Altre Economie
Un brindisi contro la camorra
A pochi passi dalla discarica, il terreno del clan Simeoli, confiscato nel ‘99, torna solo oggi alla collettività. Un’occasione di riscatto —
“Oggi queste non sono più le terre di Gomorra ma del riscatto e della legalità dove si coltiva la speranza e si organizza il coraggio giorno per giorno”. Ciro Corona guarda i 14 ettari di vigneti e pescheti, confiscati alla camorra, con gli occhi lucidi. Quando è arrivato la prima volta davanti ai cancelli di questi campi in località Martino di Fuschi, l’anno scorso, a due passi dalla famosa discarica di Chiaiano, dentro c’erano ancora “loro”, nonostante la confisca avvenuta 13 anni prima. Oggi ci lavora la cooperativa “(R)esistenza” di cui Ciro è presidente: cinque soci, tre ex tossicodipendenti e cinque ragazzi mandati dal tribunale dei minorenni. Ogni giorno salgono su questa collina per potare il vigneto, zappare il pescheto. Quest’estate non resteranno soli, visto l’arrivo di giovani da tutt’Italia impegnati nei campi di lavoro.
“Ogni barattolo di marmellata prodotta è una battaglia vinta contro la camorra. Qui faremo degli orti sociali, porteremo le scuole, le associazioni, e tutti potranno riappropriarsi del maltolto”, spiega Ciro, che con gli altri ha voluto intitolare questo bene alla Selva Lacandona e Amato Lamberti, studioso e avversario della camorra.
Corona è nato e vive a Scampia, vicino alle piazze dello spaccio, a due passi dalle “Vele”. Lui, che ha visto fin da piccolo chi moriva d’overdose davanti alla finestra di casa, non ha mai smesso di sognare, di provare a vincere la guerra con la camorra. Ha imparato a vivere con la morte davanti agli occhi senza arrendersi. E ce l’ha fatta.
“Questa terra è stata confiscata alla famiglia Simeoli 13 anni fa ma per tutto questo tempo hanno continuato a lavorarci indisturbati. Hanno fatto un vigneto, hanno scavato un pozzo di 280 metri, è salita la macchina per trivellare. Nel 2008, a un chilometro di distanza -spiega il presidente della cooperativa- hanno realizzato la militarizzata discarica di Chiaiano, ma nessuno si è mai accorto di nulla. L’anno scorso ho conseguito il master per la gestione dei beni confiscati; sono andato sul sito dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati per vedere quali fossero i beni sul mio territorio e ho scoperto questo appezzamento. Abbiamo subito iniziato l’iter dell’affidamento: a febbraio 2012 è stato messo nuovamente sotto sequestro ma fino a luglio scorso venivano di notte a lavorare, al mattino trovavo l’erba irrigata. Durante l’estate finalmente siamo riusciti ad averlo in gestione: abbiamo raccolto i frutti del loro lavoro, è stato bellissimo. Questo è il loro vino, assaggialo. Brindiamo, ha un gusto in più”.
Ciro stappa la bottiglia, mi versa il bianco con soddisfazione. Poi confida: “Certo questo non è il massimo ma la nostra vendemmia sarà fatta seguendo le direttive dell’azienda ‘Grotta del sole’ che fa solo Falanghina Doc; vinificheranno loro, ci hanno chiesto di avere un certo standard di qualità. Puntiamo a produrre 20mila bottiglie e 160 tonnellate di marmellate. Lo scorso anno grazie al pescheto abbiamo fatto il ‘pacco alla camorra’ che ha avuto un grande successo”. Resta la paura che qualcosa possa andare storto, il timore che quell’impianto d’irrigazione venga tagliato, che qualcuno prima o poi si faccia vivo. All’indomani del lunedì di Pasqua, dopo che 500 persone si erano ritrovate alla Selva di Chiaiano, Ciro ha avuto visite: tre persone, un ragazzo, un signore anziano e una ragazza, sono entrate nei campi a bordo di un’auto.
“Quando mi hanno visto, hanno abbassato il finestrino e mi hanno detto: ‘Sono il nipote di don Angelo Simeoli. Ho visto che state lavorando ma tu chi sei?’. Non ho avuto timore e gli ho risposto: ‘Veramente ora l’hanno affidato a noi, non è più dei Simeoli’. E lui: ‘No perché ho visto che fino a qualche mese fa dovevate potare e ora lo state facendo. Mi raccomando, lavorate bene, non vi dimenticate che è sempre nostro, prima o poi ce lo veniamo a riprendere’. Nessuno della cooperativa ha però alzato bandiera bianca”. Basta passeggiare con Ciro per il terreno per capire i progetti nel cassetto. Attraversiamo il pescheto che confina con un bosco: “Qui vogliamo fare un parco volante, adibito con i ganci e le funi”.
Ci arrampichiamo per la collina, a due passi dalla discarica di Chiaiano chiusa dalla magistratura quando ha scoperto che i custodi erano nel libro paga del clan dei casalesi. Si vedono ancora le balle di rifiuti. “Vedi questi due ettari di terra incolta? Li trasformeremo in orti sociali: abbiamo aperto il terreno a tutte le associazioni, le scuole, le cooperative del territorio. Faremo un avviso pubblico per invitarli a coltivare qui e costruiremo un parco giochi per i bambini”.
Senza accorgermi inciampo in un buco nel terreno: “È quanto resta -spiega Ciro- dei ciliegi che hanno portato via durante la notte del 16 marzo. Una cinquantina di alberi strappati con pale e picconi. Hanno scavato un paio di metri, 4 o 5 uomini con l’aiuto di camion hanno rubato tutto. Questi sono alberi selvatici che costano poco, per cui non hanno fatto un affare. Questo lavoro non è stato eseguito da chi conosce l’agricoltura. Un dispetto della camorra? Non so. Resta un mistero”.
Intanto qualcuno osserva. Nel bel mezzo del terreno confiscato sorge una sontuosa villa: “È di un ex assessore” spiega il presidente della cooperativa con un eloquente sorriso accennato sul volto.
È quasi sera, Ciro nel pomeriggio ha accolto sul terreno confiscato alla camorra un gruppo di giovani arrivati da un piccolo paese del bergamasco, Predore, venuti qui per conoscere chi resiste.
È ora di tornare a Scampia. Un elicottero della Polizia di Stato sorvola le Vele. Per le strade, le volanti e i mezzi dei Carabinieri che presidiano ogni angolo, ogni piazza dello spaccio.
Lì Ciro Corona continua l’altra parte della sua vita: si è fatto assegnare dal Comune una scuola ormai abbandonata e la sta ripulendo. Quando l’ha riaperta il pavimento era ricoperto di uno strato di siringhe. “Quest’estate chi verrà a lavorare con noi, vedrà anche quello che abbiamo fatto qui a Scampia. Staremo tra i vigneti ma non potremo non guardare a quanto sta accadendo nel quartiere con il più alto tasso di abbandono scolastico d’Europa. La lotta alla camorra la vinceremo quando ci sarà una presa di posizione politica vera, ma soprattutto quando ognuno di noi sentirà questa questione come un problema che appartiene a Nord e Sud, a tutti”. —
Coltura antimafia
Sabato 22 e domenica 23 giugno il primo forum dell’agricoltura sociale si terrà sui terreni della Selva Lacandona. Per due giorni le aziende e le cooperative sociali che si prendono cura non solo della terra ma anche di ciò che la circonda attraverso il reinserimento di persone svantaggiate, si incontreranno tra i vigneti e il pescheto confiscati alla camorra a Chiaiano. Due giorni per mettere a confronto esperienze, per ascoltare testimonianze di produttori agricoli, associazioni, famiglie, persone in situazione di disagio, consumatori responsabili, amministratori. Ciro Corona e la cooperativa “(R)esistenza” sono pronti a spalancare i cancelli dei loro campi. Per loro si tratta di un biglietto da visita importante: a meno di un anno dallo start, decine di realtà toccheranno con mano il lavoro che è stato svolto in questi mesi. Un modo per conoscere meglio l’agricoltura sociale: in Italia sono fiorite in questi anni molteplici esperienze. Il dibattito ha messo in evidenza la necessità di realizzare un luogo di confronto, di elaborazione e di rappresentanza dell’agricoltura sociale. Questo ha portato a coagulare le molte sensibilità presenti tra le realtà operative intorno all’obiettivo della costituzione di un Forum nazionale, avviato a Firenze, nell’ambito di Terrafutura, il 21 maggio 2011. A giugno un nuovo passo proprio sulle terre della speranza e del coraggio. “La giornata sarà strutturata attraverso una serie di workshop che affronteranno diverse tematiche. Si parlerà -spiega Corona- sicuramente della situazione nella vicina discarica, che confina con i nostri 14 ettari, e della bonifica del territorio”.