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Economia / Approfondimento

Il petrolio russo importato dall’Italia e gli affari con l’Azerbaigian

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, incontra a Palazzo Chigi il presidente della Repubblica dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev © governo.it

Nei primi cinque mesi di quest’anno il nostro Paese ha continuato a importare direttamente gas fossile da Mosca, il quinto fornitore per valore economico, aumentando anche le quantità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Intanto si rafforza la partnership con l’Azerbaigian, tra i Paesi coinvolti nella rivendita indiretta all’Europa di combustibile russo “mescolato” con quello di terzi

A inizio settembre, con larga parte dei media italiani impegnati nel “caso Sangiuliano”, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha incontrato a Palazzo Chigi il presidente della Repubblica dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev. Al termine del vertice del 5 settembre le società fossili Eni e Socar hanno anche firmato tre protocolli d’intesa in tema di “sicurezza energetica, della riduzione delle emissioni di gas serra e nella filiera di produzione dei biocarburanti”.

Il comunicato stampa di chiusura del faccia a faccia “conferma” la “natura strategica del partenariato”. Un’intesa fossile che potrebbe portare fino a Mosca.

A due anni e mezzo dall’invasione russa dell’Ucraina, infatti, l’Italia continua a importare gas russo. La circostanza riguarda tutta l’Europa, sia sotto forma di forniture dirette e sia sotto forma di forniture “mescolate” sfruttando le reti di Paesi terzi compiacenti, con buona pace delle sanzioni e del supporto incondizionato all’Ucraina e a Volodymyr Zelens’kyj.

Secondo un’analisi ripresa da Il Sole 24 Ore due giorni prima dell’arrivo di Aliyev a Palazzo Chigi, importanti partner dell’Unione europea come Azerbaigian e Turchia, o Paesi membri come la Bulgaria o l’Ungheria, starebbero già mescolando, o avrebbero pubblicamente manifestato la disponibilità di farlo, il gas russo con partite diverse per poter così “soddisfare” il fabbisogno europeo. Il tutto a vantaggio però di Gazprom, l’azienda di Stato controllata dal Cremlino, che nel primo semestre 2024 ha triplicato l’utile netto e visto crescere l’export di un quarto rispetto allo stesso periodo del 2023. 

Il caso dell’Italia merita un approfondimento. Il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) pubblica mensilmente i dati aggiornati su importazioni, esportazioni, consumi e produzione interna di gas. Nei primi sei mesi del 2024 (gli ultimi dati disponibili) l’Italia ha importato 30,2 miliardi di metri cubi equivalenti (Smc) di gas fossile contro i 32,4 della prima metà del 2023 a fronte di un consumo interno anch’esso in leggero calo.

Il primo punto di ingresso del gas è sempre Mazara del Vallo (TP) in cui sono transitati ufficialmente 10,7 miliardi Smc contro gli 11,4 miliardi del 2023, il 5,6% in meno. Nella città siciliana arriva infatti il gasdotto Transmed che collega l’Italia all’Algeria, il primo fornitore di gas del nostro Paese, soppiantando proprio la Russia.

I flussi in ingresso dal valico di Tarvisio (UD), storico snodo delle importazioni russe di gas da Nord-Est, hanno visto invece una leggera ripresa, con 2,72 miliardi di Smc contro i 2,18 dell’anno precedente e con un aumento del 200% nel solo mese di giugno. Dati largamente inferiori rispetto a prima della guerra in Ucraina, dove quello di Tarvisio era il primo punto d’ingresso di gas fossile in Italia con 14 miliardi di Smc solo nei primi sei mesi del 2021. Infine, un terzo valico di grande importanza è quello di Melendugno (LE), punto di arrivo del Trans Adriatic Pipeline (Tap) che porta in Italia il metano proprio dall’Azerbaigian, il secondo fornitore del nostro Paese. Il Tap sbuca in Salento passando per la Grecia, l’Albania e il mare Adriatico. A gestirlo è la Tap Ag, i cui azionisti sono Bp, Socar, Snam, Fluxys ed Enagás, con il 20% ciascuna.

Roma, 5 settembre 2024: Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni (a destra), e Rovshan Najaf, presidente di Socar, dopo la firma di un accordo in campo energetico. Alle loro spalle Giorgia Meloni e Ilham Aliyev

I soli dati forniti dal Mase non sono però sufficienti a stabilire se l’Italia abbia aumentato e di quanto le proprie importazioni di gas da Mosca. Informazioni più precise sui Paesi di provenienza le fornisce allora la banca dati dell’Istat sul commercio estero che raccoglie anche le rilevazioni sull’import-export di gas fossile effettuato dall’Italia negli ultimi anni e nei primi cinque mesi del 2024.

A partire dal 2022 gli acquisiti dalla Russia sono scesi ma non si sono mai azzerati. Al contrario, considerando anche l’inizio del 2024, il Cremlino rimane il quinto fornitore del nostro Paese. Nel 2021 la Russia era infatti il primo fornitore per spesa (pari a dieci miliardi di euro) e per quantità (misurata in 20 miliardi di chilogrammi) ma dal 2022 in poi ha cominciato a diminuire drasticamente. In quell’anno infatti l’Istat censisce “solo” otto miliardi di chilogrammi di gas di provenienza russa. Ma a causa dei prezzi record legati alla speculazione finanziaria quella spesa è paradossalmente aumentata, raggiungendo così i 13 miliardi di euro. Il calo prosegue nel 2023 quando le entrate di gas russo raggiungono il “minimo” di poco più di un miliardo di euro.

Ma i primi cinque mesi del 2024 mostrano la Russia al quinto posto in valore monetario dietro Algeria (3,8 miliardi di euro), Azerbaigian (1,3 miliardi), Qatar (841 milioni) e Stati Uniti (762 milioni). Mosca con 742 milioni di euro di valore importato dall’Italia è davanti a Norvegia (658 milioni), Libia (245 milioni) e Olanda (153 milioni). E in termini quantitativi fa segnare una crescita sullo stesso periodo del 2023: 1,6 miliardi di chilogrammi contro 1,4 miliardi. Quella del “gas naturale” è perciò ancora oggi per distacco la prima categoria merceologica russa importata dal nostro Paese.

Ma c’è un pezzo ulteriore. Come segnala Sissi Bellomo su Il Sole 24 Ore, il gas proveniente dalla Russia può raggiungere i Paesi europei -e quindi pure il nostro- anche in modo indiretto. “Mescolare le forniture russe ad altre di origine diversa, per poi smerciarle in Europa, non è difficile sfruttando reti di trasporto di Paesi compiacenti ed eventuali contratti di swap”, scrive Bellomo. E Mosca starebbe portando avanti trattative con Turchia, Bulgaria, Azerbaigian e Ungheria per distribuire ulteriore gas in Europa, mescolandolo con quello di Paesi terzi. Il presidente azero Aliyev avrebbe dichiarato pubblicamente a luglio di quest’anno che la richiesta di distribuire gas russo sarebbe arrivata non solo da Mosca ma anche da “autorità ucraine e dell’Ue”. E avrebbe aggiunto: “Se possiamo aiutare lo faremo”.

Questa partita miliardaria interessa da vicino anche l’Italia, considerando che proprio l’Azerbaigian, dove si terrà paradossalmente la prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Cop29, nella capitale Baku), è il nostro secondo fornitore di gas dietro l’Algeria. Un ruolo chiave e materiale nell’import lo svolge anche la Azerbaijan gas supply company limited: secondo gli ultimi dati dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), infatti, l’azienda azera domiciliata nel paradiso fiscale delle Cayman è, attraverso il Tap, la terza impresa importatrice di gas in Italia nel 2023 dietro solo a Eni ed Edison -che da sole assorbono il 50%- contribuendo per ben il 14% del totale. Affare fatto.

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