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“Strade Maestre”, un anno scolastico in cammino per oltre mille chilometri

© Ethan Sykes - Unsplash

Sei studenti “pionieri” tra i 16 e i 17 anni svolgeranno zaino in spalla l’arco 2024/2025 spostandosi tra sentieri, mulattiere, parchi naturali, ma anche di strade asfaltate, periferie e zone industriali. Da Matera e Venezia, passando per la Francigena, i Campi Flegrei, la Sicilia o la Sardegna. Il progetto pilota della cooperativa Camminamenti, tra tentativi di recuperare situazioni di abbandono e forme di apprendimento tradizionale

Più che andare a scuola l’intento è di realizzare una scuola che va o, in altre parole, viandante. Costruire un’esperienza scolastica che probabilmente non è mai stata sperimentata prima, almeno in Europa. Per questo i sei studenti selezionati dal progetto “Strade Maestre” sono considerati un po’ dei pionieri. Hanno tutti tra i 16 e i 17 anni di età e svolgeranno l’intero anno scolastico 2024/2025 spostandosi, a piedi, lungo un cammino di oltre mille chilometri.

L’ingresso a scuola, a settembre, avverrà a Orvieto e da lì si proseguirà zaino in spalla alternando periodi di cammino a periodi residenziali. Ci sarà la Sardegna, percorsa da Nord fino a Cagliari seguendo cammini interni e tratti di costa; poi la via Magna Francigena in Sicilia, che permetterà di spostarsi da Palermo ad Agrigento e la Calabria, dove gli alunni arriveranno a dicembre. Da lì in su, una volta rientrati dalle vacanze di Natale, sarà una lenta, lentissima risalita verso il Nord con il passaggio a Matera, una puntata in Salento e l’arrivo della classe previsto per maggio a Venezia. Un anno di sentieri, mulattiere, parchi naturali, ma anche di strade asfaltate, periferie, zone industriali.

“I lunghi viaggi a piedi sono un’incredibile fonte di conoscenza -racconta Marco Loperfido, uno dei principali promotori dell’idea e membro della cooperativa Camminamenti, che porta avanti il progetto-. Permettono di imparare attraverso l’esplorazione, l’attraversamento del territorio e l’incontro con persone e realtà diversissime. Noi non siamo però integralisti del cammino -prosegue-. Lungo il percorso ci fermeremo per un’educazione stanziale in molti posti”. Luoghi come la fattoria didattica Terre di Vasia, a Serrata in Calabria o il casale della Nocerqua nella Tuscia viterbese.

Ideatore di Ammappa l’Italia, sito su cui chiunque può segnalare e tracciare percorsi a piedi ormai dimenticati, Loperfido ha una corposa esperienza in materia di spostamenti lenti. Ha macinato migliaia di chilometri, in Italia e all’estero e da poco ha condotto un gruppo di adolescenti con pendenze penali lungo novecento chilometri della via Francigena, da Roma a Santa Maria di Leuca.

In quella esperienza, raccontata anche dal video-documentario di Roberta Cortella e Marco Leopardi “Boez. Andiamo via“, non sono mancati durante il percorso i conflitti di gruppo, le difficoltà fisiche e anche il rischio di non arrivare alla fine del tragitto. Ma anche questi elementi, spiegano i promotori di Strade Maestre, sono parte del processo che si intende promuovere.

Il gruppo è un perno centrale dell’idea di un anno di semi-nomadismo scolastico. “Mettendo il corpo in movimento -si legge sul sito del progetto-, e mettendo il cammino al centro dell’apprendimento, si educa all’essenzialità, alla fraternità, alla solidarietà, al pensiero ecologico”. La sfida non è semplice anche perché il percorso, oltre alla meta geografica, deve raggiungere specifici obiettivi scolastici e durerà otto mesi, comprese le vacanze in cui le alunne e gli alunni camminanti torneranno a casa. I sei partecipanti provengono inoltre da percorsi di vita e scolastici molto diversi. C’è chi arriva dal liceo linguistico, chi dall’artistico, chi dallo scientifico. C’è chi, come raccontano gli organizzatori, è attratto dal taglio avventuroso della proposta educativa, chi dall’idea di conoscere l’Italia attraversandola passo a passo, chi semplicemente ha un pessimo rapporto con l’istituzione scuola e vuole provare a cambiare aria.

Per ognuno di loro ci sarà alla fine da sostenere un esame per poter passare l’anno. Lungo il cammino le quattro guide-maestri, oltre ad accompagnare il gruppo e a orientarlo, si occuperanno dell’insegnamento di matematica, storia, filosofia, latino, italiano etc. Il modello di riferimento, spiega Loperfido, è quello dell’istruzione parentale, che è appunto consentita in Italia a patto che gli studenti superino le prove previste. “Per ora si tratta di un progetto pilota -aggiunge-, ma non è escluso che tra 10-15 anni, esperienze come questa abbiano il riconoscimento di cui godono oggi i progetti di intercultura”, ovvero l’anno di studi all’estero che viene per lo più proposto proprio verso i 16 e 17 anni di età.

Rispetto invece al tema delle scuole all’aperto e dell’istruzione parentale, qualche mese fa, proprio su questa rivista, Renata Puleo, ex maestra di scuola elementare e poi dirigente scolastica, parlava del pericolo di un’istruzione elitaria e preclusa ai più. “Il senso che ancora oggi ricavo dalla mia esperienza -scriveva Puleo-, è che per fare una classe ci vuole un luogo fisico, un’aula e un gruppo che sappia, pure con cambiamenti di situazioni e persone, riconoscersi in un posto”. Un’osservazione che si inseriva in un dibattito, quello sulle scuole alternative al sistema pubblico, che è andato crescendo soprattutto a seguito della pandemia e della scelta di molte famiglie di uscire dai sistemi tradizionali. Secondo diversi osservatori il modello delle scuole all’aperto o parentali, pur nell’estrema diversità delle esperienze proposte, rischia come scrive la stessa Puleo di “fare fuoco incrociato sulla scuola pubblica, fatta di aule, classi, libri”.

Da formatore e camminatore Marco Loperfido si dice convinto dal canto suo che un cambio di stile di vita può costituire un punto di forza proprio per chi nella scuola o nella società sta vivendo un momento particolarmente difficile. “La possibilità di riscoprirsi e rimettersi in gioco può essere una chiave per le cosiddette biografie a rischio o le situazioni di abbandono scolastico”.

Si viaggerà leggeri, su questo non c’è dubbio, senza libri (“perché l’Italia è un grande libro” ), ma con un tablet e i pdf che di volta in volta potranno essere scaricati. Fiore all’occhiello di questa offerta formativa nomade è del resto la “geolocalizzazione delle materie di studio”. Studiare geologia quando la classe sarà ai Campi Flegrei, Umanesimo e Rinascimento nel passaggio da un Comune all’altro; andare a incontrare chi ha lanciato una start-up innovativa o chi, da calzolaio, lavora ancora le scarpe a mano.

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