Altre Economie
Solitari di massa
La guida Lonely planet vende ogni anno 6 milioni e mezzo di copie. Il risultato spesso sono mete affollate e competizione tra esercenti Jaisalmer è la città d’oro al confine con il deserto di Thar ed il Pakistan. È l’India…
La guida Lonely planet vende ogni anno 6 milioni e mezzo di copie. Il risultato spesso sono mete affollate e competizione tra esercenti
Jaisalmer è la città d’oro al confine con il deserto di Thar ed il Pakistan. È l’India del meraviglioso Stato del Rajastan, terra di principesse e marajà. Decine di finti accompagnatori turistici all’entrata del vecchio forte chiedono nome e provenienza ai visitatori stranieri. Li hanno avvistati con una Lonely planet alla mano. Tutt’intorno, molti esercenti espongono, a caratteri cubitali, la dicitura “recommended by Lonely planet”. Cui altri rispondono con cartelli polemici contro la cosiddetta “bibbia” dei viaggiatori indipendenti.
Nei ristoranti, nei negozi, negli alberghi, nei luoghi turistici, i viaggiatori “solitari”, sono tutti con la testa immersa nel volume: cambia solo
la lingua, la foto di copertina e la tipologia di pubblicazione. È un’esperienza che ormai la maggiori parte dei turisti occidentali ha fatto: non c’è più niente di solitario. Poco distante, a Jaipur, la città delle pietre preziose, i viaggiatori sono continuamente assediati da gente che cerca di vendere qualsiasi cosa. Oppure, se li vedono alle prese con una mappa della Lonely planet, si prestano per accompagnarli attraverso stradine sconosciute e tortuose. Anziché nel palazzo agognato ci si può ritrovare in un fastoso negozio di stoffe. Nelle cittadine più turistiche, come a Mandawa, nel deserto dello Shekhawati, l’intera popolazione giovanile cresce a chapati e invadenti approcci in tutte le lingue. È un accerchiamento ad ogni angolo del villaggio, ad ogni haveli indicata nell’itinerario consigliato dalla Lonely planet. In queste ricche ville affrescate dei miliardari indiani, oramai decadenti, i servi poveri che le abitano sfruttano l’ignavia dei proprietari per far pagare inesistenti biglietti d’ingresso.
La diffusione eccezionale di guide turistiche come la Lonely planet ha contribuito senza dubbio a far viaggiare meglio milioni di persone. E a portare turismo e soldi in località meravigliose prima sconosciute. Ma quando la massa diventa critica, iniziano i problemi: più si diffondono gli indirizzi e gli itinerari proposti dalle guide turistiche occidentali, più il territorio sembra vivere un impatto turistico dagli effetti nefasti.
La competizione tra albergatori, quelli “recommended” e quelli no, ad esempio, ha esasperato ancora di più i meccanismi di corruzione, tramite il fastidioso sistema della ricca commissione (circa il 35-40%) promessa agli autisti delle auto a noleggio, che cercano a tutti i costi di portarti dove vogliono loro. Anche molti negozianti non menzionati nelle guide pagano procacciatori di affari per tentare depistaggi su altri negozi. Ci sono popolazioni che reagiscono meglio o peggio all’impatto del turismo. Un po’ meno bene nelle località del Sud del mondo, esplose in questi ultimi anni in maniera improvvisa e a volte improvvisata. Sono ben 880 milioni i viaggiatori che si muovono oggi nel mondo, per vacanze o per affari. I dati 2009 dell’Organizzazione mondiale del turismo (Wto o Omt, www.unwto.org) lamentano un calo del 4,3% rispetto all’anno precedente, a causa della crisi economica e dell’influenza suina. Il giro d’affari mondiale, nel 2008, era di 642 miliardi di euro, vale a dire uno dei maggiori pilastri dell’economia per molti Paesi. Lo sa bene l’Italia, con i suoi 90 miliardi di euro l’anno (dati 2009 Confcommercio-Confturismo). Mentre tutti gli occhi sono puntati sulle economie emergenti: già oggi la Cina è al quinto posto tra i mercati turistici in espansione verso l’esterno (nel 2020, secondo le previsioni, si arriverà a 100 milioni di viaggiatori cinesi nel mondo).Per il 2010 l’Omt prevede un aumento di viaggiatori del 3-4%, complici i grandi eventi come i campionati mondiali di calcio in Sudafrica (l’Africa è l’unico continente che nel 2009 aveva avuto una crescita del 5,1%, con 48,1 milioni di turisti), l’Expo di Shangai (Cina) e le Olimpiadi in Canada.
Milioni di viaggiatori si muovono accompagnati da una guida come la Lonely planet, la più venduta nel mondo. Che traccia chiaramente i suoi principi di fondo nella linea editoriale: “Più i viaggiatori sono informati sulle persone e i luoghi che visitano e meno negativo sarà l’impatto della loro presenza”. Invita perciò a viaggi “sostenibili” e “responsabili”, dando per prima l’esempio con l’uso di carta “ecocompatibile”, finanziando progetti umanitari e sociali, a tutela dell’ambiente e dei diritti umani.
Pur essendo scivolati, anni fa, in un grave incidente di percorso: l’opposizione birmana e la sua leader San Suu Kyi (appoggiati dalla britannica “Burma Campaign”) avevano chiesto di ritirare dal mercato tutte le guide sul Myanmar perché il turismo porta soldi al regime. Solo Lonely planet si è rifiutata. La “Burma campaign” ha subito rilanciato con un boicottaggio delle guide.
Secondo Debbie Lisle, docente alla Queen’s University di Belfast, gli editori “non hanno ascoltato la voce dei territori ma solo gli interessi dei turisti benestanti” macchiandosi così di “imperialismo e neocolonialismo camuffato da umanitarismo”. Nel 2005 Lonely planet trovò un compromesso, inserendo nove pagine di informazioni sulla
contesa. Lisle crede che “Lonely planet sia vittima del suo stesso successo” perché “la sua proposta di circuiti ‘alternativi’ è ora seguita da milioni di turisti”, che diventano una sorta di “pecore che si muovono in massa guidate da un pastore”, ossia l’autore della guida. In ogni caso, la premurosa etica della Lonely chiede a più di 350 autori di viaggiare nell’anonimato, non accettare sconti, denaro e gratuità, esortando i lettori ad inviare critiche e suggerimenti per migliorare le edizioni successive, dato che una delle forze vincenti di una guida sono i continui aggiornamenti.
Da quel primo viaggio in Asia nel ’72 della coppia inglese Tony e Maureen Wheeler (nella foto della pagina precedente), ne è passata di acqua sotto i ponti. Il loro primo resoconto di viaggio, stampato in 1.500 copie, ebbe un successo strepitoso. Da allora i due coniugi, con prole al seguito, non hanno più smesso di viaggiare e di arricchirsi. Oggi vengono stampati 500 titoli in 118 Paesi, con 6 milioni e mezzo di copie vendute ogni anno nel mondo, tre sedi in Australia, Usa e Gran Bretagna con 320, 90 e 50 dipendenti. Il marchio “Lonely planet” è leader indiscusso nel settore. Se ne è accorta anche la Bbc, che nel 2007 ha acquistato il 75% della proprietà per 100 milioni di sterline, con relativi vantaggi economici e politico-culturali. I Wheeler mantengono il 25% della compagnia e la sede principale a Melbourne. In questi ultimi anni, oltre alle vendite in libreria, sono cresciute del 20% quelle sul web, con prodotti in formato digitale e la possibilità di scaricare le guide -o singoli capitoli- in formato pdf, perfino su iPhone e Ipod. Il sito lonelyplanet.com ha un milione di visite al giorno e nel 2009 ha guadagnato 20 milioni di dollari (il doppio rispetto al 2008). Oltre al web il grande gruppo mediatico della Bbc ha creato una tv, una rivista e numerosi gadget, intascando così gli introiti della pubblicità, vietata sul cartaceo per non condizionarne i contenuti.
I ricavi, di conseguenza, sono raddoppiati. La sede londinese, cui fa capo la distribuzione europea, non vuole rivelare il giro d’affari. Solo in Italia la casa editrice torinese Edt -dal ’92 partner di Lonely planet, alla quale paga royalties sulla base di contratti di licenza- traduce 180 titoli e vende 800.000 copie l’anno, pari a 15 milioni di euro, un terzo dell’intero mercato delle guide turistiche in italiano e la quota più alta al mondo dopo l’Australia. Anche da noi “il giro d’affari complessivo è cresciuto, confermando un trend decennale”, spiega Angelo Pittro, direttore marketing di Edt, che impiega 50 dipendenti e altrettanti collaboratori esterni, di cui una ventina solo per la traduzione e redazione delle guide. Pittro non crede “sia colpa delle guide se un luogo di particolare bellezza si rovina”, anzi è convinto che esse “possano e debbano contribuire a sviluppare la consapevolezza dell’impatto dei nostri comportamenti quando viaggiamo”.
Oggi la casa editrice è entrata a far parte dell’Associazione italiana turismo responsabile (Aitr).
Per tutti i viaggiatori
Itinerari inconsueti vengono consigliati dalle storiche Footprint, con sede a Bath, Inghilterra, 18 dipendenti e una cinquantina di autori. Dalla prima edizione nel 1924 ad oggi coprono 150 Paesi del mondo con 65 titoli (solo una decina tradotti in italiani). Dal Regno Unito anche le Rough guides, la prima nel 1982, distribuite dalla Penguin, coprono 200 destinazioni e come le Lonely planet offrono programmi televisivi e la possibilità di scaricare on line e-books, podcasts e podscrolls. C’è però chi rivela un calo delle vendite del 25% nella prima metà del 2009. Molto quotate nel mondo anglosassone sono anche le Bradt, nate nel ’73 per volontà di Hilary e George Bradt: vantano 150 titoli e prestigiosi premi. Sono tradotte da due anni anche in italiano.
Per i “giramondo” d’Oltralpe dal 1973 la guida preferita è la Routard: 60 titoli, dichiarava nel 2002 circa 2,4 milioni di copie vendute, ma prima delle traduzioni in francese della Lonely. Stesso stile alternativo e avventuroso, sono sul web dal 2001 con 2 milioni di visite al sito.
È tradotta in inglese, spagnolo, fiammingo e italiano. Anche la parigina “Guida verde” Michelin conta 200 titoli e 3,5 milioni di copie vendute nel mondo ogni anno (dati 2003). In Italia le Clup Guide della De Agostini propongono “un approccio d’autore” e si presentano come “le più prestigiose e approfondite guide del mercato italiano”. Ideate nel 1979 dalla Cooperativa universitaria del politecnico di Milano (Clup) contano 80 titoli. Il Touring club italiano sfoggia un catalogo ampio e diversificato a seconda delle tipologie dei turisti, con guide “verdi”, “gialle”, “azzurre”, “del sole”, “live”, “on the road”.