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Economia / Approfondimento

Rifiuti preziosi: tariffa puntuale e raccolta differenziata convengono

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Nuovi dati dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra) relativi a un campione di enti locali confermano il risparmio sui costi in tariffa grazie al metodo “paga in base a quanto butti”. E il sistema è più resiliente

Tratto da Altreconomia 225 — Aprile 2020

In Val di Susa alcuni comuni stanno decidendo di passare alla tariffazione puntuale. È il caso di Avignana e Almese. Altri, come Sant’Antonino di Susa e Susa, l’hanno già fatto. Alessio Ciacci, presidente di Acsel Spa, l’azienda pubblica che si occupa dell’igiene urbana in 40 comuni della valle, li sta seguendo da vicino. Dal 2007 al 2013 Ciacci è stato assessore all’Ambiente a Capannori (Lucca), il primo in Italia ad avere adottato la strategia “Rifiuti zero”. Il Comune ha introdotto la tariffa puntuale nel 2013 con l’obiettivo di incrementare la differenziata e ridurre la produzione dei rifiuti. Ha raggiunto la più alta percentuale di raccolta differenziata tra le città toscane sopra i 15mila abitanti: secondo i dati certificati dalla Regione, è stata dell’86,6% nel 2016. La sua tariffa sui rifiuti inoltre è la più bassa della provincia: nel 2017 il costo per due persone in 70 metri quadrati con un numero minimo di ritiri è stato di 141 euro, mentre quello per quattro persone in 100 metri quadrati è stato di 242 euro (nel 2016 rispettivamente i costi erano 143 euro e 245 euro).

“Il vantaggio della tariffazione puntuale è poter educare l’utenza, come avviene per gli altri servizi a rete, come l’acqua o l’energia, in cui il cittadino è abituato a pagare in funzione dei consumi effettuati. In questo caso, si tratta di spingere il singolo a produrre meno rifiuti, soprattutto quelli non riciclabili, perché una parte variabile della tariffa è legata all’effettiva produzione annua del rifiuto. Il tutto attraverso un monitoraggio di rilevazione del sacco o del bidoncino del non riciclabile grazie a sistemi di radiofrequenza o di microchip che ne rilevano facilmente ogni ritiro effettuato dagli operatori”, spiega. “Sarebbe un errore però pensare che il sistema di tariffazione puntuale valga solo per i piccoli comuni. Milano ci sta lavorando”, afferma riferendosi alle trattative che Palazzo Marino sta portando avanti con l’Amsa. “Non ho dubbi sul fatto che potrebbe arrivare anche a Roma. Sarebbe necessario un passaggio preliminare: trasformare il sistema di raccolta nei cassonetti con quello a raccolta domiciliare che responsabilizza l’utente e migliora le percentuali di raccolta differenziata. Quando il sistema è consolidato, possono volerci un paio di anni, si può passare alla tariffazione puntuale”, conclude.

40 i comuni in Val Susa dove opera l’azienda pubblica di igiene urbana Acsel. Il presidente è Alessio Ciacci, già assessore all’Ambiente di Capannori (LU), il primo comune italiano ad aver adottato la strategia “Rifiuti zero”

Le prime esperienze di tariffa “a consumo” sono partite a metà anni 90 in provincia di Bolzano. “Negli ultimi anni il trend di chi passa alla tariffazione puntuale è cresciuto, in particolare nelle Regioni del Nord”, spiega Lucia Muto, ricercatrice preso l’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale (Ispra). Nell’ultimo rapporto dedicato alla produzione di rifiuti urbani (RU), che ha coinvolto 7.954 comuni italiani, l’Istituto ha dedicato un’ampia analisi ai dati economici derivanti dal sistema di tariffazione puntuale e da quello a Tari “normalizzata”. In particolare, Ispra ha condotto uno studio su un campione di 593 Comuni, per una popolazione di ben quattro milioni di abitanti, che seguono il principio del Pay as you throw: paga in base a quanto butti. Anche se i dati non sono esaustivi perché non si riferiscono a tutti i Comuni che applicano la tariffa puntuale (dato ignoto) ma solo a chi ha risposto al questionario di indagine elaborato da Ispra, il rapporto ha evidenziato che nei Comuni a tariffazione puntuale il costo totale medio pro-capite a carico del cittadino è stato inferiore rispetto a quelli a Tari “tradizionale”. Nel primo caso, nel 2018 il costo totale medio pro-capite si è attestato a 157,79 euro; nel secondo il dato medio nazionale è stato di 173,92 euro per abitante. Quasi 20 euro. Il campione di indagine è stato elaborato suddividendo i comuni per classi di popolazione (dai casi inferiori ai 5mila abitanti e ai superiori i 150mila). Nei centri tra i 5.001 e i 10mila abitanti con Tari normalizzata il costo medio per abitante è stato di 134,77 euro: nella stessa fascia ma con tariffazione puntuale si scende a 95,58 euro. “Sul costo medio pro capite incidono anche i ricavi derivanti dalla vendita di materiali, provenienti dalla raccolta urbana, che trovano una effettiva destinazione nella filiera del recupero e del riciclo”, spiega Muto ricordando come in Italia nel 2018 siano stati prodotti 30,2 milioni di tonnellate di RU.

I Costi medi per abitante nei comuni italiani che hanno applicato la tariffa puntuale nel 2018. Il campione analizzato dall’Ispra è di 593 enti locali per ben quattro milioni di residenti

Oltre alla tariffa puntuale, Ispra ribadisce la centralità della differenziata. Secondo il professor Enzo Favoino, tecnico e ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza, centro studi che ricopre un ruolo di primo piano per lo sviluppo e il rafforzamento di pratiche di raccolta differenziata, riciclaggio, compostaggio e riduzione dei rifiuti, il rapporto consente di scardinare la credenza che la differenziata, anche se è utile, abbia costi elevati. “In realtà aiuta a risparmiare. Si tratta del meccanismo che gli economisti definiscono internalizzazione delle esternalità ambientali: se non agli inizi, la differenziata fa risparmiare rispetto alla situazione che si verrebbe a creare in sua assenza perché i costi dello smaltimento in discarica sono elevati, anche grazie alle direttive europee che stabiliscono l’obbligo di pretrattamento del rifiuto solido”, spiega. “Le zone con più raccolta differenziata sono quelle dove i costi sono minori perché il sistema diventa più resiliente rispetto all’aumento dei costi di smaltimento finale. L’incidenza del costo finale è marginalizzata”, conclude.

“La differenziata fa risparmiare rispetto alla situazione che si verrebbe a creare in sua assenza anche perché i costi dello smaltimento in discarica sono elevati” – Enzo Favoino

È il caso di Trento dove, secondo i dati Ispra, nel 2018 il dato medio ottenuto con il Pay as you throw è stato di 153,67 euro annui con un livello di differenziata pari all’81,5%. O la provincia di Treviso, dove la differenziata si è attestata all’87,3%. Insieme a quella di altri 48 comuni, la gestione dell’igiene urbana di Treviso è organizzata dal Consorzio Contarina che si occupa della raccolta porta a porta, trattamento e recupero dei rifiuti. La società è a completa partecipazione pubblica, diretta e coordinata dal Consiglio di Bacino Priula, il più ampio e popoloso bacino di Comuni con tariffazione puntuale in Italia. “La tariffa è composta da una parte fissa annuale, che copre i costi generali del servizio e attività come la pulizia delle strade e del territorio, e da una variabile che copre i costi di raccolta e il loro trattamento. La prima è calcolata in base al numero di componenti del nucleo familiare; la seconda in base al numero di svuotamenti del contenitore del secco non riciclabile”, spiega Paolo Contò, il direttore del Consiglio di Bacino Priula. Per esempio, secondo le tariffe che il Consorzio nel 2018 ha applicato su un totale di quasi 554mila abitanti, la quota fissa per una famiglia mono-nucleare è di 78,66 euro annui, 93,67 euro per due persone fino ad arrivare a 107,56 euro per una famiglia composta da cinque membri. “La tariffazione puntuale responsabilizza l’utente perché è legato alle sue scelte. Un circolo virtuoso: hai meno rifiuti, hai meno costi nella gestione e meno sforzo di raccolta”, spiega. È d’accordo Franco Bonesso, assessore all’Ambiente di Trevignano: “I cittadini la percepiscono come un dovere civico”. Nel 2018, secondo i dati Ispra, nel Bacino Priula la produzione di rifiuto secco residuo indifferenziato è stata di soli 57 chilogrammi per abitante per anno.

87,3 la percentuale della raccolta differenziata raggiunta dalla provincia di Treviso nel 2018

Parma, con 194.471 abitanti, è il comune più grande in Italia ad applicare la tariffa a consumo. L’ha introdotta nel 2015 ma prima aveva già avviato un sistema di raccolta porta a porta, muovendosi da alcuni quartieri residenziali e poi allargandosi al resto della città. “Questo passaggio preliminare ha sensibilizzato il cittadino, agendo sui suoi comportamenti. Solo dopo abbiamo introdotto la tariffa a consumo, una forma di incentivo economico”, spiega l’assessora alle Politiche di sostenibilità ambientale Tiziana Benassi. “I risultati sono stati molto buoni perché in cinque anni abbiamo aumentato la raccolta differenziata che è passata dal 46% al 80% nel 2017”. A Parma, secondo i dati del Comune, tra il 2015 e il 2017 la Tari domestica è diminuita del 6% passando da 257,8 euro a 242,40 euro. Inoltre, ci sono incentivi (meno 20% sulla quota variabile della Tari) per chi pratica il compostaggio domestico e per chi porta i rifiuti indifferenziati nei centri di raccolta. “La tariffa puntuale inserisce in un percorso virtuoso perché permette anche di diminuire la quantità di rifiuto indifferenziato che finisce in discarica. A Parma la riduzione è stata del 64%”. Aiuta a chiudere il cerchio.

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