Diritti / Attualità
Bambini in carcere: la proposta di legge per “liberarli” è ferma in Parlamento
La proposta di legge che prevede il finanziamento delle case-famiglia protette si è bloccata a otto mesi dall’avvio dell’iter. Al 31 ottobre 2021 nelle carceri italiane erano detenute 19 madri con 22 figli al seguito. L’allarme dell’associazione Cittadinanzattiva
Superare i “profili problematici” della legge 62/2011, la norma che dieci anni fa ha istituito gli Istituti a custodia attenuata per detenute madri (Icam) per “impedire che bambini varchino la soglia del carcere”. Sono gli obiettivi della proposta di legge 2298 presentata a dicembre 2019 alla Commissione giustizia della Camera dei deputati (primo firmatario il deputato Pd, Paolo Siani) e che aveva iniziato l’esame della proposta a marzo 2021. A otto mesi di distanza dall’avvio dell’iter, la proposta di legge si è però arenata. La denuncia arriva da Cittadinanzattiva che, insieme all’associazione A Roma insieme-Leda Colombini, chiede di “liberare” i bambini costretti a trascorrere i primi anni di vita nelle sezioni nido delle carceri italiane o in uno dei quattro Istituti a custodia attenuata, offrendo alle mamme detenute in gravidanze e con figli piccoli la possibilità di scontare la pena all’interno di case-famiglia protette.
“Inizialmente sembrava che ci fosse una larga convergenza, almeno da parte delle forze politiche di maggioranza, sulla proposta di legge. E questo faceva ben sperare per una rapida approvazione in Commissione giustizia, senza dover passare dal Parlamento. Poi purtroppo tutto si è fermato”, spiega Laura Liberto, coordinatrice nazionale Giustizia per i diritti di Cittadinanzattiva. Il timore delle associazioni è che ora il dibattito attorno a questo tema specifico possa essere ulteriormente rimandato da altre questioni: “In questo momento tutte le energie di deputati e senatori sono concentrate sull’approvazione della legge di Bilancio. E nei prossimi mesi l’attenzione ruoterà attorno al dibattito sull’elezione del presidente della Repubblica -continua Liberto-. Il nostro timore è che se passerà altro tempo diventerà ancora più difficile recuperare questa proposta di legge”.
In base agli ultimi dati forniti dal ministero della Giustizia, al 31 ottobre 2021 nelle carceri italiane erano detenute 19 madri con 22 figli al seguito. Di questi la maggior parte (14) si trovava all’interno di uno dei quattro Icam (Milano San Vittore, Torino, Giudecca Venezia e Lauro): “Un fenomeno che può apparire dalle dimensioni contenute, ma che invece rappresenta una condizione drammatica e inaccettabile per i diritti dell’infanzia”, sottolinea Liberto.
“Durante la mia visita alla sezione nido del carcere di Rebibbia del 20 novembre ho incontrato una mamma alla 33ma settimana di gravidanza con un bambino di 18 mesi, una donna alla 37ma settimana e ancora una detenuta con il suo bambino di appena sei mesi. Il carcere non è certamente il luogo più adatto per far partorire una donna e non è il luogo adatto per dei bambini”, aggiunge Paolo Siani. Nella sua proposta, il deputato Pd propone una revisione della legge 62/2011 “senza modificare l’impianto della legge e perseguendo lo spirito di quella riforma” dia al sistema giudiziario i mezzi normativi ed economici per evitare l’ingresso dei bambini in carcere. Offrendo alternative concrete alla detenzione delle detenute madri.
La legge 62/2011 aveva segnato un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei bambini e delle detenute madri, aprendo la strada agli Istituti a custodia attenuata: luoghi consentono a mamme e bambini la possibilità di vivere all’interno di ambienti più adatti alle loro esigenze. A differenza di quanto avviene nelle sezioni nido delle carceri, infatti, negli Icam viene garantito il diritto alla privacy a mamme e bambini, le sbarre alle finestre vengono camuffate da tende e vasi di fiori e le agenti di polizia penitenziaria non indossano la divisa. Garantendo così ai più piccoli la possibilità di vivere in un ambiente un po’ più simile a un’abitazione e un po’ meno gravoso rispetto al carcere.
Parallelamente la legge 62/2011 ha istituito anche le case-famiglia protette senza però prevedere per queste ultime “alcun onere per lo Stato”. Risultato: solo due strutture sono state aperte negli ultimi dieci anni. La proposta di legge Siani prevede l’obbligo per lo Stato a finanziare le case-famiglia protette per detenute madri, oltre all’obbligo per il ministero delle Giustizia di stipulare convenzioni con gli enti locali per individuare le strutture idonee ad accogliere le mamme detenute con i loro bambini. Il testo della proposta di legge prevede anche alcune modifiche al codice di procedura penale finalizzate a rendere la custodia cautelare delle detenute madri all’interno degli Icam solo nel caso in cui sussistano “esigenze cautelari di eccezionale rilevanza”. In pratica, se la proposta venisse approvata, per una donna con figli piccoli non si dovrebbero mai aprire le porte del carcere: le cas- famiglie protette diventerebbero la soluzione ordinaria e il ricorso all’Icam dovrebbe essere l’estrema ratio.
Proprio per finanziare l’apertura di nuove case -famiglia protette, e creare un numero di posti sufficienti ad accogliere quelle mamme e quei bambini che ancora si trovavano in carcere era stato approvato a dicembre 2020 un emendamento alla legge di Bilancio che prevedeva la creazione di un fondo ad hoc con una dotazione di 1,5 milioni di euro all’anno per il triennio 2021-2024. “Purtroppo ci sono stati gravi ritardi -sottolinea Laura Liberto-. Era prevista la pubblicazione di un decreto attuativo che a un paio di mesi di distanza dall’approvazione della legge ripartisse l’importo tra le regioni. Che però è stato pubblicato solo a metà settembre”.
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