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Olimpiadi a Roma, le (giuste) ragioni del no
Fino all’inizio del Grande evento, i costi per Roma 2020, ad oggi stimati in 8,2 miliardi di euro, sarebbero stati garantiti per intero dalle finanze dello Stato, che si sarebbe assunto così tutti i rischi dell’investimento. Portafoglio pubblico, ma le decisioni prese dai privati che siedono nel Comitato promotore presieduto da Mario Pescante, vicepresidente del Comitato olimpico internazionale, già commissario straordinario alle Olimpiadi invernali di Torino nel 2006 e ai Giochi del Mediterraneo di Pescara nel 2009 ed ex sottosegretario ai Beni Culturali con delega allo Sport dal 2001 al 2006.
Roma 2020 un sogno a costo zero? In tempo di crisi la carta vincente per una candidatura olimpica è dimostrare che l’organizzazione del Grande evento non sarebbe pesato sulle risorse pubbliche. Secondo lo studio presentato a gennaio dal Comitato compatibilità e programmazione economica presieduto dal professor Marco Fortis, vicepresidente della fondazione Edison, lo Stato sarebbe rientrato di tutti gli investimenti. Ma fino all’inizio del Grande evento, i costi per Roma 2020, ad oggi stimati in 8,2 miliardi di euro, sarebbero stati garantiti per intero dalle finanze dello Stato, che si sarebbe assunto così tutti i rischi dell’investimento. Portafoglio pubblico, ma le decisioni prese dai privati che siedono nel Comitato promotore presieduto da Mario Pescante, vicepresidente del Comitato olimpico internazionale, già commissario straordinario alle Olimpiadi invernali di Torino nel 2006 e ai Giochi del Mediterraneo di Pescara nel 2009 ed ex sottosegretario ai Beni Culturali con delega allo Sport dal 2001 al 2006.
A fianco del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, in qualità di vicepresidente siede Andrea Mondello, ex presidente della Camera di Commercio (dal 1993 al 2008), ed ex vice di Confindustria. Direttore generale, Ernesto Albanese amministratore delegato di Atahotels (gruppo Ligresti). A fianco dei Membri di diritto (cariche istituzionali e sportive) ecco il Comitato d’Onore. Qui siedono, tra gli altri, Luigi Abete, presidente della Banca nazionale del lavoro ed ex presidente di Confindustria; Azzurra Caltagirone, figlia del costruttore Francesco Gaetano Caltagirone e moglie di Pierferdinando Casini, leader dell’Udc; Luca Cordero di Montezemolo, ex presidente di Confindustria e presidente della Ferrari.
E ancora, l’imprenditore Diego delle Valle, proprietario della Tod’s; John Elkann, presidente di Fiat; Cesare Geronzi, banchiere di lungo corso, ex numero uno di Capitalia e attualmente presidente della Fondazione Generali; Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria; Giovanni Malagò, presidente del circolo Canottieri Aniene e già presidente del Comitato promotore per i Mondiali di nuoto di Roma 2009; Aurelio Regina, presidente di Confindustria Lazio, di Unindustria e della Fondazione per Roma 2020.
Secondo lo studio elaborato dalla Commissione Fortis, la spesa complessiva per i Giochi Olimpici di Roma 2020 sarà di 9,8 miliardi di euro. Di questi, 8,2 miliardi saranno garantiti dallo Stato. 1,6 miliardi è invece l’ammontare delle spese per l’adeguamento dell’aeroporto di Fiumicino a carico di Aeroporti di Roma spa. Del resto, come riporta la Relazione di compatibilità economica per la valutazione della candidatura redatta a novembre scorso dalla Commissione preposta, partecipare ai Giochi, soprattutto in un momento di crisi, «significa mettere in conto la necessità di recuperare risorse, verosimilmente attraverso tagli al momento non preventivati di altri tipi di spesa e nuove entrate». Che cosa intendono tagliare, però, non viene specificato.
Secondo gli esperti, degli 8,2 miliardi di euro necessari per Roma 2020, 3,5 miliardi verranno coperti con risorse private. Un intervento possibile, quello privato, ma non certo, le cui modalità non sono definite nei particolari. Senza contare che i privati potrebbero tirarsi indietro, lasciando tutte le spese sulle spalle dello Stato. Questo, a causa della crisi, sta accadendo a Londra, città che ospiterà l’edizione del 2012.
Lo ammette anche la Commissione di compatibilità economica per la valutazione della candidatura: «alcuni investimenti, che si era inizialmente previsto sarebbero stati sostenuti dal settore privato, in seguito alla crisi finanziaria e al venir meno delle disponibilità dei privati, sono stati presi a carico del settore pubblico». Oggi si stima che l’intervento privato per le edizioni londinesi ammonti al 2 per cento del totale.
La spesa pubblica netta è stabilita invece in 4,7 miliardi di euro che verranno recuperati, secondo lo studio Fortis, con un maggiore gettito erariale derivante da un aumento del Pil pari a ben 17,7 miliardi di euro. Una previsione, questa, che contrasta con le esperienze passate: non a caso, è frequente sentir parlare di “maledizione delle Olimpiadi”. «Da Melburne 1956 ad oggi, tranne l’edizione di Altlanta, dopo le Olimpiadi tutte le economie nazionali hanno subito una frenata» spiega Pietro Mennea medaglia d’oro olimpica nel 1980 e record mondiale per 17 anni nei 200 metri piani, autore del libro “I costi delle Olimpiadi” (Ed. Delta 3).
Mennea si rifà ai dati forniti dopo le Olimpiadi di Pechino del 2008 da Stephen Jen dell’istituto di credito Morgan Stanley: «dal 1956 i tassi di crescita del Pil, dei beni capitali e degli investimenti totali hanno registrato una decelerazione rispettivamente del 4%, del 6% e del 10% dell’anno precedente i Giochi rispetto a quello seguente».
Ma vediamo nel dettaglio le voci analizzate da Fortis. Le spese per l’organizzazione ammontano a 2,5 miliardi di euro e dovrebbero essere coperte per circa 2,3 miliardi dalle entrate del Comitato olimpico internazionale tramite i ricavi dei diritti Tv, degli sponsor e della vendita dei biglietti. Anche le lotterie nazionali sono inserite come fonte di rientro economico per finanziare il Grande evento. All’appello per questa voce mancano quindi 200 milioni, una cifra tra l’altro variabile dal momento che le entrate sopra descritte non sono sicure ma ipotizzate. Come coprire questo deficit?
Ovviamente con risorse pubbliche. E risorse pubbliche verranno utilizzate anche per i 2,8 miliardi necessari alle infrastrutture. Del resto, come viene spiegato nella Relazione di compatibilità economica per la valutazione della candidatura, «se le opere sono “fredde” (cioè non in grado di autofinanziarsi), la soluzione non può che essere quella di ricorrere a finanziamenti pubblici». Per quanto riguarda invece gli impianti sportivi, il villaggio olimpico e il centro stampa, ovvero le opere strettamente necessarie alla riuscita della competizione sportiva, l’unica voce per la quale si prevede un intervento privato è quella della “valorizzazione immobiliare” per un ammontare di 1,2 miliardi di euro.
Lo studio Fortis presentato alla stampa non entra nei particolari ma la Relazione di compatibilità economica specifica che questi 1,2 miliardi potrebbero rientrare attraverso project financing relativamente al villaggio olimpico e, in parte, al centro media e tv. Ovvero: i privati realizzano il Villaggio Olimpico con propri fondi e in cambio ne chiedono la gestione una volta terminati i Giochi. E la gestione in questo caso consiste in appartamenti da vendere sul mercato, da realizzare su 70 ettari di aree pubbliche non ancora cementificate a ridosso del Tevere (Tor di Quinto e Saxa Rubra, quest’ultima in parte di proprietà della Rai). Ecco la valorizzazione. Soprattutto se a fianco dei terreni da “rivalutare” ci sono caserme ed ex depositi dei mezzi pubblici che il Comune di Roma ha messo in vendita (per l’alienazione delle caserme i soldi andranno però all’80% nelle casse del Ministero della difesa).
Immobili che nel 2020, soprattutto se trasformati in alberghi e residenze, potrebbero sorgere a fianco di prestigiose aree olimpiche, aumentando così il loro valore.
Per avere idea di che cosa può significare per un privato accedere alla torta dei Giochi basta andare a Sestriere, dove è stato realizzato uno dei tre villaggi olimpici in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Oggi le ex residenze atletiche, costate in tutto 52,4 milioni di euro, vengono vendute dalle cooperative che le hanno costruite, tra cui la Gestivillage e l’Iter immobiliare, a un prezzo scontatissimo.
Come scrivono queste società immobiliari nel loro sito: «avendo beneficiato di un contributo dallo Stato e dalla Regione Piemonte pari al 40% del suo costo di costruzione, le unità residenziali te le offriamo ad un 40% in meno rispetto al mercato di Sestriere».
Uno sconto pagato, però, con oltre 20milioni di euro di tasse che i cittadini italiani hanno versato allo Stato. «Per le finanze pubbliche, Torino 2006 è stato un pozzo senza fondo» commenta Mennea. «Da un budget iniziale di 705milioni di euro la spesa complessiva si è aggirata intorno al miliardo e 700milioni a cui vanno aggiunte le opere connesse (si stima una cifra di circa 2miliardi di euro, ndr)».
Le cifre che le casse pubbliche sono state costrette a sborsare sono aumentate vertiginosamente in corso d’opera. Così come i soldi necessari al comitato organizzatore, il Toroc, sommerso dai debiti che raggiunsero i 180milioni di euro.
Veniamo ora alle strutture sportive necessarie alle Olimpiadi di Roma 2020 che verranno finanziate interamente da risorse pubbliche per un totale di 1,4 milioni di euro. Di questi, ben 333 milioni sono destinati ad allestimenti e opere temporanee da rimuovere dopo i quindici giorni di competizioni. Ma ci sono anche impianti da costruire ex novo. Un bacino remiero da 95 milioni. Un velodromo da 55. Ma la spesa più alta se la aggiudica la Città dello Sport di Tor Vergata progettata dall’archistar Santiago Calatrava: ben 500 milioni di euro. O meglio, altri 500milioni di euro. La Città dello Sport è infatti legata a un altro Grande evento ospitato dalla Capitale. I Mondiali di nuoto del 2009 (il debito in capo al Comitato promotore per queste competizioni ammonta a 16,8milioni di euro). Peccato però che per questi giochi l’impianto sportivo non fu mai ultimato. E di milioni di finanziamenti pubblici ne sono già stati spesi quasi 200.
Da giugno 2011 i lavori, in mano alla Vianini Lavori controllata dalla holding di Caltagirone, sono fermi e i soldi rimasti in cassa vengono usati per la manutenzione delle strutture costruite ma non ultimate. Quale occasione migliore, quindi, di un altro grande evento per chiedere allo Stato di versare mezzo miliardo di euro per completare questa enorme cattedrale nel deserto destinata a costare alla fine almeno 700 milioni di euro a fronte dei 60 milioni previsti nel 2004 dalla Giunta Veltroni?
Quello che lo studio Fortis non contempla, sono i costi di gestione degli impianti una volta terminate le Olimpiadi e le spese per la sicurezza dell’evento. Quest’ultime per Londra ammontano a circa 325 milioni di euro per i soli 15 giorni della manifestazione. «Per quanto riguarda i costi di gestione degli impianti realizzati per le Olimpiadi, invece, ci sono diversi esempi. La Grecia spende tra gli 85 e i 100 milioni di dollari all’anno, anche se la maggior parte di loro sono inutilizzati. Questi interventi non hanno alcun tipo di utilità sociale per le città che li ospitano. Il Governo greco è stato costretto a presentare un disegno di legge per affidarne la gestione a soggetti privati. Gli impianti possono così ospitare bar, locali, ristoranti e attività commerciali» spiega Mennea.
Senza contare che le esperienze passate raccontano di costi iniziali che lievitano nel tempo. Delle Olimpiadi invernali di Torino nel 2006 ne abbiamo già parlato. Per Atene 2004 la previsione iniziale era di 7miliardi mentre, ne sono stati impiegati 13. E le spese per sostenere le Olimpiadi sono state additate come una delle cause che hanno contribuito in maniera determinante ad aumentare il debito nazionale all’origine della crisi greca. Anche Londra ha triplicato il suo budget in poco tempo: da 3,5miliardi a 11,7. Ma i costi per un Grande evento come le Olimpiadi sono rilevanti per le casse di un Paese, non solo in tempo di crisi. Spiega Mennea: «per le Olimpiadi di Grenoble del 1968 i cittadini francesi hanno terminato di pagare le tasse maggiorate trent’anni dopo, per quelle di Montreal del 1976 in Canada l’imposta applicata sul tabacco per far fronte ai costi di organizzazione dell’evento sportivo è stata tolta nel 2005».