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Finanza / Approfondimento

L’ambigua posizione dei fondi pensione europei sulla “finanza sostenibile”

© Ehimetalor Akhere Unuabona - Unsplash

I principali 25 fondi pensione europei non investono sulla decarbonizzazione. E allo stesso tempo numerose delle loro organizzazioni di rappresentanza hanno intrapreso azioni lobbistiche per ostacolare e annacquare le regolamentazioni in materia di finanza verde. La ricerca di InfluenceMap

I 25 più importanti fondi pensione europei non stanno investendo sulla decarbonizzazione. Eppure attraverso gli almeno 3,4mila miliardi di euro che gestiscono potrebbero fare la differenza. È la conclusione a cui giunge la ricerca “The european pensions sector and sustainable finance policy” pubblicata il 29 settembre 2022 da InfluenceMap, think tank indipendente che analizza l’impatto dei mercati e della finanza sulla crisi climatica.

Lo studio come detto prende in esame i 25 maggiori fondi pensione europei e le dieci più grandi associazioni di categoria, in base al volume degli asset, oltre al gruppo PensionEurope che rappresenta a livello europeo le associazioni pensionistiche nazionali e i cui membri gestiscono circa 4,6mila miliardi di euro. Secondo i risultati del report appena quattro dei 25 fondi pensione e cinque delle dieci associazioni nazionali hanno adottato una policy climatica ritenuta significativa. Il coinvolgimento è stato valutato esaminando la comunicazione del fondo o dell’associazione attraverso il proprio sito, i media e canali social e le dichiarazioni dei loro rappresentanti, ed è stata espressa con un percentuale, dove con il 100% si esprime un impegno massimo e con lo zero uno nullo. Attenzione: un elevato coinvolgimento non significa però che questo sia necessariamente positivo. Prendiamo il caso dell’associazione tedesca Aba e del gruppo belga PensionPlus (che rappresentano i fondi pensionistici dei loro rispettivi Paesi): questi hanno fatto registrare un livello di coinvolgimento elevato ma fortemente negativo in quanto “entrambi si sono opposti a un approccio ambizioso alle politiche dell’Unione europea in materia di finanza sostenibile”. Secondo il think tank la forte presenza nel consiglio di amministrazione di rappresentanti delle aziende inquinanti, come accade nelle due associazioni appena esaminate, orienta in modo negativo la posizione verso la sostenibilità. Infatti nel consiglio di Aba figurano rappresentati delle multinazionali Basf, Bayer, Bosch e Volkswagen mentre tra i membri di PensionPlus troviamo ExxonMobil, Unilever e Nokia oltre allo Shell’s Pension, il fondo pensione dell’omonimo colosso degli idrocarburi. “Questa analisi sembra indicare una correlazione tra le associazioni del settore pensionistico con una rappresentanza relativamente più ampia da parte delle aziende e quelle con posizioni più negative sulla politica di finanza sostenibile”, si legge nella ricerca.

I fondi pensione, così come l’intero settore finanziario, sono da diversi anni sotto una crescente pressione da parte della società civile perché orientino alla sostenibilità i propri investimenti. “Nel suo briefing del 2021 ‘Pension scheme investments and climate change’, il governo britannico ha evidenziato come il settore pensionistico sia il più grande gruppo di investitori istituzionali”, ricorda InfluenceMap. Infatti nel 2020 i membri di PensionEurope gestivano più 10mila fondi pensione in 21 Paesi per un totale di 4,6mila miliardi di euro di patrimonio. Nel frattempo sono nate diverse associazioni per promuovere la sostenibilità climatica della finanza, ad esempio ClimateAction100+, iniziativa volontaria di investitori per decarbonizzare il proprio portafoglio, che coinvolge più di 68mila miliardi di euro in asset e di cui fanno parte 14 dei 25 fondi esaminati. Un’altra iniziativa è la Net-zero asset owners alliance (Nzaoa) che punta a raggiungere la neutralità climatica al 2050 per il portafoglio dei propri membri. A queste iniziative si aggiungono le regolamentazioni delle istituzioni europee: nel 2021 la Ue ha proposto la sua strategia sulla finanza sostenibile per allinearla agli obiettivi del Green deal che puntano a favorire gli investimenti nelle attività chiave della transizione climatica e una maggiore ambizione verso gli obiettivi di sostenibilità. Un traguardo mancato, come sappiamo.

InfluenceMap ha analizzato i fondi pensione e le associazioni di categoria in Europa effettuando una doppia valutazione: una prima parte in cui si esamina come detto il coinvolgimento del gruppo nella discussione delle politiche climatiche e una seconda in cui si valuta l’allineamento, favorevole o contrario, a queste politiche. Tra i più importanti spiccano la Norges bank investment management (Nbim), l’olandese Pensioenfonds metaal en techniek (Pmt) e i britannici Universities superannuation scheme (Uss) e Bt pension scheme (Btps). “Questi fondi hanno un ingaggio molto limitato con la maggior parte delle politiche di finanza sostenibile tracciate da InfluenceMap. Pochissimi di questi impegni comportano comunicazioni dirette con i responsabili politici (ad esempio, attraverso le risposte alle consultazioni) e si limitano a dichiarazioni di alto livello nelle relazioni aziendali e nei comunicati stampa. Nonostante il livello di coinvolgimento complessivo sia basso, questo impegno è stato generalmente a favore di una maggiore sostenibilità del settore”.

Per quanto riguarda le associazioni di categoria il loro ingaggio è maggiore ma non necessariamente positivo. “Precedenti ricerche di InfluenceMap hanno mostrato l’importanza dei gruppi terzi nelle strategie di lobbying delle aziende, che consentono di mettere in comune le risorse e di trarre vantaggio da operazioni ben finanziate, oltre a fornire una apparente distanza pubblica tra le aziende e le loro posizioni politiche più regressive”. La stessa strategia si può ritrovare nei fondi pensione. Ben 13 dei 25 esaminati hanno collegamenti con i gruppi di interesse già esaminati a livello sia nazionale sia europeo. Tuttavia, la maggior parte dei fondi non rivela l’appartenenza ad associazioni di settore o la relativa influenza indiretta. L’analisi di InfluenceMap si concentra sulle cinque associazioni che hanno ottenuto una valutazione di ingaggio significativo: Aba (F), PensioPlus (E), Pensioenfederatie (C), Insurance & pension Denmark (D+) and Pensions and lifetime savings association (B). “A differenza dei fondi pensione le associazioni del settore pensionistico sembrano essersi impegnate soprattutto attraverso la consultazione diretta con i politici”. In particolare sono due le associazioni che ottengono il punteggio peggiore: Ada (F) e PensionPlus (E) in quanto si sarebbero attivamente opposte alle regolamentazioni di sostenibilità dell’Unione europea in particolare per quanto riguarda la Tassonomia verde degli investimenti. Più moderata ma comunque insufficiente la valutazione di PensionEurope (D) che ha mostrato posizioni contrastanti. “Nel 2021 PensionEurope si era opposta all’ampliamento della tassonomia per includere le attività dannose per l’ambiente (gas e nucleare, ndr). Questa politica sembra essere cambiata nel 2022, dato che PensionEurope si è dichiarata favorevole a una ‘tassonomia generale’ che diversificasse i settori che svolgono un ruolo nella transizione da quelli che non hanno un impatto significativo sulla sostenibilità ambientale e dalle attività che danneggiano significativamente l’ambiente. Tuttavia, ha sostenuto l’inclusione di più settori nella tassonomia verde, il che suggerisce un indebolimento dei criteri di inclusione”.

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