Diritti / Attualità
Respingimenti e riammissioni via mare: la denuncia del Network porti adriatici
La rete di associazioni che dal 2017 monitora la situazione da Bari a Venezia esprime “preoccupazione per la politica dei respingimenti e delle riammissioni” e denuncia la mancata valutazione delle situazioni individuali e delle cause di inespellibilità dei cittadini stranieri. Anche nei confronti di richiedenti asilo e minori
Situazioni di violenza, mancanza di un’adeguata informativa legale e ostacoli nell’accesso al sistema d’asilo. Continuano, nelle aree portuali della costa adriatica, respingimenti e riammissioni che violano il diritto europeo: procedure “invisibili” su cui cercano di far luce le associazioni del Network porti adriatici. “Esprimiamo preoccupazione -si legge nella nota pubblicata dalla rete a inizio aprile- per la politica dei respingimenti e delle riammissioni che prosegue senza alcuna valutazione delle situazioni individuali e delle cause di inespellibilità dei cittadini stranieri, provenienti dalla Grecia e dai paesi balcanici, anche nei confronti di richiedenti asilo e minori non accompagnati”.
Il network, composto dall’Ambasciata dei diritti delle Marche, dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), dall’associazione Lungo la Rotta Balcanica e da S.O.S. Diritti di Venezia, prosegue nell’attività di monitoraggio dei valichi di frontiera adriatici. Seppur con numeri minori rispetto a una decina di anni fa, gli arrivi restano elevati e si registra un significativo trend di crescita. La rete denuncia che in tutto il 2020 e nei primi mesi 2021 sono aumentate le segnalazioni da parte di richiedenti asilo, anche minori, che lamentavano uno scarso accesso all’informativa legale e, più in generale, al sistema di protezione. Le testimonianze raccolte dalla rete riferiscono episodi di “violenze e trattamenti degradanti -si legge nel comunicato- sia ai porti nella fase del rintraccio e dell’arrivo, sia durante il viaggio.
I richiedenti asilo e minori respinti hanno raccontato di essere stati “affidati” in custodia ai comandanti dei traghetti e delle navi e riaccompagnati al porto da cui erano partiti”. Le prassi illegittime si riscontrano, soprattutto, nei confronti di coloro che arrivano dalla Grecia, dalla Croazia e dall’Albania.
In particolare, le riammissioni verso la Grecia continuano nonostante, già nell’ottobre 2014, l’Italia sia stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte Edu) per il respingimento indiscriminato di alcuni cittadini stranieri provenienti dalla Grecia e intercettati dalla polizia nei porti di Ancona, Bari e Venezia. La condanna riguardava sia il divieto di espulsioni collettive, sia il divieto di trattamenti inumani e degradanti. A seguito di tale sentenza, nel giugno 2019 il Governo italiano aveva chiesto al Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa la chiusura della procedura di supervisione dell’attuazione della sentenza stessa in quanto le autorità sostenevano che erano state adottate tutte le misure necessarie per evitare il ripetersi delle violazioni condannate.
Nell’aprile 2020, però, alcune realtà italiane, tra cui Asgi, avevano inviato una comunicazione al Comitato in cui venivano dettagliate le criticità e le violazioni che permanevano: a causa della gravità delle segnalazioni, la supervisione era proseguita. Un anno dopo, non si registrano miglioramenti e “le prassi illegittime -denuncia il Network- continuano a verificarsi”. Le riammissioni verso la penisola ellenica avvengono sulla base di un accordo datato 1999 che non tiene conto della mutata situazione politica del Paese di ritorno. “Si rilevano violazioni del quadro normativo europeo, con particolare riferimento agli ostacoli posti all’accesso alla richiesta di protezione internazionale e alle inadeguatezze del sistema di accoglienza del Paese che non garantisce gli standard previsti, neanche per i minori e i nuclei familiari. Inoltre, la Grecia continua a respingere in Turchia, Paese che si contraddistingue per violazione sistematica dei diritti umani anche nei confronti dei propri cittadini ed in particolare della popolazione curda”.
Un Paese che, tra l’altro, dallo scorso 22 marzo 2021, a seguito di un decreto firmato dal presidente Recep Tayyip Erdoğan, non partecipa più alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica.
La rete sottolinea “l’inefficacia dei servizi di accoglienza ed assistenza degli enti in convenzione con le prefetture, previsti ai valichi di frontiera” e la segnalazione di “diffuse situazioni di violenza e altri prassi aventi profili di illegittimità quali la detenzione a bordo delle navi, il sequestro di beni mobili e di ogni documentazione”. Una situazione che non può più essere tollerata. “Rimarchiamo la necessità -conclude la nota- di interrompere le riammissioni verso la Grecia e dei respingimenti verso Albania e Croazia, nonché di garantire il pieno rispetto del diritto d’asilo e tutti gli altri diritti e le garanzie fondamentali”.
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