Altre Economie
Un fazzoletto di terra
In Val Brenta le terre coltivabili sono state strappate alla montagna, metro per metro, dal ‘700. Terrazzamenti abbandonati negli anni 60, e oggi recuperati —
La “piccola terra” di Aziz si affaccia sul lago Subiolo, accanto a una corte di case e vicino a una sorgente d’acqua. Qui un tempo si coltivava tabacco, e oggi cresce la menta marocchina. Se l’olfatto non vi tradisce, per orientarvi in questi paesaggi della Val Brenta -una trentina di chilometri a Nord di Vicenza, tra l’Altopiano di Asiago e il Grappa- potete seguire il profumo dolce dell’aromatica: vi accompagnerà tra i terreni terrazzati della valle, di masiera in masiera, come sono chiamati i muretti a secco che sorreggono questo antico mosaico di “fazzoletti di terra”. Fino agli anni 50 i terrazzamenti della Val Brenta erano occupati dalle coltivazioni intensive di tabacco, che insieme alle produzioni tradizionali -patate, fagioli e piccoli frutti-, sostenevano l’economia locale. La produzione del “nostrano del Brenta” -la pregiata varietà di tabacco che si coltivava in queste terre- crollò in seguito “per la concorrenza sempre più forte delle produzioni di pianura e delle importazioni, che portò alla crisi delle piccole aziende familiari, con un conseguente abbandono dei terrazzamenti”, come spiega Mauro Varotto, docente di Geografia dell’Università di Padova. Oggi i terrazzamenti rappresentano il 5% della superficie della valle, e i muri a secco coprono in tutto oltre 230 chilometri. Pochi, quelli vicini alle abitazioni, sono adibiti a orto, mentre la maggior parte delle masiere è inutilizzata da trent’anni ed è stata occupata dal bosco.
È su questi paesaggi dell’abbandono che è nato il comitato “Adotta un terrazzamento in Canale di Brenta” -promosso dal Comune di Valstagna (Vi), dal Dipartimento di Geografia dell’Università di Padova e dal Club alpino italiano-, che dal 2010 lavora per valorizzare il patrimonio storico e culturale delle masiere tramite un progetto di adozione -a distanza o diretta- dei terrazzamenti abbandonati, per un recupero che sia sostenibile dal punto di vista economico, ecologico e sociale. Chi non ha la possibilità di raggiungere le masiere per prendersene cura direttamente può sostenere il progetto a distanza, con un contributo che va dai 15 ai 90 euro all’anno e copre le spese della manutenzione dei terreni; l’adozione diretta, invece, si rivolge a chi abita più vicino alla Valle del Brenta, dura 5 anni (rinnovabili) e comporta l’iscrizione al comitato “Adotta un terrazzamento” (con una quota di 10 euro). Chi adotta direttamente un terrazzamento si impegna a mantenerlo libero, sia da recinzioni che dalla vegetazione infestante, e a coltivarlo in modo naturale con più varietà di ortaggi, com’era storicamente, usando le fonti del sistema idrico tradizionale, cisterne, vasche e canalette in pietra che si sono conservate nel tempo. Dall’autunno 2010 le richieste di adozione sono state oltre 60, e fino ad oggi i terreni assegnati e rimessi a coltura sono 53, la maggior parte da persone che abitano in città e vengono a prendersi cura di queste piccole terre lontane dalla frenesia urbana, a contatto con la natura. “L’estrazione sociale e la provenienza di chi adotta i terrazzamenti sono diverse, ma quel che accomuna tutte queste esperienze è la mancanza di interessi economici”, sottolinea Mauro Varotto. L’idea di costituire una cooperativa agricola per la vendita dei prodotti coltivati sulle masiere, ad esempio, non suscita al momento interesse tra le persone coinvolte che anzi “temono che il progetto possa essere compromesso da logiche di carattere economico”.
Le storie di alcuni di loro -di Aziz e la sua menta, di Antonia e Romeo, insieme a quelle di Giacomo e Claudio, coltivatori locali- sono raccontate nel documentario “Piccola terra”, per la regia di Michele Trentini e Marco Romano (vedi box), nel quale le immagini di questi “nuovi contadini” si alternano a quelle della coppia di anziani coltivatori di tabacco che costruiscono a mani nude una masiera nel film di Giuseppe Taffarel “Fazzoletti di terra”, girato a Valstagna nel 1963. In “Piccola terra” il tramonto della Val Brenta degli anni 60 -racchiusa nella solitudine dei fotogrammi di Taffarel, che consacravano la sconfitta di un sistema economico e sociale- sfuma nel presente e si trasforma inelle storie positive, quelle di alcune persone e del “loro legame con un ‘fazzoletto’ più o meno grande di terra”, come spiega Michele Trentini. In quelle terre libere dalle fatiche del passato, dalla pianificazione e da ogni interesse economico -marginali come sono rispetto alla cava di fondovalle, la superstrada Valsugana e il turismo dell’Altopiano- ci si riappropria del senso dei luoghi, si ripristinano le terrazze, si riassettano i muri, si taglia la legna, si coltiva. Aziz Wahbi abita a Valstagna da 18 anni e da due gestisce con il fratello Amin la pizzeria “Al canaletto”, l’ultima rimasta a Oliero, un microcosmo nel quale si intrecciano culture diverse, a partire dalla voglia di conoscere e preservare il territorio nel quale si abita. Nell’ottobre del 2010 anche Aziz ha adottato un “fazzoletto di terra”, e oggi lo coltiva a menta, una pianta che qui prima non cresceva, ingrediente fondamentale del tè fresco e zuccherino che beviamo in sua compagnia.
La menta che cresce sulla masiera al Subiolo è della varietà “El brouje”: 10mila piantine provenienti dalla valle marocchina di Ourika sono state trapiantate su questo terreno terrazzato e oggi crescono rigogliose. “La menta ha bisogno di poche cure: acqua e sole, e una coperta d’inverno” racconta Aziz. “I terrazzamenti della Val Brenta hanno una storia molto bella -continua-, che ho iniziato a conoscere dieci anni fa. Mi ha colpito molto la storia di questi valligiani che dal 1700 hanno costruito quei fazzoletti di terra per vivere. Hanno lavorato molto, sacrificandosi, e per noi oggi questi terrazzamenti sono un patrimonio storico e culturale importante, che non possiamo abbandonare”. Secondo Aziz, la massima espressione dell’integrazione è “toccare la terra con le mani”, per coltivarla. “Provengo da una famiglia contadina, da una bellissima valle, l’Ourika, terrazzata proprio come la Val Brenta”, dice. La masiera al Subiolo era abbandonata da trent’anni: per sistemarla Aziz si è fatto aiutare dal figlio Adam e da altri amici della comunità marocchina, “sistemando le pietre e zappando la terra ho fatto conoscere anche a loro questa storia”, racconta. Oggi il terrazzamento è ricoperto da un denso tappeto profumato, di un verde intenso: con il ricavato della vendita del primo raccolto è stata finanziata l’attività del comitato “Adotta un terrazzamento”, mentre la menta del secondo raccolto è stata regalata ai centri islamici, alle moschee e alle macellerie halal della zona. Buona parte del raccolto viene usato direttamente al Canaletto: Aziz prepara il tè alla menta e lo offre a chiunque metta piede in pizzeria, insieme a un racconto che intreccia le tradizioni della cucina maghrebina con la storia delle masiere della Val Brenta. (Ha collaborato Pierangelo Miola) —
"Geografie" locali
“Piccola terra” (54’) è un documentario di Michele Trentini e Marco Romano, girato tra Italia e Marocco nel 2012. È uscito per la collana “iBorderline – produzioni di confine” (www.iborderline.net). Già premiato come miglior reportage televisivo alla 60° edizione del Trento Film Festival, ha vinto l’edizione 2012 del festival Cinemambiente di Torino, nella sezione documentari italiani. “iBorderline” è un progetto culturale nato alla fine del ‘99 col nome di Intraisass (antico toponimo delle montagne veneto-trentine). “Piccola terra”(libro + dvd, 16 euro) è una produzione partecipata, che vede la collaborazione del Dipartimento di Geografia dell’Università di Padova e dell’editore veronese Cierre.