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Economia / Attualità

Dove va l’agricoltura biologica italiana

Arvaia, un esempio di Community Supported Agricolture (CSA) in Italia

Il 12% delle superficie coltivata in Italia è “bio”. Il mercato continua a crescere, ed è consistente il numero di italiani che acquista prodotti certificati nei supermercati e negli ipermercati (+ 21% nei primi sei mesi del 2016). Secondo l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica (AIAB) ciò rende necessari immediati interventi per proteggere il settore “da truffe e malaffare”

Sessantamila operatori, e 1,5 milioni di ettari: sono i numeri complessivi dell’agricoltura biologica in Italia, un mercato che vale 4,3 miliardi di euro. “Se prendiamo come riferimento gli ultimi due decenni la crescita che si registra è a tre cifre: aziende cresciute del 247% e superficie coltivata del 347%” spiega un comunicato stampa di AIAB, che ricava questi dati dal Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica (SINAB).
Nel corso del 2015, sono stati convertiti al bio altri 104,1 mila ettari di Sau (superficie agricola utilizzata), con una crescita del 7,5% rispetto all’anno precedente. Il 12% della superficie agricola italiana è “bio”. Il numero di nuove aziende certificate nel 2015, invece, è di circa 4.500 (+8,2% sul 2014). Il numero di famiglie acquirenti ha superato i 19 milioni e, tra questi, oltre 13 milioni consumano alimenti “bio” almeno 1 volta alla settimana.
L’Italia, inoltre, si conferma Paese leader nelle esportazioni di prodotti biologici: l’export ha infatti toccato il 40% con un valore corrispondente pari a 1,650 miliardi di euro.

Le aziende biologiche in Italia a fine 2015, e la superficie complessivamente coltivata (fonte: SINAB)
Le aziende biologiche in Italia a fine 2015, e la superficie complessivamente coltivata (fonte: SINAB)

Il trend positivo ha interessato ogni canale della distribuzione, come evidenzia l’ultimo rapporto “Bio Bank 2016”. Spiccano i siti di e-commerce di alimenti bio, i gruppi d’acquisto solidale e le attività di ristorazione con materie prime bio. Prevalente la presenza degli spacci per la vendita diretta presso le aziende agricole biologiche, a seguire quella degli agriturismi aperti da coltivatori bio e delle mense scolastiche che utilizzano materie prime biologiche.

I canali della "filiera corta" (fonte: rapporto Bio Bank 2016)
I canali della “filiera corta” (fonte: rapporto Bio Bank 2016)

“Questa crescita da un lato ci riempie di soddisfazione -dice Vincenzo Vizioli, presidente di AIAB– ma dall’altro di preoccupazione. Il cambio è prima di tutto culturale. Tra le famiglie italiane si fa sempre più strada, infatti, una cultura che richiama ai valori di tutela della salute e dell’ambiente, e che va a braccetto con il modello produttivo che noi di AIAB difendiamo da anni. Allo stesso tempo però il biologico sempre più ricco fa gola a molti. È importante dunque che la politica assuma tutte le misure adeguate per proteggerlo da truffe e malaffare. Noi di AIAB lo chiediamo da tempo e ci auguriamo che chi di dovere risponda in fretta”.

 

AIAB invita a porre l’attenzione su un dato, frutto di una ricerca ISMEA-NIELSEN: nei primi sei mesi del 2016, a fronte di un calo dei consumi convenzionali pari a -1,2%, l’incremento del biologico confezionato venduto sui banchi della grande distribuzione organizzata (GDO) ha toccato il 21%. La GDO, come spiegava ad Ae Vizioli lo scorso anno (leggi “Il biologico va al super”), muta il modello di sviluppo del settore: se è vero che aumentano le superfici dedicate al bio, ciò avviene in modo più che ”proporzionale alla crescita dei produttori, il che significa che nel settore entrano aziende medio grandi ed escono aziende piccole”.

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