Nel 2014, sono stati accertati 361 casi di intimidazioni o minacce a danno di amministratori locali. Il quadro in peggioramento è contenuto nel Rapporto 2014 Amministratori sotto tiro curato dall’associazione Avviso Pubblico (che ha una rubrica su Altreconomia). Ordigni, aggressioni, attentati incendiari. Grave la situazione al Sud -in particolare in Sicilia- e presso i centri medio-piccoli. Roberto Montà, sindaco di Grugliasco e presidente di Avviso Pubblico: "Conoscenza e denuncia sono i primi strumenti di tutela"
Ogni giorno, in Italia, un amministratore locale è vittima di atti di intimidazione o minaccia. È il dato che emerge dal rapporto 2014 “Amministratori sotto tiro” a cura di Avviso Pubblico -Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie-, associazione presieduta da Roberto Montà, sindaco di Grugliasco (TO). Lo stesso Montà che, nella presentazione del Rapporto, ha sottolineato il valore della conoscenza e della denuncia: “È la prima forma di protezione”. Aggiungendo che “Battersi perché anche a livello legislativo si facciano dei passi avanti è il compito che Avviso Pubblico perseguirà fino alla presentazione del prossimo Rapporto”.
Sono 361, infatti, le violazioni subite da amministratori e funzionari pubblici censite da Avviso Pubblico lo scorso anno, 10 in più rispetto al 2013. Si tratta di “auto incendiate, lettere contenenti minacce e proiettili, spari alle abitazioni, uso di esplosivi, aggressioni verbali e fisiche, tentati omicidi. Alcuni sindaci, anche del Nord, costretti a vivere sotto scorta”.
L’area geografica più esposta è il Sud, con il 64% dei casi, e la Regione che registra il maggior numero di fatti giunti alla conoscenza di Avviso Pubblico -dunque riferiti dalle cronache-, è la Sicilia, 70 casi, un quinto del totale. Seguono Puglia –l’anno scorso aveva il primato della classifica, nel 2014 ha fatto registrare 54 casi, pari al 14% del totale–, Calabria e Campania, entrambe con 52 casi, pari al 14% del totale.
Spendersi in città di medio-piccole determina rischi maggiori, anche se il rapporto enumera gli atti intimidatori occorsi in grandi centri: Catania (Enzo Bianco), Livorno (Alessandro Cosimini), Lucca (Alessandro Tambellini), Monza (Roberto Scanagatti), Palermo (Leoluca Orlando).
Lo “principale forma di intimidazione” è l’incendio -31% dei casi-, utilizzato contro automobili di proprietà personale (64% dei casi), mezzi dell’amministrazione pubblica (17%), strutture e uffici pubblici (10%, è il caso di Palagonia, CT). “A fuoco -sostiene Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico e curatore del report- sono andate anche abitazioni di amministratori, attività commerciali e aziende di loro proprietà (9%)”.
Minacce scritte, pallottole, polveri, lettere diffamatorie e post offensivi sui social network. Un caso particolare è quello accaduto al Sindaco di Monteforte S. Giorgio (ME), Giuseppe Cannistrà, il quale, oltre alle minacce, ha scoperto la collocazione di due microspie illegali nel suo ufficio (la DDA ha aperto un’indagine). Schizzano gli atti di aggressione fisica, quadruplicati rispetto al 2013 fino a raggiungere quota 12% dei casi registrati. Per ostacolare l’attività amministrativa si è ricorso a ordigni di vario tipo: “bottiglie molotov, petardi, bombe carta, veri e propri esplosivi, come avvenuto nel caso di un assessore del Comune di S. Vito dei Normanni (BR)”.
A render ancora più odioso il quadro è il tasso di impunità. “Nella maggior parte dei casi -affermano i curatori del report- è da sottolineare come siano rimasti ignoti i soggetti che hanno messo in atto gesti di intimidazione e minaccia verso amministratori locali e personale della PA”. Interessante, al
netto della gravità della condotta, l’identikit abbozzato (vista la difficoltà a ricostruirlo con certezza) degli autori delle intimidazioni. “Disoccupati o persone che hanno perso il lavoro e non riescono a ricollocarsi, persone che chiedono sussidi pubblici, tossicodipendenti, persone sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio, pregiudicati, sorvegliati speciali, soggetti che nutrono un sentimento di odio verso migranti o nomadi”.
Una situazione insostenibile per certi versi, ma che l’intervista di Agnese Moro a Pino Tilocca, sindaco di Burgos, piccolo comune della provincia di Sassari, contenuta nel Rapporto, contribuisce a illuminare. Durante la sua legislatura (2000-2005), Tilocca è stato minacciato, intimidito, raggiunto da esplosioni. La tomba di sua madre è stata devastata con un piccone e il padre è stato ammazzato sulla porta di casa nel 2004 con una bomba. Ora è preside di una scuola -fa il maestro di mestiere- e si spende perché vengano trattati temi come “l’educazione alla pace, alla giustizia sociale, alla cittadinanza”. Cercando giustizia, non vendetta.
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