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Ambiente / Attualità

UniCredit crede ancora nel carbone, smentendo i propri impegni

Recenti operazioni finanziarie della banca nel settore fossile avrebbero violato la stessa policy dell’istituto. Tra queste, il prestito alla società della Repubblica Ceca EPH per un ammontare complessivo di un miliardo di euro. Questa è proprietaria, tra le altre, della centrale a carbone di Fiume Santo, in Sardegna, tra le principali cause di inquinamento nel Nord dell’isola

René Cataldi - Flickr

In occasione dell’assemblea degli azionisti di UniCredit, Re:Common ha denunciato i preoccupanti passi indietro in materia di clima compiuti di recente dall’istituto di Piazza Gae Aulenti.

Nonostante una posizione sul settore del carbone riconosciuta come tra le più avanzate a livello globale, la banca non ha rispettato gli impegni presi dinanzi alla collettività e ai suoi stessi investitori, con operazioni finanziarie che si configurano come violazioni della propria policy. Solo due settimane fa, insieme ad altre banche internazionali, l’istituto di credito meneghino ha partecipato infatti a un prestito alla società della Repubblica Ceca EPH per un ammontare complessivo di un miliardo di euro.

EPH è divenuta l’emblema di come si possa speculare sull’azione climatica attraverso l’acquisizione di miniere e centrali a carbone obsolete, in fase di dismissione o particolarmente inquinanti, al fine di prolungarne l’operatività. La società ceca è proprietaria, tra le altre, della centrale a carbone di Fiume Santo, in Sardegna, una delle principali cause di inquinamento nel Nord dell’isola. Dal momento che EPH sta espandendo il suo business con l’acquisizione della centrale di Schkopau, di proprietà di Uniper, questo finanziamento si configura come una violazione della policy di UniCredit che prevede l’interruzione delle relazioni con tutte quelle società che stanno espandendo il loro business carbonifero.

A ciò si aggiunge la scelta poco edificante di aver concesso prestiti e sottoscrizioni a società del comparto “oil & gas” per 5,8 miliardi di euro proprio nel 2020, l’anno della pandemia. Inoltre, nello stesso anno, UniCredit ha più che quintuplicato gli investimenti proprio in quelle società che stanno espandendo il proprio business fossile con progetti volti all’esplorazione, produzione e trasporto di idrocarburi, passati da 60 a 340 milioni di euro.

Tra le società che hanno beneficiato maggiormente dei finanziamenti dell’istituto di Piazza Gae Aulenti, troviamo Eni, Total e Repsol.
Con i prestiti accordati negli ultimi anni, 348 milioni di euro nel solo 2020, UniCredit si colloca tra i maggiori sostenitori finanziari della oil major francese Total, che sta costantemente espandendo il suo business fossile, ad esempio con operazioni nella regione artica o con la costruzione dell’oleodotto East African Crude Oil Pipeline (EACOP). Di recente, attori finanziari del calibro di Barclays e Credit Suisse hanno escluso qualsiasi futuro finanziamento di EACOP. Al contrario, sollecitata da Re:Common, UniCredit ha scelto di barricarsi dietro un inquietante silenzio.

Per quanto riguarda l’Artico, la policy di UniCredit esclude la possibilità di finanziare società e progetti attivi nella regione, tuttavia solo offshore. Non pare un caso che siano invece consentiti quelli onshore dove Total è presente in partnership con la russa Novatek.

Lascia inoltre perplessi la proposta, presentata da una pluralità di fondi, della candidatura di Vincenzo Cariello, già membro del consiglio di amministrazione uscente di UniCredit e attuale membro del consiglio di amministrazione di A2A, che detiene numerosi impianti alimentati dai combustibili fossili, tra questi anche la centrale a carbone di Monfalcone, che vorrebbe essere “riconvertita” a gas dalla società.

“Se UniCredit è seria nel suo impegno a fronteggiare la crisi climatica in corso, è bene che la policy sul carbone sia fatta valere in ogni operazione finanziaria” -commenta Simone Ogno di Re:Common- e che si doti di una policy robusta anche su petrolio e gas, a partire da un miglioramento dei criteri per i settori non-convenzionali, tra cui l’Artico, e l’esclusione di investimenti e finanziamenti a quelle società che stanno espandendo il loro business con nuovi progetti di esplorazione, produzione o trasporto di combustibili fossili”, conclude Ogno.

Nell’anno della Conferenza sul clima co-presieduta dall’Italia, nonché del G20 di Roma, gli occhi del mondo saranno puntati sul nostro Paese in materia di clima e transizione ecologica. È bene che gli attori finanziari facciano la propria parte, UniCredit compresa.

Re:Common

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