effettiva presenza di educatori o operatori durante la notte.

A pochi giorni dall’ingresso nella struttura e nel corso della raccolta delle dichiarazioni per la presentazione della domanda d’asilo, la giovane aveva detto chiaramente di essere vittima di violenza sessuale. La sua fragilità era stata accertata anche dagli psicologi di Medici senza frontiere che hanno certificato come la ragazza avesse subito “molteplici esperienze traumatiche nel corso della sua vita” e che la permanenza nel centro “rischiava di aggravare la sua fragile condizione psicologica”.

Tanto la procedura di protezione internazionale quanto la richiesta di collocamento in strutture idonee alle vulnerabilità presentata da Asgi e Intersos avevano subito numerosi ritardi a causa della sostanziale inazione dell’originario tutore legale (il responsabile della struttura di accoglienza) e del successivo tutore nominato a seguito di richiesta al giudice minorile. Si è quindi reso necessario un ulteriore intervento legale per sollecitare, in ben tre occasioni, le istituzioni competenti al trasferimento in una struttura idonea. Nemmeno questi interventi, tuttavia, hanno sortito effetto positivo. Di conseguenza Esi, con il supporto delle due associazioni, si è rivolta alla Corte europea dei diritti dell’uomo per chiedere l’immediato trasferimento e la nomina di un nuovo tutore: la Cedu, in accoglimento parziale delle richieste avanzate, ha ordinato, il giorno successivo al ricevimento dell’istanza, il trasferimento della minore in una struttura idonea.

“Quanto accaduto a Esi risulta in contrasto con i diritti e i principi sanciti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che non sono mai derogabili, come ha già ricordato la Corte nel caso Darboe vs Italia, nemmeno quando il flusso di migranti ai confini esterni dell’Unione europea diventa particolarmente pressante -concludono Asgi e Intersos-. Questa sentenza che riguarda un caso del 2017 evidenzia come la situazione dell’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati presenti da tempo serie criticità che impediscono di affrontare adeguatamente la tutela di chi arriva in Italia già vittima di abusi e sofferenze causate anche da pericolosi percorsi migratori dove sono stati costretti a vivere in situazioni di vulnerabilità per la mancanza di vie legali. Risulta inaccettabile che minori e persone vulnerabili debbano subire ulteriori sofferenze in un sistema di accoglienza che non mette al centro la protezione della dignità umana e il superiore interesse dei minori, nonostante vi siano delle normative che da tempo l’Italia ha adottato ed è tenuta ad applicare”.

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