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Sostituzione etnica, genealogia nera

Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida al termine del Consiglio dei ministri del 28 marzo 2023 © www.governo.it/it/media

Già all’inizio del Novecento in Italia e Germania si esaltava la fecondità delle campagne in chiave razzista. Oggi esponenti di governo recuperano quella tradizione. La rubrica di Tomaso Montanari

Tratto da Altreconomia 262 — Settembre 2023

Intervenendo al congresso nazionale di un sindacato, il 18 aprile 2023, il ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare Francesco Lollobrigida (che è anche, forse soprattutto, cognato di Giorgia Meloni) ha detto: “Dobbiamo pensare anche all’Italia di dopodomani. Per queste ragioni vanno incentivate le nascite. Gli italiani fanno meno figli quindi li sostituiamo con qualcun altro: non è quella la strada. Non possiamo arrenderci al tema della sostituzione etnica”.

Il giorno dopo, a seguito delle polemiche, intervistato dal giornalista Alfonso Raimo dell’Huffington post, ha dichiarato: “Sul piano terminologico ho sbagliato, lo ammetto. Ma per ignoranza, non per razzismo. Non conoscevo la teoria della sostituzione etnica di quello lì, come si chiama?”. Il ministro allude al cosiddetto Piano Kalergi, un’invenzione dell’estrema destra complottista: è evidente l’obiettivo di depistare una ricerca delle fonti, che porta invece alla tradizione culturale fascista da cui Lollobrigida proviene.

Ci si potrebbe chiedere quale sia il nesso tra l’agricoltura e le politiche demografiche e dell’immigrazione: la risposta va cercata nel dibattito italiano e tedesco degli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Non a caso nella Germania nazista uno dei principali animatori di quel dibattito fu proprio il ministro per l’Agricoltura e l’alimentazione del Terzo Reich, Richard Walther Darré, esponente di spicco del pensiero ruralista, grazie al quale, “all’interno dei dibattiti demografici particolarmente di moda in quel periodo e della tradizionale polemica antiurbana e anticapitalista il ruralismo nazista insinuerà progressivamente un’ideologia ispirata a un razzismo sostanzialmente biologistico” ha scritto Andrea d’Onofrio in “Razza, sangue e suolo. Utopie della razza e progetti eugenetici nel ruralismo nazista” (Cliopress, 2007).

Sul versante italiano è interessante ricordare la traduzione del libro dello statistico bavarese Richard Korherr (ben noto per un documento più tardo, relativo alla pianificazione della Shoah) uscita nel 1928 con una prefazione di Benito Mussolini in cui si legge che “la metropoli cresce, attirando verso di sé la popolazione della campagna, la quale, però, appena inurbata, diventa -al pari della preesistente popolazione- infeconda. Ciò è accaduto. Ciò può ancora accadere. Ciò accadrà e non soltanto fra città o nazioni, ma in un ordine di grandezze infinitamente maggiore: la intiera razza bianca, la razza dell’Occidente, può venire sommersa dalle altre razze di colore che si moltiplicano. Negri e gialli sono dunque alle porte? Sì, sono alle porte e non soltanto per la loro fecondità ma anche per la coscienza che essi hanno preso della loro razza e del suo avvenire nel mondo [… ] Le razze straniere penetrate pacificamente o attirate in una determinata regione finiranno, in un lontano avvenire, con l’inondare l’Occidente [… ]. Il mescolarsi con le razze straniere significherà la morte della razza bianca”.

Dieci anni prima delle leggi razziali, un Mussolini già francamente razzista espone teorie sostanzialmente identiche a quelle oggi propalate da politici italiani di un partito il cui stemma continua a rendere omaggio a Mussolini stesso.

Del resto, il libro di Korherr e la prefazione di Mussolini sono stati ripubblicati negli ultimi anni in Italia almeno tre volte: nel 2018, per esempio, dall’editore Aga, casa editrice di Maurizio Murelli, terrorista neofascista condannato a 18 anni di reclusione per concorso in omicidio. Una genealogia da allarme rosso: anzi, nero.

Tomaso Montanari è storico dell’arte e saggista. Dal 2021 è rettore presso l’Università per stranieri di Siena. Ha vinto il Premio Giorgio Bassani di Italia Nostra

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