Cultura e scienza / Intervista
Tradizione e modernismo nei disegni di Ichraq Bouzidi
Ichraq Bouzidi è una delle illustratrici più note del Medio Oriente. Su Instagram dà forma alla vita quotidiana nel mondo arabo reinterpretando i suoi simboli in modo spiazzante. A partire dalle donne, protagoniste assolute delle sue tavole
“I piccoli dettagli della vita quotidiana mi fanno riflettere sui nostri sentimenti, le nostre emozioni e le nostre esperienze. Non so perché, accade e basta. Da sempre tengo un diario di disegni, giornaliero o settimanale, invece di scrivere come fanno molte persone. Quello che capita, lo disegno, di istinto”. Ichraq Bouzidi, con le sue illustrazioni, è diventata una delle artiste visuali più note in Medio Oriente e non solo, grazie a un profilo Instagram molto seguito. Nata a El Youssoufia, in Marocco, da anni residente a Dubai, Ichraq non ha seguito subito il suo talento. “Sono architetta, l’ho fatto per otto anni. Questo mi ha permesso di viaggiare, lavorare a progetti molto interessanti in tutto il Nord Africa e il Medio Oriente. Io ho sempre e solo voluto fare illustrazione ma era fuori discussione per i miei genitori. Appena ho potuto, ho fatto quel che volevo: essere un’artista. Quando dovevo decidere che cosa studiare -racconta Ichraq- mi è sembrato un buon compromesso perché per i miei fare l’artista era per privilegiati, per bohémien, e non potevo imporre la mia volontà in quel momento. L’architettura è stata la via d’uscita, il compromesso. E va bene così”.
Nel 2015 Ichraq lascia il Marocco per Dubai. Da quel momento, lentamente, il suo lavoro inizia a essere conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. A volte Ichraq s’ispira a fatti di cronaca, altre volte sono visioni più intime, altre ancora sono i grandi accadimenti a farle esprimere il suo punto di vista con l’arte. Come con la pandemia. “Viviamo un momento critico, un periodo che cambia la vita. Non avrei mai immaginato che avremmo vissuto un’esperienza così difficile. Che cosa ci aspetta? C’è una via d’uscita? Sono le domande che continuo a ripetere ogni giorno. Mi ha stupito vedere come l’umanità nel suo insieme sia in grado di adattarsi a questa terribile crisi, dalle piccole abitudini sociali allo stile di vita. È stato impegnativo e stimolante, ho sempre trovato ispirazione dalle esperienze quotidiane, e questa è unica”.
Anche prima del Covid-19 erano la vita quotidiana e i suoi simboli a stimolare Ichraq. Come con gli animali in contesti familiari e sociali spiazzanti. Una donna coperta dal velo che lascia intravedere solo gli occhi e un orso accanto a lei sul divano. “L’orso e il gatto sono due simboli per me. L’orso è una metafora di uno stato d’animo, il periodo di letargo, dove i sentimenti e le emozioni sono messi in standby: è una fase temporanea che rappresenta l’isolamento, la solitudine e il periodo in cui non riesco ad esprimermi bene. Il gatto invece è l’eterno compagno, fin dalla mia prima infanzia e per la natura del lavoro di mio padre ci trasferivamo molto spesso e da bambina ho sempre trovato rifugio nei gatti perché era molto difficile fare amicizia a causa dell’instabilità abitativa”. Nei lavori di Ichraq ci sono anche protagonisti che a una lettura superficiale parrebbero avulsi dall’immaginario mediorientale. Una sua serie molto famosa è “Normalizzare i supereroi” in cui ha vestito i suoi personaggi nei ruoli di Spiderman o Batman. “Penso che nelle nostre società ci sia la necessità di normalizzare i supereroi e di esaminare a fondo i ruoli delle persone comuni e il valore che essi aggiungono alla società. Dietro questa serie c’è un interrogativo su chi siano i veri eroi. Un modo sarcastico per attirare l’attenzione sulla normalità come potere in sé e per far luce sugli eroi che incontriamo nella vita di tutti i giorni, ma che non apprezziamo”. E le donne. Sempre, comunque presenti nei lavori di Ichraq.
“Il dibattito sul ruolo delle donne nel mondo arabo è un tema centrale, ma anche a Parigi o a New York c’è molto lavoro da fare. Affrontare e combattere gli stereotipi del passato è una parte importante del dibattito stesso. Come artista araba, e come donna, è molto importante per me far luce sulle sfide che le donne stanno affrontando nel mondo arabo. Di recente ho ideato una serie chiamata ‘Difetti intellettuali’, che racconta le lotte quotidiane che le donne arabe affrontano: molestie e stereotipi. La serie ha avuto una copertura enorme, è stata condivisa migliaia di volte, ne sono felice. La figura femminile nei miei disegni è una complessa rappresentazione di me stessa a volte, delle donne che ho incontrato, delle madri, delle sorelle, delle vicine che hanno attraversato il mio cammino e che hanno lasciato tracce nella mia vita, in un modo o nell’altro. Ci sono due rappresentazioni principali nel mio lavoro: la figura moderna minimalista e la figura tradizionale marocchina. È il mio modo di riflettere sulla nostra complessa identità di donne nordafricane e arabe, in lotta tra modernismo e tradizione. Ho sempre sentito che dentro di noi ci portiamo implicitamente entrambe le parti: la figura sociale ereditata dal passato e la figura moderna di oggi, entrambi i volti contrastati abitano la nostra anima e sono parte di ciò che siamo”, spiega Ichraq. Che pur non parlando espressamente di politica, la evoca in svariati modi nei suoi lavori, entrando a pieno titolo nel gruppo di artisti che, prima con gli attentati del 2001 e dopo con le rivolte del 2011, in alcuni casi pagando un caro prezzo, hanno iniziato a raccontare il loro mondo senza attendere di essere sempre raccontati.
“La figura femminile nei miei disegni è una complessa rappresentazione di me stessa a volte, delle donne che ho incontrato, delle sorelle che hanno attraversato il mio cammino”
“Penso che sia importante come artista araba raccontare le nostre storie come un modo per saltare i confini con il resto del mondo. C’è sempre stato, e c’è ancora, un grande malinteso sulla ‘arabità’, individuale e collettiva. A causa del modo in cui i media internazionali la hanno raccontata, ma anche per le tristi esperienze che il mondo occidentale ha affrontato con l’estremismo e le conseguenze della cattiva integrazione di alcuni immigrati, l’‘arabità’ è sempre stata legata alla religione. Nel mio lavoro cerco di creare una vicinanza tra la nostra cultura e il resto del mondo, insistendo sul patrimonio e sulla tradizione nel modo in cui disegno i miei personaggi, esseri umani che condividono gli stessi sentimenti con molte persone in tutto il Pianeta. Cerco anche di spiegare che non c’è alcun legame tra la religione e l’abbigliamento e che si tratta piuttosto di una cultura tradizionale. Credo che la complessità dei sentimenti, i ‘non’ detti, siano il modo giusto di raccontare il mondo arabo e tutto il mondo in generale. Quello che conta, come esseri umani, è quello che vogliamo esprimere ma non riusciamo a fare, che sentiamo e che non possiamo condividere a causa della complessità della nostra cultura o forse solo della natura dell’essere umano, o forse di entrambi”.
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