Ambiente / Attualità
Sulle uova avvelenate da diossine e Pfas nel veneziano
Gli attivisti di Marghera, in collaborazione con Isde, hanno realizzato analisi su un campione da galline che razzolano a terra, trovando valori oltre i limiti per diossina, Pcb e valori molto alti anche di Pfas. Il Sin Marghera non è stato ancora bonificato ed è raccomandato di non aggiungere impianti inquinanti. Ma c’è chi ha altri progetti
“Uova di gallina contaminate da diossine e Pfas nel veneziano”: è quanto emerge dal primo biomonitoraggio indipendente svolto dal Coordinamento “No inceneritore Fusina” con il supporto scientifico dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde Italia).
“L’indagine è stata condotta nel corso dell’estate 2023 su quattro campioni di uova provenienti da galline allevate all’aperto in pollai familiari, senza uso di antibiotici o altri prodotti chimici -ha spiegato la dottoressa Vitalia Murgia, di Isde, durante la conferenza stampa organizzata il 15 settembre a Venezia presso il Palazzo dell’assemblea regionale-. Le uova sono state prelevate con tutte le precauzioni del caso e affidate a un laboratorio accreditato specializzato in analisi alimentari. Due campioni provenienti il primo dalla zona di Villabona e il secondo dall’area agricola a Sud di Malcontenta, entrambe in provincia di Venezia, hanno evidenziato valori altissimi di diossine, furani e policlorobifenil (Pcdd/F e Pcb), da due a oltre cinque volte il limite di legge. Con l’assunzione di una sola di queste uova anche un adulto supererebbe la dose settimanale tollerabile (Dst), mentre per i bambini più piccoli si arriva fino a 6-7 volte la quantità consentita. In pratica si tratta di uova avvelenate, non commestibili. Gli altri due campioni, prelevati in centro a Marghera e a Sud di Oriago, risultano nei limiti fissati dal Regolamento europeo 2023/915 (che stabilisce i limiti di molti inquinanti alimentari, ndr) ma molto al di sopra delle soglie cautelative indicate nella Raccomandazione europea 2013/711 (che rivede al ribasso i limiti di legge la presenza negli alimenti di diossine, furani e Pcb, ndr), tanto che con due sole di queste uova i bambini al di sotto dei 10 anni superano la Dst. Significativa anche la presenza di Pfas che, sebbene entro i limiti, risulta comunque abbondante (fino a 680 nanogrammi al chilogrammo a fronte di un limite fissato in 1.700 nanogrammi per chilo). Sicuramente per avere un quadro più completo e preciso è necessario fare ulteriori analisi”.
Una situazione ambientale e sanitaria estremamente problematica, come conferma anche il VI Rapporto Sentieri (2023) curato dall’Istituto superiore di sanità (Iss), che attesta che nella zona del Sito di interesse nazionale per la bonifica (Sin) di Marghera ci si ammala e si muore di più rispetto alla media regionale.
“Livelli di smog da record, veleni disseminati in aria, nelle acque e nei suoli da decenni di industrializzazione e cementificazione dissennati -denuncia Mattia Donadel, attivista di Opzione zero e del Coordinamento No inceneritore Fusina-. Oltre al petrolchimico qui abbiamo la centrale a carbone Enel Palladio, che brucia a ritmi sostenuti e un inceneritore”. Quest’ultimo è gestito da Eco+Eco Srl, partecipata della multiutiliy Veritas e da due società del gruppo Finam che fa capo ad Angelo Mandato, coinvolto insieme ad altri imprenditori in un’inchiesta, a oggi archiviata, per traffico illecito di rifiuti.
“Sebbene l’Istituto superiore di sanità raccomandi di non aggiungere altri impianti in queste zone -continua Donadel-, si vuole avviare una nuova linea dell’inceneritore Veritas. Non basta, c’è in progetto anche la costruzione di un altro impianto a opera di Eni Rewind per incenerire i fanghi dei depuratori del Veneto, per un totale di 190mila tonnellate all’anno. Si tratta di sostanze cariche di contaminanti persistenti come Pcb, diossine e Pfas che si distruggono solo ad altissime temperature, alcuni Pfas sembrano scomporsi solo oltre i 1.400 gradi. Considerato che normalmente gli inceneritori non superano gli 800 gradi, vuol dire che questi contaminanti fuoriescono in aria dai camini, come un gigantesco aerosol e si accumulano nella catena alimentare”.
Uno dei problemi più seri per documentare la contaminazione da incenerimento, secondo la dottoressa Murgia, “è rappresentato dalla mancanza di standard precisi per misurare le emissioni a camino di gran parte dei Pfas e dei loro frammenti. Allo stato attuale delle conoscenze, quindi, nessuno può davvero sostenere che il suo impianto non contamini”.
Per bloccare gli inceneritori Veritas e Eni Rewind, i comitati hanno presentato numerosissime osservazioni in Regione nell’ambito della procedura di Valutazione impatto ambientale (Via); a maggio 2023 una consultazione popolare autogestita nel paesino di Malcontenta ha visto la partecipazione di oltre 900 persone che hanno espresso la propria contrarietà ai due impianti e sollecitato le bonifiche. Malcontenta, per metà in Comune di Venezia e per metà in Comune di Mira, è il paese più vicino a Porto Marghera e all’inceneritore Veritas, già duramente provato da decenni di inquinamento.
“Abbiamo in programma molte altre iniziative, e se necessario faremo anche ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar)”, spiegano gli attivisti. Nel Consiglio comunale di Mira, intanto, il 29 settembre è approdata la petizione promossa dal Coordinamento No Inceneritore Fusina, firmata da 474 miresi: “Chiediamo la moratoria su entrambe le linee dell’inceneritore di Veritas, un monitoraggio ambientale nel raggio di 25 chilometri dall’impianto, e un nuovo studio sulle ricadute dei fumi, dopo che l’Iss ha ‘smontato’ l’attendibilità di quello presentato dai proponenti. Chiediamo la pubblicazione online e in tempo reale dei dati sugli inquinanti emessi dall’inceneritore, la misurazione dei Pfas a camino e analisi sui suoli e alimenti in tutta l’area vasta intorno a Porto Marghera”, continuano i promotori. La discussione prosegue ora in commissione consiliare, il Comune di Mira è parte della Conferenza dei servizi che deciderà sul progetto di Eni Rewind e che in quella sede potrà giocare un ruolo decisivo.
Nel frattempo, è in corso anche il progetto One health citizen science, che vede coinvolti la Regione Veneto, l’Iss, il Consiglio nazionale per le ricerche (Cnr), l’Università di Padova. Prevede il monitoraggio di sangue e matrici organiche per rilevare la carica di inquinanti nel corpo umano. Un progetto che secondo Donadel va nella giusta direzione, anche se “non ha senso fare buoni progetti se contemporaneamente si continuano a favorire grandi opere e impianti nocivi, mentre le bonifiche e la riconversione ecologica rimangono un miraggio.”
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