Diritti / Opinioni
La finta riforma del sistema europeo di asilo
La nuova proposta di regolamento al vaglio del Parlamento europeo prevede una serie di scappatoie per i Paesi che non vogliono offrire accoglienza. L’analisi di Gianfranco Schiavone
Nel 2020 il numero dei richiedenti asilo in Europa è crollato del 34% rispetto all’anno precedente (da 631mila a 416mila domande) e in Italia del 39,4%. Nello stesso anno, solo cinque Stati membri su 27 hanno assorbito l’80% di tutte le domande di asilo in Europa: Germania (con quasi il 25% delle domande), Spagna (21%), Francia (20%) e Grecia (9%). Chiude l’Italia con un 5,1% che la colloca stabilmente tra gli ultimi posti in Europa nel rapporto tra popolazione e numero di richiedenti.
Considerato questo quadro, a che punto siamo giunti in merito alla riforma del Regolamento Dublino III? La Commissione, nella sua “Proposta di Regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione” all’esame nella commissione LIBE del Parlamento europeo prevede in effetti l’abrogazione del Regolamento Dublino III e riconosce che il fallimento che si è verificato nella scorsa legislatura è avvenuto “principalmente a causa di opinioni divergenti in seno al Consiglio”. Il Parlamento europeo, infatti, riuscì a trovare una intesa a larga maggioranza su un testo di riforma molto innovativo.
Nel tentativo di ricercare il consenso degli Stati tra posizioni spesso inconciliabili, la Commissione ha scelto di mantenere il criterio che lega la domanda di asilo al Paese di primo ingresso “irregolare”, e solo in caso di pressione migratoria considerata elevata su un Paese membro propone l’adozione di una strategia basata su una nuova nozione di solidarietà che offre agli Stati la possibilità di scegliere con disinvoltura in un “menù” composto da quattro opzioni.
La prima è la ricollocazione di quote di richiedenti asilo, escludendo però da tale possibilità i richiedenti provenienti da Paesi terzi il cui tasso medio di riconoscimento del diritto d’asilo è inferiore al 20%. Questi ultimi verrebbero bloccati nel Paese di primo arrivo e lì sottoposti alla cosiddetta “procedura di frontiera”. La seconda opzione prevede la ricollocazione di quote di beneficiari di protezione. Mentre la terza la sponsorizzazione dei rimpatri dei migranti irregolari presenti in altri Stati dell’Unione. La quarta e ultima opzione prevede il sostegno a Paesi terzi, per sviluppare sistemi di asilo ma anche per attuare politiche di respingimento e di contrasto dei flussi migratori.
51,% la quota di richiedenti asilo accolti in Italia sul totale delle domande presentate in Europa nel 2020. La Germania ne ha accolte quasi il 25%
Nel caso di pressioni migratorie legate a “sbarchi a seguito di operazioni di ricerca e soccorso” la Commissione può proporre quote di ricollocamento dei richiedenti asilo ma gli Stati possono parzialmente sottrarsi elargendo più fondi per il controllo dei flussi migratori nei Paesi terzi (opzione quattro). Solo nel caso in cui il deficit nelle ricollocazioni dei richiedenti asilo continui a superare il 30%, la Commissione può tentare come ultima ratio di imporre dei ricollocamenti. Ai quali però gli Stati possono abilmente sottrarsi decidendo di puntare sulla sponsorizzazione dei rimpatri (opzione tre).
L’effetto congiunto dell’abnorme dilatazione delle procedure di frontiera e dello stravolgimento della nozione di solidarietà produce una non-riforma o può condurre persino a un peggioramento dell’attuale scenario: la pressione su alcuni Stati di frontiera potrebbe infatti aumentare mentre gli Stati ostili a diventare Paesi di asilo vedrebbero premiata la loro scelta ideologica. Solo in rari casi (forse) potrebbero essere obbligati a ricollocare piccole quote di richiedenti asilo ma nulla di più. Nella cecità politica che avvolge l’Europa tutti gli squilibri del sistema unico di asilo sembrano destinati a rimanere tali o ad aumentare.
Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni nonché componente del direttivo dell’Asgi e presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati onlus di Trieste
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